domenica 23 agosto 2020

L'esplosione



Ottant’anni fa, il 20 agosto 1940, Leon Trotsky fu ferito a morte da un agente della polizia segreta dell’Unione Sovietica, la GPU. Il leader rivoluzionario morì in un ospedale di Città del Messico 26 ore dopo, nella prima serata del 21 agosto.

Oggi, sul Domenicale, l’assassinio del grande rivoluzionario è ricordato con un articolo a firma di David Bidussa, che lo definisce come “un rivoluzionario dottrinario ottocentesco, o primo novecentesco, comunque di un’epoca precedente ai totalitarismi”. Evidentemente Bidussa finge d’ignorare che cos’è stato e che cosa ha rappresentato Trotsky, anche dal punto di vista dell’analisi, nel periodo tra le due guerre.

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L’assassinio di Trotsky rappresentò il culmine della campagna di sterminio politico, diretta dal Cremlino, il cui scopo fu la soppressione fisica dell’intera generazione di rivoluzionari marxisti e operai socialisti che avevano svolto un ruolo centrale nella preparazione e nella direzione della rivoluzione bolscevica.

Costretto all’esilio, privato della cittadinanza, armato solo di penna e dipendente dal sostegno di un numero relativamente piccolo di compagni perseguitati in tutto il mondo, non c’era allora uomo più temuto di Trotsky dai poteri che governavano la terra. Esercitò un’influenza politica e intellettuale che non aveva eguali per nessuno dei suoi contemporanei.

Sapeva analizzare con incomparabile brillantezza il mondo così com’era, disprezzava ogni forma di ciarlataneria politica che pretende soluzioni facili agli immensi problemi storici che sorgono dalla lunga agonia del sistema borghese.

Trotsky, anche se considerato solo da un punto di vista morale, fu in assoluta opposizione allo stalinismo. La malattia e la morte prematura di Lenin, nel gennaio 1924, fu una tragedia politica. L’allontanamento di Trotsky e poi il suo assassinio, all’età di 59 anni, fu una catastrofe, poiché a quel punto lo stalinismo nei movimenti del comunismo internazionale non trovò più un’opposizione autorevole ed efficace.

Trotsky produceva quotidianamente analisi politiche e saggi polemici, ultimamente stava lavorando sodo su una biografia di Stalin che, anche come opera incompiuta, può essere giustamente descritta come un capolavoro letterario, al pari della sua autobiografia (La mia vita, trad. Mondadori, 1930).

Nessun’altra figura del suo tempo mostrava una comprensione paragonabile alla sua sullo stato del mondo e di dove fosse diretto. Ad esempio, Trotsky fu intervistato da un gruppo di giornalisti americani il 23 luglio 1939, appena sei settimane prima della seconda guerra mondiale. Erano ansiosi di conoscere la sua valutazione della situazione mondiale:

«Il risultato può essere solo da una tremenda esplosione storica. Le esplosioni storiche sono di due tipi: guerre e rivoluzioni. […] I programmi degli attuali governi, quelli buoni come quelli cattivi ­– se supponiamo che ci siano anche buoni governi – i programmi di partiti diversi, programmi pacifisti e programmi riformisti, sembrano ora, almeno a un uomo che li osserva di lato, come un gioco da ragazzi, sul versante in pendenza di un vulcano prima di un’eruzione. Questo è il quadro generale del mondo di oggi».

Trotsky, in riferimento alla Fiera mondiale di New York allora in corso, il cui tema era il “World of Tomorrow”, ebbe a osservare:

«Posso giudicarla solo dall’esterno per il motivo per cui il mio inglese è così pessimo, ma da quello che ho imparato sulla Fiera dai giornali, è una straordinaria creazione umana dal punto di vista del “World of Tomorrow”. Credo che questa caratterizzazione sia un po’ unilaterale. Solo da un punto di vista tecnico la Fiera Mondiale può essere chiamata “World of Tomorrow”, perché se desideri considerare il mondo reale di domani dovremmo vedere un centinaio di aeroplani militari sopra l’Esposizione Universale, con bombe, e il risultato di questa attività sarebbe il mondo di domani. Questo grandioso potere creativo umano da un lato, e questa terribile arretratezza nel campo che è più importante per noi, il campo sociale – genio tecnico e, permettetemi la parola, idiozia sociale – questo è il mondo di oggi».

Con una crisi economica e finanziaria senza precedenti, l’ascesa dei fascismi, la guerra di Spagna e l’aggressione giapponese in oriente, tutto ciò non lasciava presagire nulla di buono per il “mondo di domani”. Riguardo agli Stati Uniti, nella stessa intervista disse: «Se il capitalismo americano sopravvive, e sopravviverà per un po’ di tempo, avremo negli Stati Uniti l’imperialismo e il militarismo più potenti del mondo».

Trotsky, uomo del suo tempo, sottovalutò la capacità del capitalismo americano, anche attraverso la guerra e la lotta per il dominio mondiale, di rigenerarsi. Stalin, per suo conto, non tenne conto della dialettica tra possibilità e realtà, le quali formano un’unità contraddittoria. Noi non possiamo modificare il mondo mutando le sue possibilità. Questo è stato l’errore storico dello stalinismo, mentre Trotsky si rendeva conto che il socialismo in un solo paese era una palese assurdità.

Il possibile è più ricco, è l’universale, il non casuale, mentre la realtà, che realizza sempre soltanto una sezione del possibile, è più povera e casuale.

Trotsky sapeva che la vana fermezza del sistema di opporsi alla tendenza storica non potrà infine salvarlo. Anche se tale processo di lungo periodo appare, nei suoi esiti, ancora indeterminato, oggi possiamo constatare la fase di massima divaricazione della contraddizione fondamentale insita nel processo di valorizzazione del capitale, ossia l’opposizione tra valore d’uso e valore che riverbera nella crisi tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione.

La borghesia, mascherando il proprio declino dietro una spumeggiante sicurezza di uno sviluppo tutto sommato lineare, vorrebbe far passare tali contraddizioni come mera crisi di gestione democratica del sistema di predazione, alla quale dovrebbero porre rimedio le “riforme”. Un riformismo che non ha più tempo davanti a sé.

Riferendosi alla rimozione del vecchio diplomatico sovietico, Maxim Litvinov, dalla carica di ministro degli esteri, e alla sua sostituzione con Molotov, più vicino a Stalin, Trotsky affermò che l’avvicendamento era «un suggerimento del Cremlino a Hitler. Noi [Stalin] siamo pronti a cambiare la nostra politica, a realizzare il nostro obiettivo, il nostro scopo, che abbiamo presentato a te Hitler alcuni anni fa, perché l’obiettivo di Stalin nella politica internazionale è un accordo con Hitler». Si rivelerà quella di Stalin una visione miope sia in chiave difensiva e sia come strategia antioccidentale.

“Una tremenda esplosione storica”, così si espresse Trotsky al riguardo della situazione contingente. E, come spiegò, tali esplosioni sono di due tipi: guerre e rivoluzioni. Entrambi sono all’ordine del giorno, disse. Oggi, che la paura serpeggia dappertutto e non solo a causa del virus covid, potremmo soggiungere senza tema di smentita, che tale esplosione storica avrà solo un carattere bellico, ma con una sostanziale differenza rispetto al passato, sia in termini di estensione che di potenziale distruttivo. Abbiamo una sola alternativa alla catastrofe totale: la democrazia totale (che nulla ha a che fare con la democrazia borghese).

5 commenti:

  1. Rivoluzione permanente teoricamente perfetta, ma purtroppo avrebbe inevitabilmente portato subito, negli anni 20, a quello che Stalin neutralizzando T. dopo la morte di Lenin riuscì a rimandare di 20 anni: l'attacco capitalistico alla repubblica sovietica.
    Una Europa coalizzata dietro una Germania punta di lancia dell'attacco, con un esercito espertissimo e tecnicamente invitto come era quello del 1918, di cui l'emanazione Freikorps è un piccolo esempio, sostenuto dal denaro del capitale avrebbe sicuramente distrutto la struttura della rivoluzione, ancora molto debole e reduce da anni di lotta con i Bianchi e i vari von Ungern.
    E avendo l'Europa non sovietica, in particolare anglosassone, lavorato sin dal giorno 1 per distruggere alle fondamenta il nuovo sistema, l'Unione sovietica non poteva permettersi di essere attaccata; l'unica soluzione provvisoria fu la dimostrazione di non voler fare rivoluzioni europee. Che comunque con i pavidi capi socialisti presenti nelle varie nazioni non sarebbero riuscite, senza contare la presenza di eserciti nazionali ben forniti, reazionari e ancora sul piede di guerra: si veda l'Italia 1919-22, il suo esercito, la sua polizia e i suoi inutili capi socialisti per un esempio in piccolo di questa combinazione che avrebbe stroncato, come in effetti fece, qualunque tentativo.
    Stalin forse bad boy, ma anche T. ha le sue colpe.

    Trobo

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    1. Per esempio:

      http://diciottobrumaio.blogspot.com/2018/02/ogni-tanto-ci-provo.html#more

      http://diciottobrumaio.blogspot.com/2018/11/i-padroni-dallora-e-di-sempre.html

      https://marcellomusto.org/marie-gouze-review-of-l-ultimo-marx-1881-1883-saggio-di-biografia-intellettuale-diciotto-brumaio-february-13-2017/426

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  2. "Abbiamo una sola alternativa alla catastrofe totale: la democrazia totale (che nulla ha a che fare con la democrazia borghese)."

    Se potesse ragguagliarci sulla "democrazia totale", direi che sarebbe un bene per tutti i lettori del blog (e quindi anche di me). Non crede?

    Cordialità

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    1. premessa indefettibile il superamento degli stati nazionali e la creazione di un nuovo ordine mondiale; ovvio che con tutto ciò l'attuale sistema economico nulla ha a che fare.
      Utopia? anche la UE rientrava nel novero delle utopie solo 80 anni or sono.
      tutto sembra congiurare contro questa "utopia", ma si tratta di una cosa possibile, certo non immediata e che deve seguire un cero processo storico. come tutto del resto. che essa diventi realtà dipende da tante cose. non possiamo misurare i processi storici sulla base degli anni della nostra vita.

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    2. Mi trovo totalmente d'accordo con lei e in special modo con la prima parte del suo commento/risposta.
      Il problema reale è che non vi è nessuna forza politica che si fa carico di queste istanze "utopiche". Anzi, vedo un globale reazionarismo politico soffiare su tutto il pianeta Terra.
      E spero vivamente di sbagliarmi.
      Saluti

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