giovedì 13 febbraio 2020

Disobbediente


Disobbedisco, di Giordano Guerri sull’avventura fiumana di D’Annunzio, è un libro sincero e seducente quanto può esserlo un romanzo ricco di personaggi e fatterelli curiosi raccontati con una scrittura leggera e scorrevole (*). Chi lo legga può farsi l’idea, se già non l’aveva, di un uomo divorato dal proprio mito, un “orchestratore di suggestioni” che per sfuggire la noia si mise a capo di tutti gli spostati e adepti della vita pericolosa.

Gli va riconosciuta l’intuizione che quella effimera capitale della perturbazione poteva essere il labirinto migliore per trattenere quel genere di viaggiatori che in quelle poche strade avrebbero scoperto il punto culminante del tempo.

Se D’Annunzio fosse stato davvero disobbediente avrebbe dovuto ammettere che non potevano più esserci né poesia né arte e che si stava tentando di trovare di meglio. Non fu così illuso, neanche per un solo istante, di credere che la cosiddetta Reggenza del Carnaro potesse durare, perciò decise per il carnevale, di dar sfogo ad ogni mascherata e fondo a tutti i coriandoli, di riservare a sé e di recitare fino all’ultimo la parte dell’incantatore di serpenti.

(*) Anche troppo leggera e a volte involontariamente esilarante, come quando scrive: “Partì in treno, anticipando pure in questo i capi sovversivi Lenin e Mussolini” (p. 19). L’accostamento mi sembra perfetto: l’arrivo di Vladimir Il'ič alla stazione Finlandia con quello di D’Annunzio a Quarto. Quanto alle note si va per il solito modo in questo genere di letteratura. Cercavo, solo per fare un esempio, qualche riferimento circa il narrato mancato incontro tra Gramsci e D’Annunzio. Nulla.


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