A
Napoleone poteva andare peggio. Se Sant’Elena è sperduta in mezzo
all’Atlantico, molto più a sud c’è Tristan da Cunha, davvero un’isola fuori dal
mondo.
Tristan
da Cunha, dell’omonimo arcipelago dell’Oceano Atlantico meridionale, è un’isola
vulcanica attiva di forma circolare con una superficie di 78 km quadrati, di
difficile approdo per le navi, spazzata da venti di forza inaudita, capaci di
spostare pietre di grandi dimensioni. Di questo arcipelago Tristan è l’unica
isola abitata (250 ab. nel 2018), dista 2.810 km da Città del Capo e a 2.172 km
a sud dell’isola di Sant'Elena.
In
un’occasione Tristan rimase per quattro anni interi completamente isolata. In
un inverno morirono di fame trecento mucche. Gli isolani si davano i turni per
avvistare navi all’orizzonte e quando finalmente ne scorsero una, molti uomini
si lanciarono all’inseguimento su diverse barche nonostante il mare in
tempesta. Non raggiunsero la nave e non tornarono. Rimasero nell’isola donne,
anziani e bambini e il Regno Unito offrì loro l’opportunità per trasferirsi in
Inghilterra, ma il rifiuto fu categorico.
Nel
1961, la terrà tremò e un’impressionante colata lavica lambì il villaggio
generando un paesaggio lunare. Tutti gli abitanti furono trasferiti in
Inghilterra dove si offrì loro accoglienza, lavoro, abitazioni e si tentò di
convincerli a restare. La decisione dei tristanesi fu sostanzialmente unanime e
nel 1963 ritornarono sulla propria isola.
La
vita economica sull’isola fu improntata per molto tempo ad un elementare forma
di comunitarismo, con la distribuzione equanime dei prodotti dell’allevamento e
della agricoltura. Ciò fu reso possibile dalla scarsità della popolazione, dal limitato
prodotto disponibile, dalla ridotta divisione del lavoro, ecc..
All’opposto
di queste primitive condizioni economico-sociali, una società di tipo completamente
nuovo diventerà non solo possibile ma costituirà l’approdo storicamente ed
economicamente necessario quando saranno raggiunti livelli elevati di sviluppo tecnologico,
di produttività del lavoro e di massima concentrazione dei mezzi produttivi. Ossia
quanto il lavoro in forma immediata tenderà a cessare di essere la grande fonte
della ricchezza, il tempo di lavoro di essere la sua misura e il pluslavoro
della massa cessarà di essere la condizione dello sviluppo della ricchezza
generale. Malgrado le apparenze sembrino contraddire tutto ciò, è proprio
quello che poco alla volta si sta facendo strada già a partire dalla nostra
epoca.
Ovviamente
perché tutto ciò s’avveri non basterà né la paziente attesa né il semplice
ottimismo.
non mi stanco mai di leggere le tue righe
RispondiEliminaUno dei pochi, ma di pregio
EliminaPer me, finora Tristan da Cunha era sempre stato soltanto uno dei luoghi meravigliosamente avventurosi toccati, nel romanzo di Verne, da lord Glenarvan e dai suoi nelle peregrinazioni alla ricerca del capitano Grant lungo il trentasettesimo parallelo.
RispondiEliminaDa oggi è molto, molto di più. Grazie
Hans
Ciao Hans
EliminaBello avere lettori come te
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