giovedì 4 luglio 2019

Oltre Marx, in fondo a destra


Può sembrare paradossale, ma lo sdoganamento della destra nazional-populista deve di più alla crisi del riformismo e a quella di una certa “sinistra” che non all’avvento del berlusconismo, poiché data, per quanto riguarda l’Italia, ancor prima della famosa “discesa in campo”. Del resto come non ricordare, per citare un esempio molto noto, l’Eugenio Scalfari che faceva “la barba al profeta”, dando una mano non certo involontaria al trionfante craxismo? E che il craxismo sia stato per molti motivi l’antesignano del berlusconismo non è cosa nuova a sapersi, e non solo perché tolse falce e martello dal proprio simbolo e si fece promotore del “socialismo tricolore”. Non vi fu in quegli anni esponente politico di primo piano più anticomunista di Craxi, al quale successe appunto Berlusconi. Così come non vi fu corrente culturale più antimarxista di quella proveniente da certa nuova sinistra sessantottina e postmoderna che giudicava totalitario Marx e apriva a Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, Carl Schmitt, Ernst Jünger e persino a Evola (come riescano a leggerlo resterà per me un mistero).

Scrive a tale riguardo Matteo Luca Andriola in un suo studio pubblicato dalla rivista PaginaUno:

«È il caso del dibattito tenutosi il 27 novembre 1982 a Firenze tra il filosofo Massimo Cacciari, all’epoca deputato del Pci, il cattolico di sinistra e firma de Il manifesto, Giovanni Tassani, e numerosi esponenti della neonata corrente neodestrista italiana come [Marco] Tarchi e Giuseppe Del Ninno, moderati dal repubblicano di destra (ed ex missino di sinistra, poi teorico della destra sociale di An), Giano Accame. Tema dell’incontro: “Sinistra e nuova destra. Appunti per un dibattito”. È organizzato da Diorama letterario e pubblicato nei numeri 56-57 del febbraio-marzo 1983, anche se un primo confronto era già avvenuto un anno prima, nella primavera del 1982, con un dibatti to dal tema “La tolleranza della cultura”, a cui avevano partecipato Massimo Cacciari, Gennaro Malgieri, Giampiero Mughini (ex direttore di Lotta Continua, poi craxiano) e Marcello Veneziani, moderati da Gianfranco De Turris, e i cui atti furono pubblicati nella rivista Omnibus, diretta da Veneziani.

[…] Dal convegno fiorentino l’interesse si sviluppa anche fra altri intellettuali di sinistra, e coinvolge personalità come Giacomo Marramao, Ferruccio Masini, Alexander Langer, Salvatore Sechi, Dino Cofrancesco, Giorgio Galli, Sabino Acquaviva, Costanzo Preve e molti altri, al punto che una parte di loro partecipa ai successivi seminari di quell’area intellettuale, a partire da due convegni veneziani con la presenza dello stesso Cacciari […].

[L’interesse è tale] per cui l’Istituto Gramsci del Pci organizza convegni, impensabili fino a qualche anno prima, su Fiederich Nietzsche, Carl Schmitt o Ernst Jünger; fino ad arrivare alla redazione di Pagina, rivista gestita da un gruppo di giovani intellettuali vicini al craxismo abbeveratisi alle acque libertarie del ’68 e dell’operaismo – Ernesto Galli della Loggia, Massimo Fini, Pierluigi Battista, Paolo Mieli e Aldo Canale – le cui pagine costituiranno uno dei luoghi privilegiati del dialogo con le nuove espressioni della cultura di destra».

Aperture di credito da parte socialista nei confronti della “nuova destra” e di quella missina, con «il Comune di Milano, guidato dal socialista Carlo Tognoli, che allestisce a Palazzo Reale, dal 27 gennaio al 30 aprile 1982, la mostra “Anni ’30. Arte e cultura in Italia”, curata da Giordano Bruno Guerri, primo tentativo di cancellare la diatriba fascismo/antifascismo storicizzando il Ventennio sui fasti dell’opera revisionista di Renzo De Felice; una mostra inconcepibile pochi anni prima.»

In definitiva i nomi che ricircolano sono sempre quelli, il Cacciari “dell’emergere pieno, costruttivo, rifondativo e non distruttivo del pensiero negativo” [*], il Paolo Mieli che quotidianamente rivaluta sulla Rai il fascismo “buono”, quello per esempio dei Balbo e dei Bottai, degli architetti di regime, ecc.; il Giordano Guerri, che s’industria di riabilitare D’Annunzio, chiamando a presentare la sua agiografia dannunziana Fabrizio Tatarella, un nome garanzia; il Mughini dei comizi in divisa su Dagospia, cioè lo stesso che su Rai 2 nel dicembre 1980 curava “Nero è bello”! E poi le vecchie volpi della destra-destra come Marcello Veneziani, Marco Tarchi (quello secondo cui Salvini “non è di destra”), del craxismo come Pierluigi Battista, Massimo Fini, eccetera, eccetera.

[*] “C’era poi Nietzsche. Questo energumeno non ancora sottratto all’ideologia fascista. Colli e Montanari erano ancora lontani, trionfava un Nietzsche che la sorella, e poi Spengler e altri, avevano imprigionato nella ideologia del fascismo: come tenere buono il vitalismo?” (Toni Negri, Storia di un comunista, a cura di Girolamo de Michele, Ponte alle Grazie, p. 159). Cacciari, giovanissimo, appare solo a p. 208. È peraltro istruttivo, per quanto riguarda la formazione intellettuale di quei giovani d’allora, leggere l’autobiografia di Negri, il quale diventa socialista nei primi anni Cinquanta, quindi comunista, legge e traduce Hegel (non quello della Logica), partecipa alle riunioni di Quaderni Rossi, ma solo dopo, negli anni Sessanta, si prende la briga di “cominciare a leggere Marx e a leggere libri di economia politica e stampa economica” (211).

Negri molti anni dopo vedrà, in sintonia con la crescita di un “movimento soggettivo di classe e di massa”, farsi strada la possibilità di “una teoria rivoluzionaria che vada oltre la teoria del valore” (Il comunismo e la guerra, Feltrinelli, 1980, p. 39). Il capitale, per garantire il proseguimento della funzione della circolazione, della realizzazione del profitto, sottopone “alla determinazione economica della circolazione una determinazione politica”. In questo modo esso tenta di governare il processo e di “trarre valore dalla circolazione, tenta un salto in avanti verso il recupero del valore produttivo della circolazione stessa” (ibidem, pp. 43-44). Ecco a cosa serviva andare oltre Marx!


9 commenti:

  1. Con questo caldo i neuroni non circolano.

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  2. Quanta bella gente profumata da "après nous, le déluge"!

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    1. tu guarda quanti sinceri liberal democratici (e cattolici) fecero parte del primo governo mussolini, e poi quanti degli stessi arricchirono dei loro bei nomi il famoso "listone" (1924)

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  3. Io non mi vergogno mica a ammetterlo: non ho mai capito una fava di quello che diceva Toni Negri. D'altra parte, anche Maria Rosa...

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    1. Non ho condiviso le posizioni ma non è dubbio che si tratti di un fine intellettuale

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    2. Ha letto molti libri e fa citazioni senza le virgolette, con l'aggravante che spesso le citazioni sono ironiche. Così faceva James Joyce. Però che fatica.

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    3. nemmeno la metà di quelli che vorrei :)
      confido nei lettori migliori !

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  4. Naturalmente io so che ne hai letti moltissimi, e anche ben scelti. Però mi riferivo a Toni Negri. Così ti sgravo della critica sulle virgolette mancanti. È ovvio che cade anche l'accostamento a James Joyce, che di per sé sarebbe lusinghiero. Però nella fattispecie non lo è, perché Joyce lo faceva per pregnanza, T. N. per egocentrismo.

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