Marx indagò le leggi di movimento del modo di
produzione capitalistico. Ad Engels spettò il compito di divulgare le dinamiche
alla base di quei fenomeni economici e sociali che noi abbiamo preso a
considerare come segno distintivo della nostra epoca solo in anni recenti, vale
a dire anzitutto l’incidenza e le conseguenze dello sviluppo tecnologico, il
relativo aumento della produttività del lavoro umano, la disoccupazione e sottoccupazione
di massa.
*
Scrive Engels:
«È la forza motrice dell'anarchia sociale della produzione che muta l'infinita perfettibilità delle macchine della grande industria nell'obbligo imposto al singolo capitalista industriale di perfezionar le sue macchine, o di sparire. Ma perfezionar le macchine rende superfluo il lavoro umano. Se introdurre e aumentar le macchine sostituisce milioni di operai manuali con pochi operai addetti alle macchine, allora migliorare il macchinario significa render superflui perfino tali addetti alle macchine, cioè creare una massa di salariati disponibili superiore al bisogno di impiego medio occupabile dal capitale […].
«È la forza motrice dell'anarchia sociale della produzione che muta l'infinita perfettibilità delle macchine della grande industria nell'obbligo imposto al singolo capitalista industriale di perfezionar le sue macchine, o di sparire. Ma perfezionar le macchine rende superfluo il lavoro umano. Se introdurre e aumentar le macchine sostituisce milioni di operai manuali con pochi operai addetti alle macchine, allora migliorare il macchinario significa render superflui perfino tali addetti alle macchine, cioè creare una massa di salariati disponibili superiore al bisogno di impiego medio occupabile dal capitale […].
Tale eccedenza è in tutti i tempi una palla al piede
della classe operaia nella sua lotta per l'esistenza contro il capitale,
regolatore che serve a tenere il salario a livello più basso, il solo atto alle
esigenze dei capitalisti. Per dirla con Marx, così la macchina diviene l'arma
più potente dei capitalisti contro gli operai; il mezzo di lavoro toglie
all'operaio i mezzi di sussistenza; il prodotto dell'operaio diviene strumento
per il suo asservimento. Cioè ridurre le spese di produzione è a priori una
dilapidazione spietata della forza-lavoro e un lesinar sui normali presupposti
della funzione lavorativa. Le macchine (il mezzo più potente per ridurre il
tempo di lavoro) mutano nel miglior mezzo per mutar tutta la vita dell'operaio
e della sua famiglia in tempo di lavoro disponibile per valorizzare il
capitale. Il sopralavoro degli uni diviene il presupposto della disoccupazione
degli altri. La grande industria caccia nuovi consumatori su tutto il pianeta
ma in patria riduce il consumo delle masse a un minimo di fame, fa crollar il
suo mercato interno».