giovedì 15 marzo 2018

Nuove forme di schiavitù


In Lavoro 2025, lo studio consegnato ai 5 stelle da quel bel tomo di Domenico De Masi, si legge: «Questa semplice utopia della riduzione dell’orario, benché sorretta dalla matematica e dal buon senso, non si realizza a livello nazionale perché i lavoratori occupati e i loro sindacati non sono disposti a cedere neppure un decimo del loro lavoro ai disoccupati, ignorando i vantaggi che ne trarrebbero essi stessi (disponendo di maggior tempo libero), l’azienda (guadagnando maggior produttività), la società tutta (evitando emarginazioni e conflitti). Dunque il problema è: cosa possono fare i 3 milioni di disoccupati per convincere i 23 milioni di occupati a cedere un decimo del loro lavoro? A mio avviso l’unica azione possibile, efficace e non violenta, è mettersi in concorrenza con gli occupati lavorando gratis. In tal modo salterebbero le attuali regole protezionistiche del mercato del lavoro e gli occupati sarebbero costretti a scendere a patti. […] Io propongo che, per ottenere il lavoro cui hanno diritto i lavoratori disoccupati ricorrano a loro volta a un atto di forza contemporaneo, offrendo gratuitamente il proprio lavoro fin quando gli occupati e i loro sindacati non accettino l’idea della riduzione dell’orario. La giusta ripartizione del lavoro e del pane si tradurrebbe alla fine in maggiore felicità collettiva.»

Su questo tema si è mai letto qualcosa di più fantasmagorico? Non credo. Sarebbero dunque i lavoratori ad opporsi alla riduzione dell’orario, e non i padroni e i loro referenti ideologici, che sul costo del lavoro battono chiodo in ogni occasione.

Che cosa c'entra il "costo del lavoro"? È presto detto: non troverete mai nelle elucubrazioni del “sociologo” questa frase: riduzione dell’orario a parità di salario.

È normale che il lavoratore, il quale già fatica ad arrivare con il proprio salario alla fine del mese, segua il dettato della necessità e dunque s’opponga a un taglio del salario in cambio di una riduzione dell’orario.


Dato il numero crescente di poveracci minacciati nella loro sopravvivenza, ecco dunque l’ideona del De Masi, del Grillo, dei 5 stelle: mettere i disoccupati in concorrenza con gli occupati lavorando gratis!!

È l'invenzione della disoccupazione attiva, il suo recupero nel mercato. La "giusta ripartizione del lavoro e del pane" non è altro che una nuova ripartizione delle povertà, e non già una diversa distribuzione della ricchezza

Lavoro coatto gratuito in cambio di un sussidio statale, sotto l'ipocrita copertura del cosiddetto reddito di cittadinanza pagato dalla fiscalità generale.

Ciò produrrebbe un ulteriore abbassamento delle tutele e dei salari, mettendo, come programmaticamente esposto dal De Masi, occupati e disoccupati gli uni contro gli altri. Un'azione non violenta, dichiara lo stesso sociologo stellato. Quello della violenza è uno dei concetti più mistificanti dell'ideologia borghese. 

Un escamotage per estorcere plusvalore e far fronte alle dinamiche della competizione anche in settori attualmente di debole profitto, un meccanismo per stabilizzare quello che un tempo fu l’esercito industriale di riserva e che oggi si presenta nel fenomeno della disoccupazione stagnante di massa, con evidenti problemi di tenuta sociale.

Ecco spiegato il motivo dell’attacco dei 5 stelle al sindacato, il quale ovviamente ha ben chiaro a che cosa preludono simili aberranti teorizzazioni. E trova spiegazioni anche la fascinazione della Confindustria per i 5 stelle per l’introduzione di questa nuova forma di schiavitù e di controllo sociale.

(*) Da notare, ma questi furbacchioni non lo rilevano, che l'operaio già cede gratuitamente una parte della sua giornata lavorativa al capitalista. Non solo produce in un giorno un valore superiore a quello che il capitalista paga in salario; ad ogni nuova scoperta scientifica, ad ogni nuovo perfezionamento tecnico questa eccedenza del suo prodotto giornaliero sul salario giornaliero aumenta, cioè si riduce quella parte della giornata di lavoro in cui l’operaio produce l’equivalente del suo salario, e si allunga perciò d’altro lato quella parte della giornata in cui egli deve regalare al capitalista il suo lavoro senza essere pagato.

Osservava Engels nel 1891: «questa successione sempre più rapida di invenzioni e di scoperte, questo rendimento del lavoro umano che aumenta di giorno in giorno in misura sinora inaudita, fa sorgere infine un conflitto, in cui l’odierna economia capitalistica deve perire. Da un lato ricchezze incommensurabili e una sovrabbondanza di prodotti, che i compratori non riescono ad assorbire. Dall’altro lato la grande massa della società proletarizzata, trasformata in salariati, e resa perciò incapace di appropriarsi quella sovrabbondanza di prodotti. La scissione della società in una piccola classe smisuratamente ricca e in una grande classe di salariati nullatenenti fa sì che questa società soffoca nella sua stessa sovrabbondanza, mentre la grande maggioranza dei suoi membri è appena protetta, e spesso non lo è affatto, dall’estrema indigenza».

2 commenti:


  1. la " rivoluzione" del III millennio: parola d' ordine
    "krumiri di tutto il mondo unitevi !"
    ws

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  2. Un salariato simili redditi, non li vede mai anche lavorando tutta la vita.

    http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/03/16/redditi-beppe-grillo-imponibile-sale-di-6-volteva-a-420mila-euro_c24f5047-0235-43d4-8b66-b52e527a24f6.html

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