martedì 11 aprile 2017

Non abbiamo bisogno di un nuovo Marx, ci teniamo il nostro



Porto all’attenzione questo articolo di Valentino Parlato. Per i più giovani dirò che è stato esponente del PCI e anche membro del Comitato centrale, poi nel 1969 espulso dal partito con gli altri fondatori de Il manifesto. Uno che scriveva, tanto per capirci, l’introduzione a L’imperialismo, fase suprema del capitalismo di un certo Lenin.

Accenna nel suo articolo alla crisi della sinistra, della politica, della cultura, della scuola. Scrive poi che bisogna “affrontare in modo nuovo la globalizzazione”, e si chiede come “i lavoratori super sfruttati del terzo mondo debbono entrare in campo, come possiamo coinvolgerli nella lotta comune”. Infine, come se si destasse solo ora da un lungo sonno: “Dobbiamo capire che siamo a un passaggio d’epoca, direi un po’ come ai tempi di Marx quando il capitalismo diventava realtà e cambiava non solo i modi di produzione, ma anche i modi di vivere degli esseri umani”.

Ciò che ha destato in me una certa e solo momentanea sorpresa è quando Valentino scrive, in chiusura dell’articolo: “Non possiamo non tener conto di quel che sta cambiando: dobbiamo studiarlo e sforzarci di capire, sarà un lungo lavoro e non mancheranno gli errori, ma alla fine un qualche Carlo Marx arriverà”.

Un altro Marx, non vi è bastato l’ubriacone di Treviri? Così potrebbe sentenziare con facile sarcasmo qualche povero di spirito e di comprendonio. Infatti, non abbiamo bisogno di un nuovo Marx, poiché nelle sue opere scientifiche c’è già tutto ciò che c’è da conoscere e capire per quanto riguarda il modo di produzione capitalistico.

Se per caso qualcuno crede ancora che Marx parlasse del capitalismo dell’Inghilterra dell’800, si sbaglia di grosso. Marx ha scoperto le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico; dunque non semplicemente le leggi di ieri, del neo capitalismo, bensì le leggi immanenti, quelle di sempre.

Per esempio: la dinamica divaricantesi tra valore d’uso e valore, valeva allora come vale oggi e varrà anche nel futuro del capitalismo. Cambia la dimensione e l’estensione della contraddizione ma non la sua essenza. Perciò insisto nel dire che dalle classiche crisi di ciclo si è passati alla crisi generale-storica del capitalismo nella sua totalità. E ciò avviene quanto più aumentano, da un lato, le difficoltà di valorizzazione e vengono meno, dall’altro, le forze che si oppongono a tale tendenza.

Non abbiamo bisogno di un nuovo Marx nemmeno per capire i motivi, di fondo e no, del “super sfruttamento dei lavoratori del terzo mondo”, né dell’ordinario o straordinario sfruttamento dei lavoratori di tutto il mondo.

4 commenti:

  1. Appunto. Se c'è una cosa che ho capito - grazie anche e soprattutto alla presente opera di divulgazione - è che quando ci si radduce ad attendere la comparsa di un "nuovo Marx" è soltanto per dare un alibi alla nostra impotenza - faccia allo stato di cose presente.

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  2. appellarsi a Marx, attraverso un nuovo Marx, come a un volgare capopolo: che roba vecchia! marx ci dice tutto il contrario

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    1. e quando frignavano che marx non ci ha lasciato una teroria dello stato? non cambiano mai.

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