Porto all’attenzione questo articolo di Valentino
Parlato. Per i più giovani dirò che è stato esponente del PCI e anche membro
del Comitato centrale, poi nel 1969 espulso dal partito con gli altri fondatori
de Il manifesto. Uno che scriveva,
tanto per capirci, l’introduzione a L’imperialismo,
fase suprema del capitalismo di un certo Lenin.
Accenna nel suo articolo alla crisi della sinistra, della
politica, della cultura, della scuola. Scrive poi che bisogna “affrontare in modo nuovo la
globalizzazione”, e si chiede come “i
lavoratori super sfruttati del terzo mondo debbono entrare in campo, come
possiamo coinvolgerli nella lotta comune”. Infine, come se si destasse solo
ora da un lungo sonno: “Dobbiamo capire
che siamo a un passaggio d’epoca, direi un po’ come ai tempi di Marx quando il
capitalismo diventava realtà e cambiava non solo i modi di produzione, ma anche
i modi di vivere degli esseri umani”.
Ciò che ha destato in me una certa e solo momentanea
sorpresa è quando Valentino scrive, in chiusura dell’articolo: “Non possiamo non tener conto di quel che
sta cambiando: dobbiamo studiarlo e sforzarci di capire, sarà un lungo lavoro e
non mancheranno gli errori, ma alla fine un qualche Carlo Marx arriverà”.
Un altro Marx, non vi è bastato l’ubriacone di Treviri?
Così potrebbe sentenziare con facile sarcasmo qualche povero di spirito e di
comprendonio. Infatti, non abbiamo bisogno di un nuovo Marx, poiché nelle sue
opere scientifiche c’è già tutto ciò che c’è da conoscere e capire per quanto
riguarda il modo di produzione capitalistico.
Se per caso qualcuno crede ancora che Marx parlasse
del capitalismo dell’Inghilterra dell’800, si sbaglia di grosso. Marx ha
scoperto le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico; dunque non
semplicemente le leggi di ieri, del neo capitalismo, bensì le leggi immanenti, quelle di sempre.
Per esempio: la dinamica divaricantesi tra valore
d’uso e valore, valeva allora come vale
oggi e varrà anche nel futuro del capitalismo. Cambia la
dimensione e l’estensione della contraddizione ma non la sua essenza.
Perciò insisto nel dire che dalle classiche crisi di ciclo si è passati alla crisi generale-storica del capitalismo nella
sua totalità. E ciò avviene quanto più aumentano, da un lato, le
difficoltà di valorizzazione e vengono meno, dall’altro, le forze che si
oppongono a tale tendenza.
Non abbiamo bisogno di un nuovo Marx nemmeno per
capire i motivi, di fondo e no, del “super
sfruttamento dei lavoratori del terzo mondo”, né dell’ordinario o
straordinario sfruttamento dei lavoratori di tutto il mondo.
Appunto. Se c'è una cosa che ho capito - grazie anche e soprattutto alla presente opera di divulgazione - è che quando ci si radduce ad attendere la comparsa di un "nuovo Marx" è soltanto per dare un alibi alla nostra impotenza - faccia allo stato di cose presente.
RispondiEliminaBen detto!
RispondiEliminaappellarsi a Marx, attraverso un nuovo Marx, come a un volgare capopolo: che roba vecchia! marx ci dice tutto il contrario
RispondiEliminae quando frignavano che marx non ci ha lasciato una teroria dello stato? non cambiano mai.
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