venerdì 28 aprile 2017

Un'economia del rifiuto


Si diffonde sempre più la domanda sul senso di una democrazia dove la rappresentanza è pura finzione. E ci si chiede che valore dare a una giustizia che persegue i ladruncoli ma lascia impuniti i grandi ladri così come i responsabili dei dissesti delle banche e di società pubbliche e private. Laddove vengono deluse e poi distrutte le piccole e grandi speranze di democrazia e giustizia non c’è da stupirsi se la frustrazione trae pretesto da ogni minima cosa e prendono piede i cosiddetti “populismi”.

Sappiamo fin troppo bene a quale logica monetarista e mercantista obbediscano gli organismi della UE che impongono agli Stati pareggi di bilancio e conti in ordine facendo strame delle condizioni di sopravvivenza dei meno “fortunati”, laddove poi le multinazionali che operano in questi stessi paesi possono scegliere di stabilire la propria residenza fiscale dove è più vantaggioso.

Tuttavia deve essere ben chiaro che sui grandi e inesausti temi del nostro tempo le nostre domande non possono trovare, di per sé, risposte e soluzioni se non per effetto di un mutamento radicale della società. Sennonché un lavoro ideologico di decenni ci ha portato anzitutto a credere che viviamo in una società post ideologica, e conseguentemente che al modello economico sociale vigente non vi sia alternativa positiva.


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Quando il professor Massimo Cacciari dice che il capitalismo può funzionare solo “diminuendo il lavoro necessario”, ciò significa semplicemente che il capitalismo crea disoccupazione e precarietà, e che nessun sussidio statale, o cosiddetto salario di cittadinanza, potrà mai creare condizioni soddisfacenti e dignitose di vita e rapporti sociali liberi.

Non si tratta solo di un riformismo senza popolo e senza idee, gestore maldestro dell’esistente, ma anche di un riformismo divorato con furia dagli imperativi, ideologici e pratici, del capitale monopolistico e finanziario. E perciò non possiamo solo rintracciare responsabilità soggettive, che pur sono abbondanti, e farne carico solo alle involontarie macchiette della politique politicienne. Ciò che accade riguarda il modus operandi proprio del capitalismo, le sue contraddizioni di base.

Contraddizioni tanto nuove oggi nella loro sostanziale dinamica quanto lo furono in passato, per esempio tra i due conflitti mondiali. Per contro, quanto avvenne nei primi decenni del secondo dopoguerra ha a che fare con una congiuntura del tutto particolare. Non saranno pertanto la robotica e altri sortilegi tecnologici a mutare la situazione di crisi storica del capitalismo.

Infatti, di là di fasi particolari del suo processo di sviluppo, il modo di produzione capitalistico “funziona”, per dirla alla cacciarese, con l’accumulazione di ricchezze inusitate ad un polo e nello stesso tempo accumulo di miseria, disoccupazione, lavoro precario e schiavitù, al polo opposto. Un’economia che per un certo tempo si è creduto potesse trasformare il mondo si è trasformata, in ogni senso, in un’economia del rifiuto.





2 commenti:

  1. CORSI E RICORSI STORICI DEL CAPITALISMO.

    Il fascismo è il sistema di controllo che il Potere, trasformando i lavoratori che vendono i loro prodotti in lavoratori che vendono sé stessi, utilizza per gestire questo nuovo tipo di società. La società Capitalista.

    “L’uomo si distingue dall’animale quando comincia a produrre i propri mezzi di sussistenza: il lavoro e la produzione non sono quindi una condanna, bensì sono l’uomo stesso. Il lavoro è l’unica manifestazione della libertà umana”.

    Tuttavia, la condizione dell’uomo nella società capitalistica è caratterizzata da Marx, come Alienazione: Marx vi trova uomini non realizzati ma alienati, espropriati del proprio valore di uomini a causa dell’espropriazione o alienazione del loro lavoro.
    Il prodotto del lavoro dell’uomo, viene alienato dallo stesso uomo perché diventa proprietà privata dell’altro sotto forma di capitale. Non è l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma viceversa.
    Costituendo il lavoro l’essenza dell’uomo, ma essendo egli alienato nel lavoro, è alienato da sé: Autoalienazione”.
    Nelle sue fasi cicliche di sviluppo e di espansione, ma soprattutto nei suoi momenti di crisi e decadenza, il capitalismo ha generato miseria e sfruttamento, morti, catastrofi e distruzioni, barbarie e guerra.

    1929: GRANDE CRISI 1939: GRANDE GUERRA!
    2008: GRANDE CRISI 2018: GRANDE GUERRA?


    http://www.corriere.it/economia/17_aprile_27/concentrazione-ricchezza-oggi-come-medioevo-5c94fece-2b5a-11e7-9442-4fba01914cee.shtml

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  2. Non c'è alcun dubbio che le "contraddizioni di base" del sistema capitalistico non sono risolvibili dentro il sistema e che quindi un cambio di paradigma sociale verrà.
    I dubbi nascono su quale sarà il nuovo paradigma, essendo sempre meno probabile l' avverarsi della ottocentesca "previsione" marxiana.
    ws

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