lunedì 27 agosto 2012

L'alternativa che non c'è


Nel lungo tragitto della vita,
incontrerai tante maschere
e pochi volti.
Luigi Pirandello

La crisi del sistema s’acutizza ed estende sempre più costituendo ormai un fenomeno senza precedenti. In questa temperie non deve sorprendere che vi siano scontri e lacerazioni tra elementi dello stesso campo per imporre la propria versione della menzogna. Ed è proprio nello stile della polemica tra Grillo e Bersani che si può cogliere il segno della decomposizione raggiunta dall’ideologia di coloro che si ergono, chi per un verso e chi per l’altro, a supremi paladini per la salvezza del paese. In mancanza di un’altra realtà, dobbiamo assistervi.

Bersani, la cui esistenza è passata dal felice tempo ideologico del “socialismo reale” alla cura delle rovine del modello liberista, deve obbedire per forza alla logica degli interessi imposti da uno sviluppo in cui regna indiscusso l’interesse particolare, l’intrigo politico e la malavita. È uno dei tanti che attribuisce al proprio passaggio al liberismo un valore assoluto, perciò è ben disponibile ad imputare ai propri avversari ogni ignominia, perché obbligato a nascondere quella che è la sua vera colpa, che peraltro né Grillo e né altri gli imputano, e cioè di sostenere il potere della classe dominante e sfruttatrice, e con essa il nuovo totalitarismo.

Per quanto riguarda Grillo, si tratta di un ribelle che propone un’azione politica confusa ma efficace per portare garbuglio e incertezza nelle file dei salariati. Del resto la borghesia, i padroni del mondo, hanno ben chiaro da sempre che gli uomini possono essere liquidati o cambiati purché la funzione rimanga indiscutibilmente sovrana. Grillo svolge la sua.

In particolare, egli ritiene, non da oggi, bisogna dargliene atto, che la causa della crisi del sistema repubblicano sia dovuta al livello di corruzione, privilegio e insipienza della classe politica e dalla pochezza dei suoi leader, dalla loro inamovibilità. E su questo versante Grillo coglie una parte della verità, ciò che gli consente di sparare a pallettoni a bersaglio sicuro e senza far prigionieri.

In generale, egli crede che la crisi sistemica che percorre il capitalismo sia causata in larga parte dal livello sempre più sostenuto di una crescita e di un consumismo irragionevoli, conferendo a questo fenomeno il valore di causa reale e proponendo ricette d’impronta reazionaria. Un esempio cogente viene da una frase con la quale apre oggi il suo blog, presa da un certo Maurizio Pallante:

"La crescita è la causa della crisi che stiamo vivendo e quindi non può essere la soluzione, perché non si può pensare di risolvere un problema rafforzando le cause che lo producono. Se si produce sempre di più aumenta l’offerta di merci; se le persone che sono inserite nei processi produttivi sono sempre di meno diminuisce la domanda di merci, perché diminuisce il reddito con cui possono comprare le cose che vengono prodotte".

Pertanto, secondo questa ricetta d’impronta ultra-reazionaria, si dovrebbero ridurre i consumi (chiaro da parte di chi), per farlo sarebbe sufficiente produrre di meno (meno occupati nell’industria, agricoltura, pesca, ecc.) e in definitiva diminuire l’occupazione e i salari. Questa è la ricetta economica della quale si fa portavoce Grillo.

Quale busta scegliete, la uno, la due o la tre?

3 commenti:

  1. Quella col biglietto per Hong Kong,io,c'avrei un paio di toys di plastica in mente con i quali inondare l'occidente.La nave affonda e sto coi sorci.Kisss nice lady,waiting for the ban.
    The bisker

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  2. Ciao, ti seguo da molto ma è la prima volta che ti scrivo, perchè mi sembra l'unica volta in cui non hai colto il senso di un discorso. (per carità, magari mi sbaglio io)
    Secondo me Pallante intendeva dire una cosa diversa da come l'hai interpretata tu: in pratica meno persone sono assunte, meno persone hanno uno stipendio. Di conseguenza diminuisce il reddito di ogni famiglia e la capacità di acquisto. Con le nuove tecnologie e con ritmi di lavoro sempre più veloci si riesce a produrre di più con meno operai. Quindi aumenta l'offerta ma nel frattempo diminuisce la domanda, portando ad un lento fallimento delle fabbriche (diminuendo ancora il personale e quindi la capacità di acquisto). Un cane che si morde la coda, insomma.
    Spero che abbia capito il mio ragionamento un pò contorto, ma sono le undici e un quarto e il cervello inizia a chiedere riposo. Buon lavoro!

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    1. ciao Benia, è proprio così, il cane che si morde la coda.
      "dimenticano" in quale sistema economico viviamo: in un sistema capitalistico l'unico modo che la forza-lavoro, ossia l'operaio, ha di procurarsi i propri mezzi di sussistenza è quella di vendersi. in questo sistema ridurre l'occupazione significa aumentare la disoccupazione, ridurre la domanda significa ridurre i salari per lo stesso effetto provocato dalla disoccupazione e quindi dalla concorrenza tra operai. è vero che la tecnologia diminuisce la quantità di manodopera per unità di prodotto, ma è anche vero che aumentano gli investimenti e la fabbrica mondo è una realtà. oggi ci sono molti più salariati che in qualsiasi altra epoca. non dobbiamo mai dimenticare che il capitalismo non produce solo merci, ma produce anzitutto plusvalore.
      questo tipo di proposte, all'interno del modo di produzione capitalistico, sono reazionarie per non dire idiote.
      ti segnalo questo post: http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/2012/02/decrescita-e-marxismo-di-riccardo.html
      grazie per l'attenzione e per il commento.

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