Per far accettare la sua riunificazione, la Germania avrebbe dovuto cedere in Europa parte della sua sovranità. Questo è ciò che ci raccontarono Kohl, Mitterand e ora Schäuble e il socialdemocratico Steinbruck. Non si trattava quindi della germanizzazione dell’Europa, ma, al contrario, dell’europeizzazione della Germania. Illusioni?
La crisi del debito pubblico (ma non solo questa) ci ha portato al dunque della vicenda. C’è da stupirsi per come, anzitutto da parte germanica, sia stata gestita la crisi greca fin dal suo inizio, in modo apparentemente demenziale. Così come appaiono quantomeno contraddittorie le ricorrenti dichiarazioni dei vari leader tedeschi e europei sul salvataggio, la tenuta di alcuni Stati e gli eurobond.
Al di là delle considerazioni “pirandelliane” che tracciavo ieri a proposito di Mario Draghi, quanto è avvenuto e sta avvenendo risponde a un piano – peraltro palese – per costringere la Grecia e poi i paesi con un alto debito pubblico a cambiare passo nelle proprie politiche economiche, anzitutto abbattendo pesantemente il loro livello di welfare, e a cedere sempre più funzioni di sovranità (ciò che di essa rimane) agli organismi europei.
È indubbio che l’europeismo sia una scelta strategica coerente dei grandi gruppi industriali e finanziari del capitalismo europeo nel quadro dell’accesa disputa imperialista. Ovvio che in tale prospettiva di trasformazione non va dimenticato anche il peso e la storia delle classi sociali nazionali che vi sono interessate, e così come in tutte le questioni che riguardano grandi pluralità vi siano tensioni e torsioni, ma l’obiettivo fondamentale è unitario (*).
In questa chiave, la Germania, per il suo peso anzitutto economico, non può non giocare un ruolo di primissimo piano e che in tale processo non manchi anche di ciulare nel manico come dimostra la vicenda dello spread. E, del resto, non è pensabile la comune gestione del debito europeo senza che la Germania e anche altri paesi possano controllare i cordoni della borsa dei paesi con forti debiti e sbilanci. Ecco quindi che le decisioni adottate anche recentemente vanno in tal senso: unione bancaria, fiscale, politica e radicale riforma del welfare.
Obiettivi da raggiungere nel breve e medio periodo e non c’è dubbio che la loro realizzazione rafforzi l’UEM e con essa il ruolo del gigante tedesco. Perché se è vero che questo disegno egemonico nel suo complesso non può essere ascritto solo alla volontà dei mastri birrai tedeschi, è effettivo altresì che la Germania giochi i propri corposi e specifici interessi sul piano economico e commerciale, senza dimenticare che pur essa ha una storia.
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