venerdì 3 agosto 2012

La corriera

Un tempo i corpi delle persone emanavano un odore diverso da quelli di adesso. Anche l’aspetto era differente, un bracciante, un manovale, lo distinguevi dalle mani callose, dal corpo asciutto e sodo, ma già vecchio di fatica a poco più di quarant’anni. Anche il modo d’esprimersi e quindi quello di pensare segnavano non poche differenze dai modelli odierni. C’erano molti più pregiudizi, ma anche più franchezza. Una puttana non era una escort e i suoi clienti non se ne vantavano in pubblico.

Anche le abitazioni e i locali diffondevano odori che non si facevano dimenticare. C’erano dei quartieri che sapevano di nebbia anche in piena estate e delle bettole di cui indovinavi i piatti prima ancora d’entrare. Che poi il menù era quello, se no dove andavi? La birra era scarsa e il vino forse più genuino, ma mediocre senz’altro. Il cesso aveva il suo odore, ovviamente, era alla turca e quando tiravi la catena ti bagnavi le scarpe. E le cabine del telefono non avevano una fragranza migliore.

Indelebile l’afrore delle corriere stipate di studenti e operai, quelli che non avevano la Lambretta. Non era solo nicotina senza filtro, era lotta di classe. Poi, dopo la scuola, digiuni, si tornava a casa soli, senza gli operai, e l’odore del mattino era ancora lì che aspettava, pungeva le narici e nauseava.  C’è chi oggi ricorda in quelle cose un fascino infinito. Sono quelli che non prendevano la corriera?


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