giovedì 10 giugno 2010

Per chi avesse ancora residui dubbi



L'UNITÀ ANNUCIA I TAGLI DEL PD
IL PD SMENTISCE
di Tommaso Di Francesco, Manlio Dinucci (il manifesto, 9/6/2010)
La campagna del Pd contro le spese per armamenti è «pregiudiziale e demagogica»: così sul Corriere della Sera Arturo Parisi, già ministro della difesa nel governo Prodi e parlamentare Pd. Ce l'aveva con la copertina de l'Unità del giorno prima («Manovra di guerra») e con l'articolo («Tagliano gli stipendi e comprano armi»). Vi si annunciava che il Pd avrebbe chiesto al governo, con risoluzione in commissione difesa del Senato, di rivedere la spesa militare in base a una politica di «verifica, trasparenza e risparmio». Parisi attacca l'articolo per l'affermazione che i 71 programmi di armamento sottraggono miliardi al bilancio dello Stato.
Parisi rivendica ciò che l'Unità tace (non sapendo o fingendo di non sapere?): cioè che il Pd, soprattutto con l'ultimo governo Prodi, ha contribuito all'aumento della spesa militare. Come già ricordato sul Corriere dall'autorevole ex sottosegretario alla difesa Lorenzo Forcieri, «il governo Prodi, in due sole finanziarie di rigore e risanamento dei conti dello stato, è riuscito a invertire la caduta libera delle spese per la Difesa, che sono aumentate dei 17,2% nel biennio 2007-08». Fu il governo Prodi a istituire, in Finanziaria 2007, un «Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale, derivanti anche da accordi internazionali», con una dotazione di 1.700 milioni di euro per il 2007, 1.550 per il 2008 e 1.200 per il 2009. Un «tesoretto», aggiunto al bilancio della difesa, in eredità al governo Berlusconi. Grazie a questo impegno bipartisan, l'Italia si colloca al decimo posto mondiale come spesa militare, e al sesto come spesa procapite, con un ammontare annuo - per il Sipri - di 30 miliardi di euro.
Emblematica la storia della partecipazione italiana al programma del caccia F-35 della statunitense Lockheed, che solo ora l'Unità definisce giustamente «piano faraonico», ricordando che costerà all'Italia 15 miliardi di euro. Il primo memorandum d'intesa venne firmato al Pentagono, nel 1998, dal governo D'Alema; il secondo, nel 2002, dal governo Berlusconi; il terzo, nel 2007, dal governo Prodi. E nel 2009 è stato di nuovo un governo presieduto da Berlusconi a deliberare l'acquisto di 131 caccia, già deciso dal governo Prodi nel 2006. L'Italia partecipa al programma dell'F-35 contribuendo allo sviluppo e alla costruzione del caccia. Si capisce quindi perché, quando il governo Berlusconi ha annunciato l'acquisto di ben 131 F-35, l'«opposizione» (Pd e IdV) non si sia opposta. Eppure già si sapeva che il costo del caccia F-35 era lievitato da 50 a 113 milioni di dollari per aereo.
F-35 e altri armamenti «roba da guerra fredda», obsoleta per l'Unità, «oltretutto (per fortuna) inutili». E poi, perché gli F-35 «destinati a missioni d'attacco in lontani teatri bellici?». Ma Parisi critica chi nel Pd «denuncia pregiudizialmente e genericamente l'inutilità» delle spese per gli armamenti. Perché questi armamenti non sono purtroppo «inutili» e le 31 missioni dell'esercito italiano non sono tutte di «peacekeeping». È proprio una caratteristica, la capacità stealth dell'F-35 - colpire con «velocità e da lontano», certifica la Lockeed - a spiegare che l'aereo è destinato proprio a guerre d'aggressione, in Afghanistan e in quelle «nuove».
Dulcis in fundo, le argomentazioni de l'Unità il giorno dopo sono state ignorate - smentite - dalla senatrice Roberta Pinotti, membro della commissione difesa: ha detto di condividere l'impostazione di Parisi, assicurando che i dirigenti Pd sono «consapevoli che la Difesa è uno dei compiti fondamentali dello Stato». Altro che tagli agli armamenti.

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