Paul Krugman sul Sole 24ore:
È chiaro che la cosa giusta da fare è aspettare: l'economia dev'essere forte abbastanza da consentire alle banche centrali di usare la politica monetaria per compensare le contrazioni dell'attività economica innescate dall'austerità di bilancio. Ma no: i falchi del deficit esigono tagli in un momento in cui il tasso di disoccupazione nella zona euro rimane su livelli preoccupantemente alti e in molte nazioni i tassi d'interesse sono prossimi allo zero.
La crisi fiscale degli Stati non consente politiche economiche espansive, anzi, impone tagli di bilancio per ridurre il deficit; ma dall’altro lato queste politiche di riduzione e di tagli deprimono ulteriormente l’economia. Si tratta di una spirale dalla quale non si sa come uscire. Il processo di accumulazione subisce un ulteriore freno e si tenta di contenere la caduta del saggio del profitto aumentando il supersfruttamento (esemplare quanto sta succedendo a Pomigliano, ma non solo), nella “esternalizzazione”, nella manodopera a basso costo, si abbandona la produzione per la speculazione, ma i problemi restano e la deindustrializzazione e la disoccupazione non potranno che aumentare.
È finita un’epoca e le ristrutturazioni, le operazioni di cosmesi, non bastano a rimettere in moto il ciclo di accumulazione a livelli decenti. Non potranno che aumentare le tensioni internazionali, la lotta per il controllo delle risorse e dei mercati, così come le tensioni interne, sociali, finora contenute con un largo ricorso alla spesa pubblica.
Negli anni Trenta se ne uscì nel modo che conosciamo.
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