lunedì 1 agosto 2022

Finora avete dormito

 

Ho appena prenotato un libretto della Adelphi segnalato da Francesco Maria Colombo sul Domenicale. L’articolo è impreziosito da una foto dello stesso recensore, che ritrae una struggente Piazza delle Arti di Leningrado sotto la neve, nella cui luce gelatinosa s’intravvede il monumento a Pukin, sapientemente colto “nel primo terzo” (un qualsiasi dilettante l’avrebbe posto al centro della foto), in modo da dar respiro al paesaggio con sullo sfondo il Palazzo Michajlovskij, sede del Museo Russo.

Colombo, direttore d’orchestra e critico d’arte, ci sa fare con la fotocamera (ho visto altre foto), una grande passione assieme a diverse altre. Non perdo mai la sua trasmissione intorno alla musica e al bello il giovedì sera su Classica HD. La recensione di Briciole della vita, di Pëtr AndreeviVjazemskij, con la traduzione di Serena Vitale, è scritta in una prosa ormai sempre più rara, ricercata ma non paludata, con quel compiacimento per la scrittura che non oltrepassa la giusta misura e diventa godimento.

Il principe Pëtr AndreeviVjazemskij fu uno degli amici più intimi della cerchia di Pukin. Scrive Colombo a riguardo dei suoi scritti: «Non era destinato all’Opus imperituro ma, al contrario, al frammento letterario portato a perfezione grazie all’orecchio assoluto, captatore di ogni causerie [facezia, chiacchiera], e alla scioltezza dell’eloquio tradotto in forma scritta: “Il destino ha pubblicato la mia vita su foglietti volanti”. [...] le sue “briciole” raccolte in società, nelle ambasciate, sul campo di battaglia (combatté volontario a Borodino), al club inglese, a corte, a teatro, nei boudoir, tra il conversare di gentildonne annose o di snob o di soldati, ai balli di gala dove si sussurravano cospirazione “tra un Laffitte e un Clicquot (Onegin, X, XVII). [...] nel tono è il prestigio della scrittura di Vjazemskij. Vi si fondono leggerezza, freschezza, una punta di cinismo, ironia, paradosso, cognizione della vita e, raramente ma con esattezza folgorante, stupore per l’inesauribile fenomenologia del cretino».

L’Opus imperituro, scrive ancora Colombo, travalica per definizione il tempo, mentre «i dialoghi catturati, le curiosità futili, i minuscoli dettagli [di Vjazemskij] sono invece immersi dentro il tempo: del tempo dicono la tinta precisa, l’atmosfera, lo spirito. Così il principe specchia una certa società russa che sarà destinata a sfinirsi e la cristallizzata per sempre [...] ».

Colombo offre uno scampolo dei motteggi e delle massime del principe russo, per esempio: «Il problema principale [...] è che, con rare eccezioni, le persone colte non sono molto intelligenti, e quelle intelligenti non sono molto colte». Oggi la realtà ci mostra un problema quasi opposto: abbiamo troppe persone intelligenti che affermano di avere cura dei nostri interessi, tanto che siamo disarmati a fronte di un abisso di crimini, errori e decisioni morte.

Amici della NATO, di Putin e di chiunque altro, se vi sembra di scoprire che la guerra è così sporca è perché finora avete dormito. È tutta qui la questione.


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