sabato 29 febbraio 2020

Autovirus



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D’accordo, il concetto è chiaro, ma la metafora fa “acqua” su un punto. La quantità d’acqua (infettati) è la stessa nei due casi: il grafico mostra come l’assenza di misure di contenimento (zona rosa) concentri la quantità (tsunami che mette in ginocchio il sistema sanitario); in caso di misure di contenimento, zona azzurra, la stessa quantità d’acqua viene diluita nel tempo (mareggiata), riducendo il picco ma non la quantità. Invece il contenimento oltre a diminuire il picco dovrebbe diminuire anche la quantità (come dimostra l'esperienza nei casi di contagio).

Giorno bisestile, l'errore del calendario



Il giorno bisestile debuttò nell’anno 45 dell’evo classico (e non il 46 come riportano in molti), ossia quando Giulio Cesare, nel tentativo di far coincidere l’anno civile con quello solare, riformò il vigente calendario romano. Nonostante laggiustamento, nel calendario giuliano cera uno scarto di 11 minuti e 14 secondi rispetto allanno solare, che ha determinato nei secoli differenze notevoli.

Regnante papa Gregorio XIII venne accorciato l’anno 1582 di dieci giorni per rimettere le cose a posto: il 5 ottobre fu seguito dal 14 ottobre. 

Il calendario gregoriano ha introdotto la regola secondo la quale gli anni la cui numerazione è multipla di 100 sono bisestili soltanto se essa è anche multipla di 400: vale a dire, sono stati bisestili gli anni 1600, 2000 e lo sarà il 2400, mentre non lo sono stati gli anni 1700, 1800, 1900, e non lo saranno il 2100, 2200, 2300 (infatti si salta dal 2096 al 2104, dal 2196 al 2204, ecc.). Tutti gli altri anni la cui numerazione è multipla di 4 rimangono bisestili.

Questa è l’unica differenza, come spiegavo in questo post, tra il vecchio calendario giuliano e quello attuale. In pratica il calendario attuale omette 3 giorni intercalari ogni 400 anni, in modo da annullare quel precedere l’anno solare di 1 giorno ogni 128 anni, precedere dovuto, nel giuliano, al bisestile con cadenza sempre uguale, cioè sempre quadriennale

Il calendario giuliano, come spiegato nel post segnalato, ebbe il merito di mettere ordine nel vecchio calendario romano che dava luogo a difficoltà di calcolo e grande confusione. Per tale motivo l’anno fu diviso in 12 mesi, di 30 e 31 giorni, febbraio di 28 diventava bisestile ogni tre anni e il giorno aggiuntivo cadeva sei giorni prima delle calende di marzo (Kal. Mart. = 1° marzo), in tal modo il bix sestum raddoppiava precisamente il 24 febbraio. Nel tardo Impero prese il nome l’anno intercalare stesso, annus bissextus. Il 46 fu l’ultimo anno caotico prima dell’entrata in vigore del calendario giuliano. Per poter iniziare il suo nuovo anno riformato, Cesare ha dovuto prolungare l’anno 46 di 90 giorni, ed ecco perché quell’anno con i suoi 445 giorni fu chiamato “annus confusionis ultimus”.

Morto Cesare, venne in luce un errore di calcolo, scoperto dai sacerdoti che, fraintendendo le istruzioni di Sosigene di Alessandria, avevano intercalato l’anno bisestile ogni tre anni invece che ogni quattro (*). 

La lunghezza dei mesi, contrariamente alla teoria sostenuta in epoca medievale dello storico inglese Giovanni Sacrobosco, è oggi la stessa dell’anno 45.

(*) Plinio il Vecchio, Libro XVIII: “Cesare dittatore regolò i singoli anni sul corso del Sole avvalendosi di Sosigene che era specializzato in questa scienza; e quella stessa regola fu in seguito corretta avendovi scoperto un errore, sospendendo l’intercalazione per dodici anni di fila, poiché l’anno stava cominciando a ritardare rispetto alle stelle, che prima precedeva”.

venerdì 28 febbraio 2020

Recidive virali



È sotto gli occhi di tutti il successo del modello economico fondato sul capitale privato e la libera iniziativa, ossia ciò che costituisce il vanto della società borghese che di tale modello è l’espressione storica. Ogni tentativo finora compiuto di superare questo modello dal lato della socializzazione dei mezzi di produzione ha prodotto fallimenti.

Quale potente e inarrestabile dinamica è alla base di questo straordinario risultato del modello capitalistico? La varietà delle risposte in campo di spreca, ma quella che conta è questa: la necessità di valorizzazione del capitale, il processo di accumulazione e la lotta tra i diversi capitali per il profitto, comporta l’incessante rivoluzionamento della produzione, spingendo il capitale a sussumere a sé la scienza per aumentare, con l’impiego di nuove tecnologie e migliori tecniche, la produttività del lavoro e abbattere i costi di produzione.

Rendere i salariati forza crescente di valorizzazione del capitale è stata la più essenziale molla dello sviluppo della scienza e della tecnologia che ha portato la società borghese ai trionfi di oggi. Se non s’intende questo e s’insiste, per contro e quale alternativa al capitalismo, nella mera riproposta della statalizzazione dei mezzi di produzione, significa restare appesi alle ubbie del passato, peraltro in opposizione a Marx.

giovedì 27 febbraio 2020

«Scusate, abbiamo esagerato»



Cioè?



Chi ha sbagliato, dove, quanti falsi positivi?



Il decreto legge sull'emergenza coronavirus approvato alla Camera dice il contrario riguardo i musei.


Dio me l'ha dato, guai a chi lo tocca.

mercoledì 26 febbraio 2020

Più pericolosi del coronavirus


Dopo aver scatenato il panico, ora vorrebbero fermarlo, e ciò più per ragioni economiche e di gestione dei flussi ansiogeni che per altro. C’è quasi da sospettare che siano davvero degli stupidi. A sentirli chiacchierare in televisione il sospetto diventa certezza. De Gasperi e Togliatti non parlavano quasi mai a braccio, sapevano bene quale peso avessero le parole dette in pubblico. Oggi chi ha responsabilità politiche o di governo si sente autorizzato a rendere pubblica qualsiasi cosa gli passi per la testa, salvo far seguire smentite e precisazioni che non smentiscono e non precisano.

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lunedì 24 febbraio 2020

Dopo l'assalto ai forni, diamoci una calmata


Premesso che, come molti, non ho alcuna competenza specifica per quanto riguarda il virus che sta tanto allarmando, tuttavia cerco di capire, per quanto possibile e sulla base dei dati disponibili, cosa stia effettivamente accadendo a livello generale, anche perché gli assalti ai supermercati mi paiono dovuti a una psicosi che le autorità centrali e locali avrebbero potuto contenere con una più corretta informazione sui reali rischi di una eventuale remota quarantena generale.

L'epidemia di coronavirus è grave, ma per ora non è assolutamente paragonabile nei suoi effetti per esempio alla pandemia del 1918-‘19. Le stime dell'OMS sulla mortalità si basano sulla divisione del numero di vittime del coronavirus per il numero d’infetti confermati. Un metodo, forse per ora l’unico possibile, che presenta molte incertezze, poiché, per esempio, in molti casi le vittime sono persone anziane già affette da serie o gravi patologie e che avrebbero potuto soccombere anche con una normale influenza.

Sui dati di ieri è confermato che un totale di 78.993 persone sono state infettate dal coronavirus a livello globale, vale a dire lo 0,005 della popolazione cinese e lo 0,0001 di quella mondiale. In Italia, ad oggi, 233 infettati accertati, pari allo 0,00038 per cento della popolazione. Pertanto, senza sottovalutare il rischio, esistente, è il caso di darsi una calmata.

domenica 23 febbraio 2020

Un’autentica follia


Quella del 1957 non me la ricordo ma dicono che me la beccai, mentre l’influenza del 1968 me la ricordo benissimo e però la scansai. E non feci nulla per scansarla, anzi già allora frequentavo luoghi non proprio asettici, come i cinema d’infima visione, o la libreria antiquaria di Giorgio Rigattieri, giusto dove s’incontrano calle della Mandola e quella de la Cortesia, ossia a metà strada tra i campi Manin e Sant’Anzelo.

Il vecchio era basso di statura e tarchiato, col toscano sempre indeciso tra acceso e spento, una tosse perenne e catarro bronchiale. Non gl’importava chi fosse presente, scatarrava direttamente sul pavimento eroso presso la sua scrivania. Vi trascorrevo delle buone mezzore e però non mi degnava d’attenzione, ma poi di buon cuore arrotondava sul prezzo dei libri che sceglievo, ossia i classici romanzi e biografie che si leggono nell’adolescenza, usati e di poco prezzo, che scovavo sugli scaffali seminascosti nel piccolo antro prospiciente il cesso. 

Quell’influenza del 1968-’69 mise a letto più della metà degli italiani, provocò nel mondo tra i 750.000 e 2 milioni di morti, circa 33.000 dei quali negli Usa e moltissimi anche in Italia. Non vi furono code sovietiche davanti ai supermercati, quarantene e mascherine, maratone televisive e simili. Nel caso ci si metteva a letto e si aspettava che passasse. A quelli malmessi di salute poteva andar peggio e amen.

Quella del 1968-’69 è considerata un’epidemia di media gravità. Quella attuale, il coronavirus, ha contagiato a oggi 79.000 persone, ma con ogni probabilità molte di più, con circa 2.470 decessi stando alle cifre ufficiali, vale a dire il 3,12 per cento degli infetti. Un dato abbastanza fisiologico, e però ci hanno proibito di festeggiare il carnevale per scatenare in sua vece un’autentica follia.

Nous allons tout devenir fous, c’est sûr


Nella maggior gravità del morbo non si vide che un caso in cui i sentimenti umani furono più forti della paura d’una morte straziante. E non furono due amanti, come ci si poteva aspettare, gettati dall’amore l’uno verso l’altro, al di sopra nella sofferenza: si trattava soltanto del vecchio dott. Castel e di sua moglie, sposati da molti anni. La signora Castel, pochi giorni prima dell’epidemia, si era recata in una città vicina. Nemmeno era una di quelle famiglie che offrono alla gente un modello di felicità esemplare, e il narratore è in grado di dire che, secondo ogni probabilità, quei coniugi, sino ad allora, non erano ben sicuri di essere soddisfatti della loro unione. Ma la separazione brutale e prolungata li aveva condotti ad accertarsi che non potevano vivere lontani l’uno dall’altro, e che, in confronto di questa verità venuta in luce all’improvviso, la peste era poca cosa.

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Cottard raccontava che un grosso bottegaio del suo quartiere aveva fatto una scorta di prodotti alimentari per venderli ad alto prezzo, e che si trovarono scatole di conserva sotto il suo letto quando erano andati a prenderlo per portarlo all’ospedale. “E vi è morto. La peste, quella non paga”. Cottard era pieno di tali storie, vere o false, sull’epidemia. Si diceva, a esempio, che al centro, una mattina, un uomo, coi segni della peste, nel delirio della malattia si è precipitato fuori per gettarsi sulla prima donna incontrata e abbracciarla gridando di avere la peste.

“Bene”, notava Cottard con tono leggero, in contrasto con la sua affermazione, “diventeremo tutti pazzi, è certo”.

venerdì 21 febbraio 2020

Come i gatti sull'Aurelia


In questo sito potete trovare i dati più aggiornati sul coronavirus a livello mondiale. 

Forse cominceremo ad avere una pallida idea di che cosa è stata e continua a essere l’emergenza coronavirus in Cina e quali giganteschi problemi hanno dovuto affrontare da quelle parti (vedremo, in caso qui da noi la faccenda sfugga di mano, cosa ci racconteranno i cialtroni in bretelle). Non ultimi i problemi economici e finanziari. Grandi aree dell’economia cinese sono ancora bloccate a causa dell’epidemia, con le stime di crescita del primo trimestre ridotte, in alcuni casi allo zero.

… et in pulverem reverteris!


Il post è stato lievemente modificato in data 23/2.


Ieri ho partecipato a una conferenza presso una biblioteca pubblica a riguardo delle cosiddette Dat, ovvero le Dichiarazioni di volontà anticipate per i trattamenti sanitari, che, dopo due anni dall’approvazione (legge, 2 dicembre 2017, n. 219, pubblicata in G.U. n. 12 il 16 gennaio 2018 ed entrata in vigore il successivo 31), dal 1° febbraio scorso trova effettiva applicazione.

A latere, ho spiegato, per chi non lo sapeva (ed erano molti), come avviene tecnicamente la cremazione dei cadaveri (e, successivamente, dei resti mortali esumati nei cimiteri dopo il periodo di concessione). Nel Veneto si arriva ormai quasi al 50% di cremazioni, e nella provincia di Bolzano, mi dicono, a punte dell’80%.

Cosa si può leggere sul famigerato e ognipresente “internet”?

“Dopo un paio d’ore, l’operatore, che può controllare l’interno del forno mediante uno spioncino, spinge dall’esterno i resti verso una zona di raffreddamento. Da lì vengono raccolti e posti su un setaccio a vibrazione, che elimina le polveri più fini. Quindi con una calamita viene separato il materiale metallico rimasto (chiodi della bara, eventuali protesi, ecc.). Infine le ceneri rimaste vengono raccolte e sigillate in un’urna, consegnata ai parenti”.

Dunque le ceneri sono consegnate ai parenti. Si tratta in prevalenza del prodotto delle ossa poiché delle parti "molli" non rimane praticamente nulla. Le ossa nella combustione subiscono  una specie di cristallizzazione, perciò sono successivamente passate in una macchina dotata di un rullo compressore che le frantuma a dovere. Insomma, un vero e proprio trattamento industriale!

Ciò avviene, come detto, per i cadaveri, ma poi può avvenire anche per i resti mortali esumati nei cimiteri al termine delle concessioni (DPR 15 luglio 2003, n. 254), che la legge attuale vieta siano perpetue. Il fenomeno degli inconsunti esumati è molto rilevante, negli ultimi decenni si arriva in certi luoghi al 70-80%. 

Lo sversamento delle ceneri, cioè di quelle non richieste o inserite nell’urna (ne contiene al max 5 kg.) o comunque di quella parte che non è consegnata per una sistemazione privata, sono avviate, giocoforza in forma massiva, anonima, indistinta e promiscua in apposita area di smaltimento (DPR 10 settembre 1990, n. 285 e circolari applicative).

Che dice al riguardo il Catechismo della Chiesa cattolica?

Art. 990 – Il termine “carne” designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. La “risurrezione della carne” significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (Rm 8,11) riprenderanno vita.

Non resta che rintracciarli.

mercoledì 19 febbraio 2020

Politica estera




Pare che la Corsica chiederà l’annessione all’Italia.

Né l'attesa, né l'ottimismo



A Napoleone poteva andare peggio. Se Sant’Elena è sperduta in mezzo all’Atlantico, molto più a sud c’è Tristan da Cunha, davvero un’isola fuori dal mondo.

Tristan da Cunha, dell’omonimo arcipelago dell’Oceano Atlantico meridionale, è un’isola vulcanica attiva di forma circolare con una superficie di 78 km quadrati, di difficile approdo per le navi, spazzata da venti di forza inaudita, capaci di spostare pietre di grandi dimensioni. Di questo arcipelago Tristan è l’unica isola abitata (250 ab. nel 2018), dista 2.810 km da Città del Capo e a 2.172 km a sud dell’isola di Sant'Elena.

In un’occasione Tristan rimase per quattro anni interi completamente isolata. In un inverno morirono di fame trecento mucche. Gli isolani si davano i turni per avvistare navi all’orizzonte e quando finalmente ne scorsero una, molti uomini si lanciarono all’inseguimento su diverse barche nonostante il mare in tempesta. Non raggiunsero la nave e non tornarono. Rimasero nell’isola donne, anziani e bambini e il Regno Unito offrì loro l’opportunità per trasferirsi in Inghilterra, ma il rifiuto fu categorico.

Nel 1961, la terrà tremò e un’impressionante colata lavica lambì il villaggio generando un paesaggio lunare. Tutti gli abitanti furono trasferiti in Inghilterra dove si offrì loro accoglienza, lavoro, abitazioni e si tentò di convincerli a restare. La decisione dei tristanesi fu sostanzialmente unanime e nel 1963 ritornarono sulla propria isola.

La vita economica sull’isola fu improntata per molto tempo ad un elementare forma di comunitarismo, con la distribuzione equanime dei prodotti dell’allevamento e della agricoltura. Ciò fu reso possibile dalla scarsità della popolazione, dal limitato prodotto disponibile, dalla ridotta divisione del lavoro, ecc..

All’opposto di queste primitive condizioni economico-sociali, una società di tipo completamente nuovo diventerà non solo possibile ma costituirà l’approdo storicamente ed economicamente necessario quando saranno raggiunti livelli elevati di sviluppo tecnologico, di produttività del lavoro e di massima concentrazione dei mezzi produttivi. Ossia quanto il lavoro in forma immediata tenderà a cessare di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro di essere la sua misura e il pluslavoro della massa cessarà di essere la condizione dello sviluppo della ricchezza generale. Malgrado le apparenze sembrino contraddire tutto ciò, è proprio quello che poco alla volta si sta facendo strada già a partire dalla nostra epoca.

Ovviamente perché tutto ciò s’avveri non basterà né la paziente attesa né il semplice ottimismo.

martedì 18 febbraio 2020

Un amico dell’uomo comune



Il miliardario Michael Bloomberg (un patrimonio di 60 miliardi di dollari) ha speso oltre 300 milioni di dollari in pubblicità televisive e su internet per presentarsi come “Mike”, un combattente per il progresso e un amico dell’uomo comune.

La campagna pubblicitaria di Bloomberg comporta distorsioni così grottesche che un commentatore ha ricordato la massiccia campagna pubblicitaria della Ford Motor Company, agli inizi della televisione, per promuovere un nuovo entusiasmante modello chiamato Edsel, probabilmente l'auto più brutta e senza successo mai prodotta.

Bloomberg spende in media oltre 1 milione di dollari il giorno solo per le pubblicità su Facebook. Prima delle primarie del 3 marzo dette “Super Tuesday”, quando ci saranno le votazioni in 14 stati, Bloomberg avrà speso 40 milioni di dollari in pubblicità televisiva e su Internet solo in California, 33 milioni in Texas, 9,5 milioni in Carolina del Nord e 6 milioni in Massachusetts . È l'unico candidato presente nelle trasmissioni televisive in Virginia e Alabama. Ad eccezione del miliardario Tom Steyer, nessun altro candidato democratico ha finora speso 10 milioni complessivi nei 14 gli stati nei quali si svolge la competizione.

Negli Usa non c’è un tetto alle spese elettorali, ma chiunque può concorrere democraticamente a qualsiasi carica pubblica. È per questo che chiamate gli Stati Uniti la “grande democrazia”?

Scriveva Luciano Canfora che il sistema è dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali” (La democrazia, p. 331).

lunedì 17 febbraio 2020

Puttanieri



Il mondo è caduto in un’imbecillità quanto mai dannosa nel momento in cui nel suo insieme sta acquisendo i mezzi che sembrano renderlo più intelligente. E come ben sappiamo questo non è l’unico paradosso dell’epoca presente.

Coloro che si sentono inguaribilmente attratti delle diuturne e snervanti “polemiche” televisive che costituiscono la principale attività degli eunuchi del potere, vale a dire di quei puttanieri che campano di simili spettacoli, provano una volta di più di non avere alcun potere sulla propria vita e di non aver imparato nulla riguardo la natura del potere e dei suoi mercenari, i quali si esibiscono temerari perché sanno bene di non avere motivo di paura. Il coraggio e la viltà producono per qualche istante effetti simili.

Non aspettano che l’occasione per vestirsi in gran fretta della toga dei giudici del bene e del male, ricaricati come un vecchio orologio a cucù per scandirci sempre le stesse banalità, con la stessa tronfia e affettata convinzione dei sacerdoti in una chiesa. Cariatidi che sostengono il tempio consacrato, estremisti del consenso e fanatici della legalità, rispettati mistificatori di tutte le menzogne e gli abusi correnti, critici laterali e compiaciuti di un sistema da cui ricevono lauti compensi.

Diceva Georg Christoph Lichtenberg di non conoscere un uomo al mondo che essendosi trasformato in canaglia per 1000 talleri, avrebbe preferito restare un onest’uomo per metà della somma.

venerdì 14 febbraio 2020

A me sembra poco




Il sindaco ha respinto la mozione con la motivazione che “l'unico modo per debellare l’ideologia sbagliata del fascismo è dimostrare con i fatti che la nostra idea di Stato, liberale e democratico, è quella giusta, è una mozione strumentale e anacronistica”.

Il sindaco ha ragione sull’anacronismo, ma non credo che la vera motivazione del respingimento della mozione sia stata questa. Nel dopoguerra sarebbe bastato un codicillo di poche righe perché della toponomastica, dei simboli e degli “onori” tributati a gerarchi e collaborazionisti fosse fatta piazza pulita (non lo face l’arti 4 della l. Scelba, circoscritto poi dalla decisione della corte cost. nel 1956). Neanche questo è stato fatto. Nella "barbara" Germania ti sbattono dentro, punto. Togliatti, ministro della Giustizia, ebbe solo fretta di amnistiare e reintegrare, oltre che avallare l’art. 7 della Costituzione (dunque entro i principi fondamentali di essa!) come piaceva alla DC e ai cattolici nell’ombra del suo stesso partito.

Debellare l’ideologia sbagliata del fascismo! Solo sbagliata? Fanculo. Quello che rattrista di più è vedere la gente che cerca, da una parte o dall’altra, le proprie idee entro il mercato, che offre molto spettacolo e nessuna vera nuova idea. Da un’alienazione all’altra, non sanno più in quale vuoto lanciarsi.

“E quando la sorte fa che il popolo non abbi fede in alcuno, come qualche volta occorre, sendo stato ingannato per lo addietro o dalle cose o dagli uomini, si viene alla rovina di necessità (Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio).

L’ideologia del fascismo fu ritenuta giustissima da buona parte degli italiani, e oggi in molti la rimpiangono, apertamente o sottotraccia, per le “cose buone” fatte dal regime: “Ah, quando c’era Lui, cara signora, allora sì che le cose funzionavano e i delinquenti finivano e restavano in galera!”. E il loro capo a palazzo Venezia. È la fatalità, non tutta italica per la verità, di vestirsi da reazionari con nonchalance. Chi vuoi che se lo ricordi o che gl’interessi che cos’è stato veramente il fascismo.

È vasto il corollario di luoghi comuni sul regime anteguerra, come dimostra il libro di Francesco Filippi, Mussolini ha fatto anche cose buone. Sottotitolo: Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo. Una delle bufale che mi ha divertito di più, che non conoscevo, è quella su “Mussolini impose uguali diritti per uomini e animali”(p. 122). Vero, soprattutto a riguardo di certi sottouomini. Non solo oppositori ed ebrei, ma penso anche agli etiopi e ai libici. Carne umana anche quella, o no?

Stanchi della malavita elettoralmente imposta, gli italiani nel tempo si sono dati a questo e a quello, anche a Berlusconi. Ve lo ricordate? Suvvia, almeno una volta l’avrete votato. E ancor prima il voto ad Almirante. Ricordate il ”voto di protesta”, come fu chiamato nel 1972? Tre anni durò quel “dibattito”. Il buon cittadino, che impreca e dubita, vota sempre, attratto come un pesse bauco dalle acciughe o come le mosche dai meloni.

Volete dopo un secolo togliere l’”onore” a Mussolini per offrirlo poi a chi? Ad Almirante, rispose Verona. Almirante che fu capo di gabinetto al ministero della Cultura Popolare proprio in quella vicina Salò, e poi fondatore del partito neofascista in età repubblicana. A lui vogliono titolare una via. A me pare poco, sarebbe meglio un piazzale.

giovedì 13 febbraio 2020

Disobbediente


Disobbedisco, di Giordano Guerri sull’avventura fiumana di D’Annunzio, è un libro sincero e seducente quanto può esserlo un romanzo ricco di personaggi e fatterelli curiosi raccontati con una scrittura leggera e scorrevole (*). Chi lo legga può farsi l’idea, se già non l’aveva, di un uomo divorato dal proprio mito, un “orchestratore di suggestioni” che per sfuggire la noia si mise a capo di tutti gli spostati e adepti della vita pericolosa.

Gli va riconosciuta l’intuizione che quella effimera capitale della perturbazione poteva essere il labirinto migliore per trattenere quel genere di viaggiatori che in quelle poche strade avrebbero scoperto il punto culminante del tempo.

Se D’Annunzio fosse stato davvero disobbediente avrebbe dovuto ammettere che non potevano più esserci né poesia né arte e che si stava tentando di trovare di meglio. Non fu così illuso, neanche per un solo istante, di credere che la cosiddetta Reggenza del Carnaro potesse durare, perciò decise per il carnevale, di dar sfogo ad ogni mascherata e fondo a tutti i coriandoli, di riservare a sé e di recitare fino all’ultimo la parte dell’incantatore di serpenti.

(*) Anche troppo leggera e a volte involontariamente esilarante, come quando scrive: “Partì in treno, anticipando pure in questo i capi sovversivi Lenin e Mussolini” (p. 19). L’accostamento mi sembra perfetto: l’arrivo di Vladimir Il'ič alla stazione Finlandia con quello di D’Annunzio a Quarto. Quanto alle note si va per il solito modo in questo genere di letteratura. Cercavo, solo per fare un esempio, qualche riferimento circa il narrato mancato incontro tra Gramsci e D’Annunzio. Nulla.


mercoledì 12 febbraio 2020

L’amante del Premier




Quando Wilson fece piangere Vittorio Emanuale Orlando


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Frances Louise Stevenson (7 ottobre 1888 - 5 dicembre 1972) a scuola aveva fatto amicizia con Mair, la figlia di David Lloyd George. Nel luglio del 1911, Lloyd George, allora Cancelliere dello Scacchiere, assunse Frances come governante per la figlia minore Megan. La ventenne Frances e il quasi cinquantenne David divennero amanti. Frances accettò di diventare la segretaria personale di Lloyd George alle sue condizioni, inclusa una relazione sessuale.

Questa relazione è rimasta uno dei segreti meglio custoditi della House of Commons (quindi ignoto al grande pubblico). Secondo lo storico Dan Snow, Lloyd George “era il tipo di uomo che s’innamorava tre volte al giorno”. Un biografo ha scritto un libro sulle donne di Lloyd George.

Nel 1918 Frances fu creata comandante dell’Ordine dell'Impero Britannico e accompagnò Lloyd George, allora premier, alla Conferenza di pace di Parigi del 1919. La loro abitazione era vicino a quella parigina del presidente Wilson.

Nel 1943, due anni prima di morire e a due anni dalla morte della prima moglie, l’ottantenne Lloyd George sposò Frances, nonostante la forte opposizione dei figli di primo letto. In tal modo Frances divenne contessa Lloyd-George di Dwyfor.

Nel 1929, Frances Stevenson, dopo due aborti (secondo quanto dichiarato alla BBC da sua nipote), ebbe una figlia, Jennifer Mary († 2012). Frances aveva avuto una relazione con il colonnello Thomas F. Tweed, romanziere e funzionario del Partito liberale che lavorava nell’ufficio di Lloyd George. Secondo fonte citata da Wikipedia, Stevenson incoraggiò [encouraged] Lloyd George a credere che la bambina fosse sua, ma è più probabile che suo padre fosse Tweed.

martedì 11 febbraio 2020

Il muratore di Dovia


Sulla Domenica del Sole 24ore, si può leggere un articolo dal titolo: L’avventuriero di tutte le strade, a firma dello storico Emilio Gentile, che presenta un suo libro, in uscita il 13 febbraio, dal titolo Quando Mussolini non era il duce. L’articolo non dice nulla, e temo che anche il libro in questione finirà per dire la stessa cosa.


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Benito Mussolini fu fermato o arrestato dalla polizia elvetica in almeno tre occasioni dal 1902 al 1904. Esistono negli archivi svizzeri due schede antropometriche con foto istruite dalla polizia in occasione di tali arresti. A fianco dell’articolo di Gentile, compare la scheda antropometrica di quando fu arrestato dalla polizia ginevrina nell’aprile del 1904.

Penso sia interessante conoscere la storia di queste due schede antropometriche, e ciò mi offre l’occasione per dire dell’altro, specie a riguardo del socialismo e dei socialisti di quel tempo, quindi delle condizioni che portarono un personaggio di modesto livello come Mussolini a diventare un esponente di spicco del Partito socialista italiano, tanto da vedersi affidare la direzione del quotidiano del partito, l’Avanti!.

La fortuna, se così vogliamo chiamarla, lo accompagnò dal Congresso di Reggio-Emilia (1912). Divenne ancora più larga quando salì al potere, laddove all’infuori dell’estrema sinistra repubblicana, socialista e comunista, nessun partito o gruppo parlamentare gli rifiutò la collaborazione, salvo diventare tutti antifascisti della prima ora dopo il 25 luglio 1943.

Quanto esporrò è tratto prevalentemente dal primo volume della biografia mussoliniana scritta da Renzo De Felice. Tra parentesi riporto il numero di pagina.

De Felice si basò principalmente sull’autobiografia scritta dallo stesso Mussolini nel 1911-12, oppure su biografie che lo stesso storico definì apologetiche e auliche, valga per tutte citare quelle del De Begnac e del Ludwig (autore quest’ultimo di diverse biografia, compresa quella romanzata di Napoleone).

Si avvalse anche di due fonti dirette, quella della sorella Edvige, la quale ricorda, tra l'altro, come il fratello si appropriasse del denaro del suo salvadanaio (p. 15), e quella contenuta nella corrispondenza tra Mussolini e Santo Bedeschi, ossia a dire di quell’”amico” cui Emilio Gentile accenna nel suo articolo senza però farne il nome.

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lunedì 10 febbraio 2020

Le conseguenze in Cina


Il bilancio delle vittime dell’epidemia di coronavirus 2019-nCoV ha superato il numero di decessi causati dall’epidemia di SARS. Aveva infettato poco più di 8.000 persone e causò 774 vittime a livello internazionale tra il novembre 2002 e luglio 2003. Il 2019-nCoV ha infettato finora almeno 40.350 persone e causato 908 morti, tutti tranne due nella Cina continentale. Altri 2.656 nuovi casi domenica e 89 decessi. Sabato erano stati segnalati 3.399 casi. Al di fuori della Cina continentale, ora ci sono 368 casi confermati.

La stragrande maggioranza delle infezioni e dei decessi si sta verificano nell’epicentro dellepidemia, ossia nella provincia di Hubei (a due passi da Chongqing, la più popolosa città del mondo), la cui capitale è Wuhan con una popolazione di circa 11 milioni. Dal 22 gennaio, il governo ha tentato di impedire il movimento all’interno o all’esterno di Wuhan. Le misure di quarantena sono state estese a tutta la provincia di Hubei, interessando quasi 60 milioni di persone.

Mentre inizialmente si pensava che la trasmissione avvenisse solo attraverso il contatto ravvicinato con una persona infetta, i ricercatori ora credono che ci siano casi in cui il virus è stato trasmesso solo con una fugace esposizione. Se ciò si rivelerà esatto, è più probabile che il virus continui a diffondersi in Cina e altrove. Non ci sono prove di un suo rallentamento in Cina.

domenica 9 febbraio 2020

I reucci del bluff



Che cosa ci si poteva aspettare da gente pigra che non ha preoccupazione diversa dalla cura del proprio benessere? Ci voleva tanto per varare una norma che stabilisse che almeno per i processi dove sono in causa eventi che hanno riguardato morti e feriti gravi la prescrizione non ha luogo da subito? Come primo passo sarebbe bastato, e invece s'è di fronte a una miriade di proposte e varianti la cui sintesi sarà il solito guazzabuglio di compromessi.

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Quando appare in tv ha l’aria furbesca e ramminchionita dell’azzeccagarbugli manzoniano. L’illustre giureconsulto ha dovuto interrompere la complessa e poliedrica sua attività che fino ad allora lo aveva caratterizzato per assumere, prodigiosamente e per ben due volte nell’arco di pochi mesi, quella di presidente del Consiglio.

Caduto nel bagnasciuga il governo con la Lega, mondato dalle croste e delle tare che in tale esperienza aveva, certo suo malgrado, maturate, s’è assunto il fardello di un nuovo sodalizio governativo con il partito che fino ad un’ora prima costituiva la punta di lancia, si fa per dire, dell’opposizione.

Quando vede i suoi fulvi capelli agitarsi al soffio di un venticello di fronda, immediatamente si adegua, intimorito che gli siano negati i voti per restare assiso nella sua dorata poltrona. Invece ci sarebbe stato molto da dubitare che la sparuta compagine toscana mantenesse fede alle minacce e facesse mancare il suo voto favorevole.

Del resto, dopo eventuali elezioni anticipate, che farebbe quel gagliardo di Renzi, esaurite le conferenze pagate, se non l’ex senatore disoccupato? Quel 4% dato al suo partitino dai sondaggi è di pura convenienza di giornalisti e dei doxatori stessi, per non far perdere appeal alla gara.

Ritenendosi dotato d’idee penetranti e profonde, nonché di inossidabile carisma, in breve tempo s'è fatto odiare da tutti, perfino da coloro che gli devono qualcosa o anche molto. Troppi nemici per tentare nuovi camaleontici paludamenti, tanto che non gli resterebbe altra via che ritirarsi nel proprio cospicuo eremo ove potersi concedere finalmente un meritato riposo.

Verrà ricordato per la smodata improntitudine, l’incontenibile ego, i funambolismi finanziari.  


sabato 8 febbraio 2020

Che cosa succede a pochi chilometri da Sanremo?


Premesso che in tv ognuno di noi guarda quel cavolo che gli pare e che ogni tanto abbiamo pure il diritto di rilassarci, tuttavia resta in alcuni lo stupore per il successo, anno dopo anno, per uno spettacolo francamente molto modesto e banale, come il festival di San Remo, che poteva avere un senso nei primi decenni del dopoguerra, ma oggi? Vero è che ci sono altri programmi televisivi di grande successo davvero vomitevoli e che danno la misura dell’epoca scadentissima in cui viviamo.

Ma che cosa sta succedendo a pochi chilometri da Sanremo, in Francia, laddove gli impiegati di Radio France interrompono gli sproloqui del presidente cantando il coro degli schiavi del Nabucco?

Negli ultimi tempi ci sono stati in Francia otto morti e molte centinaia di feriti tra i quali molte decine in modo gravissimo, non pochi tra la vita e la morte. Questa la risposta del governo francese alle proteste sociali. I leader politici e i soliti editorialisti della libera stampa hanno definito questo massacro come “bavures”, letteralmente errori, sbavature. E in molti casi arrivano a parlare di “guerriglia urbana” anche in manifestazioni in cui si vedono solo eventi ludici.

All’indomani degli attacchi terroristici del 13 novembre 2015, François Hollande dichiarò lo stato di emergenza e diede al suo ministro dell’Interno i poteri dalla legge del 1955 approvata all’inizio della guerra algerina. Lo stato di emergenza è stato rapidamente deviato dal suo scopo dichiarato per essere prolungato e utilizzato soprattutto per colpire anche ambientalisti e dimostranti di ogni genere. Si è arrivati al punto che i prefetti vietano preventivamente ai cittadini di manifestare per qualsiasi motivo (insegnanti, ferrovieri, infermieri, medici, autotrasportatori, i portuali bloccano gli ingressi del Louvre, ecc.) con il pretesto che si potrebbero verificare atti di violenza. Oltre 3.500 manifestanti sono stati condannati dai tribunali, finora.

Un ritorno al passato, quello repressivo.

In Italia, invece, abbiamo ampia difficoltà di manifestare nelle strade e nelle piazze, contro il Nulla e muti come pesci.

venerdì 7 febbraio 2020

Una merce come altre


La legge appena varata dal Senato, dopo il voto favorevole e unanime della Camera dei mesi scorsi, sulla commercializzazione dei libri, che riduce gli sconti praticabili dalla già prevista soglia del 15% fissata nel 2011 ad appena il 5%, è a mio parere la solita bischerata (ad imitazione dei francesi).

Bischerata non tanto per i motivi addotti a suo tempo dalla pur attenta Vitalba Azzollini, la quale ritiene che “un’agevolazione fiscale a taluni, privando di risorse il bilancio pubblico, si traduce in un costo a carico di altri”. Senza negare il fatto osservo che sulle agevolazioni fiscali ad capocchiam potremmo disquisire per mesi senza venire a capo di nulla.

Si tratta di altro e di ben più semplice.

giovedì 6 febbraio 2020

Differenze tra la Croazia e la Sicilia


Faccio seguito brevemente al post di ieri che aveva per tema il patto di Londra e la questione di Fiume. Proprio oggi pomeriggio, in libreria, lo sguardo mi è caduto su un volume con un titolo di grande impegno: 1919. La grande illusione. Dalla pace di Versailles a Hitler. L'anno che cambiò la storia del Novecento, di Eckart Conze, uno storico tedesco con un curriculum di tutto rispetto.

Riguardo il Patto di Londra e i confini italiani sull’Adriatico, l’Autore scrive:

«Se nel centro della città la popolazione era a maggioranza italiana, gli abitanti dell’intera area urbana erano prevalentemente croati. Nel 1919 non soltanto questo era un problema, ma anche il fatto che l’impero asburgico, a cui un tempo apparteneva la città, non esisteva più. La Croazia non faceva più parte dell’Ungheria, ma era una parte del nuovo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi costituitosi alla fine del 1918 e che – attraverso la delegazione serba – era rappresentato anche a Parigi».

Ciò non è esatto, e non si tratta di una mera questione terminologica o classificatoria. Troppo spesso gli storici pubblicano libroni di centinaia di pagine (un po’ come le mostre di pittura: da Tiziano a van Gogh, per dire dell'astuzia bigliettara) collazionando notizie prese qui e là piuttosto che rifarsi a fonti primarie. Ciò induce molto spesso a imprecisioni e non di rado a veri e propri rovinosi “incidenti”.

mercoledì 5 febbraio 2020

Il Patto di Londra e la questione di Fiume


Il regno d’Italia, ancora nel 1914, si trovava di fronte a una questione geopolitica spinosa per quanto riguarda lo scacchiere nord orientale della penisola, quella di Trento e Trieste. Trento, Rovereto, Riva del Garda e la Valsugana, avevano per l’Italia un rilievo principalmente strategico-militare, la loro annessione avrebbe consentito di fissare una linea di confine territoriale più sicura. Per quanto riguarda invece Trieste, non si trattava solo di rivendicare la sovranità italiana sulla città giuliana, ma anche la creazione di un’area egemonica italiana nell’Alto Adriatico

Chi giunga ancora oggi nella capitale austriaca da sud, deve percorrere la Triester Straße, un percorso che partendo, per lappunto, dalla città giuliana, giunge fino a Vienna. Ciò può dare l’idea dell’importanza fondamentale che aveva il porto triestino per l’Austria (quello di Fiume, secondo precedenti accordi, serviva principalmente l’Ungheria). L’Austria non avrebbe mai rinunciato a questo suo imprescindibile snodo commerciale sul mare Adriatico, e pertanto l’Italia non poteva attendersi da Vienna alcuna effettiva rinuncia di sovranità effettiva su Trieste.

Il regno d’Italia, fin dal 1882, aveva stipulato un’alleanza con la Germania e l’Austria- Ungheria (Triplice Alleanza), in seguito più volte rinnovata. Era però chiaro che si trattava di un’alleanza fragile, della quale soprattutto Vienna non si fidava, per i motivi rivendicativi dianzi esposti, tanto che il feldmaresciallo Franz Conrad aveva proposto fin dal 1908 e poi nel 1911 un attacco preventivo al fine di mettere fuori gioco l’Italia. Anche nel corso delle trattative con lItalia per averla al suo fianco o quantomeno neutrale nel conflitto iniziato nel 1914, Vienna su Trieste soprattutto si mantenne intransigente. 

Veniamo al Patto di Londra. Esso fu concordato dal governo italiano, segretamente e allinsaputa del Parlamento, con i rappresentanti della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia). Firmandolo il 26 aprile 1915, l’Italia si obbligava a entrare in guerra contro gli Imperi Centrali. In cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il Trentino, il Tirolo meridionale, la Venezia Giulia, l’intera penisola istriana, una parte della Dalmazia – con l’esclusione di Fiume –, numerose isole dell’Adriatico, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sua sovranità su Libia e Dodecaneso.

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Woodrow Wilson, trovandosi a Mobile (Alabama) nel 1913, disse: «It is a very perilous thing to determine the foreign policy of a nation in the terrns of material interest […]. Do not think [...] that the questions of the day are mere questions of policy and diplomacy. They are shot through with the princirples of life. We dare not turn from the principle that morality and not expediency is the thing that must guide us [...]».

Wilson, professore di storia e moralista intransigente, sulla cui sincerità e onestà si possono tranquillamente nutrire i dubbi che furono, tra gli altri, di Luigi Aldrovandi Marescotti (nota 1), oppure di John Maynard Keynes, auspicava un mondo irenico dove i popoli fossero liberi di autodeterminarsi. Tuttavia la politica estera non è un ramo dell’etica, tanto più in un mondo diviso in Stati nazionali tra loro concorrenti

La politica coloniale europea era stata fino allora quanto di più pragmatico e di meno etico potesse darsi. Anche gli Stati Uniti, ab ovo, hanno sempre usato ogni mezzo, compresa la guerra, per tutelare  i propri interessi economici e strategici. Come del resto hanno sempre continuato a fare.

Nellultimo scorcio del XIX avevano fatto guerra alla Spagna per le Filippine, Portorico e l’isola di Guam e per il controllo di Cuba; qualche decennio prima la guerra al Messico, un conflitto sanguinoso, che fruttò il Texas, la California, il Nevada, l’Utah, l’Arizona e il Nuovo Messico. Quelle vittorie e annessioni non furono ottenute con la diplomazia, ma con le armi.

Quella di Wilson fu soprattutto alterigia moralistica di un presbiteriano rappresentante di un’America satolla che per oltre un secolo, con le buone o più spesso le spicce, aveva conquistato e annesso tutto ciò che rientrava nella sfera dei suoi interessi (perfino l’annessione delle “isole del guano”, salvo disinteressarsene dopo averle completamente raschiate), postulando, nella dottrina che prese il nome di un suo presidente, James Monroe, il diritto di considerare il resto del nuovo continente come il suo “cortile di casa”.

Gli Usa occupavano nel 1919 un territorio molto più esteso dei propri confini nazionali e da tempo si erano proposti come “forza morale” con la pretesa di intervenire ovunque e con ogni mezzo per difendere la libertà e la democrazia, in realtà anzitutto per conto dei propri interessi. Sia chiaro, scrivendo queste parole, non li sto biasimando, ma semplicemente mettendo in chiaro che non agivano per gli ideali superiori che essi in ogni simile situazione invocano.

Per esempio, al termine del primo conflitto mondiale, la controversia  impegnò gli Usa, il Giappone e l’Australia,  riguardo le isole Caroline, già possedimenti tedeschi.

Gli esiti della Conferenza di Parigi del 1919 dimostrano ampiamente l’aleatorietà di certi astratti principi, talora strettamente applicati (contro l’Italia, il Vicino Oriente, ecc.) e talaltra lasciati molto laschi (Polonia, Romania, Cecoslovacchia). Non per nulla i tedeschi chiesero un armistizio basato sui 14 punti wilsoniani, che peraltro furono modificati su richiesta degli Alleati. Un tipo non certo malleabile, come Clemenceau ebbe a dire di Wilson: “Non penso che sia un uomo cattivo, ma non ho ancora deciso quanto ci sia di buono in lui” (2). Per colmo, com’è noto, gli Stati Uniti non aderirono alla Società delle Nazioni, che fu promossa dal loro stesso presidente.

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