mercoledì 28 marzo 2012

Pierino e il sindacalista della Fiom


Finalmente un po’ di chiarezza. Non è giusto però che a farla siano sempre i padroni tramite i loro servitori. Scrive Piero Ottone sul giornale della borghesia illuminata: Maurizio Landini è il leader della Fiom, è il capo della sinistra sindacale. Ed è un sindacalista irriducibile: sempre in lotta, mai (o quasi mai) d' accordo”. Ha ragione Pierino, “Landini è diverso”, è uno dei pochi sindacalisti che non si fa corrompere, perciò è uno stronzo che non capisce quali siano oggi le priorità del capitale e del padronato.

Scrive Pierino che Landini “non parte dalla globalizzazione, con tutte le conseguenze che sono all'origine della crisi attuale. Lui parte della Costituzione, che gli sta bene”. Non parte Landini dal profitto, ma dalle leggi fondamentali e dalla tutela dei lavoratori. E per un sindacalista del terzo millennio si tratta di una cosa folle. “Al centro del suo universo, quello in cui crede, campeggia il lavoratore, col pieno diritto, sacro e inviolabile, a un posto equamente retribuito, a una paga che gli consenta di mantenere se stesso e la sua famiglia, a una pensione quando non dovrà più lavorare. Questi sono i dati di partenza, i dati imprescindibili”.

Pezzo di merda è Landini e quelli come lui. Il salario, la famiglia, la pensione, ma dove cazzo pensa di vivere? Di sacro e inviolabile c’è solo il capitale e il suo diritto storico di disporre a piacimento della merce acquistata sul mercato, quello degli schiavi. Per non dire di quel visionario di Marx, “il quale, ottimista a modo suo, era convinto che l'ordine vigente, imperniato sul Capitale, sarebbe morto comunque di morte naturale, per via delle sue contraddizioni interne. Ma Marx non sconsigliava certo qualche spinta per accelerarne la fine, se si presentava l' occasione”. Un rivoluzionario, un No-Tav ante litteram!

Dopo queste scoperte finalmente rivelate dall’ex direttore del Corriere, coraggioso a modo suo, l’articolo chiude così:

“A me sembra che l'impostazione sindacale di Landini, che parte dai princìpi (repubblica imperniata sul lavoro, diritto di ogni cittadino al lavoro) piuttosto che dalle leggi naturali (domanda, offerta, libero scambio) appartenga alla cultura di sinistra di quegli anni ormai lontani: che sia una scheggia di quel sindacalismo che prevaleva nell'Italia del dopoguerra, figlio dell'estremismo di sinistra”.

Leggi di natura, richiamo della giungla, finalmente si mettono le cose in chiaro. Bravo Pierino. Quali diritti, quale cittadinanza, sono ubbie estremiste al pari della dottrina sociale della Chiesa, contaminata da vaghissime idee socialisteggianti. In definitiva quelle di Ottone sono, sia pure nel tono acceso dalla polemica, le stesse idee del fu Luigi Einaudi. Perciò poche chiacchiere, lavorare! Oggi il salariato ha il dovere di competere, di affrontare a viso aperto la sfida della globalizzazione. Lo dice ogni domenica anche Scalfari, dimenticandosi di chiarire da chi sia voluta ‘sta cazzo di globalizzazione e con quali demenziali criteri attuata.

Al capitalista il profitto appare come qualcosa che rimane al di fuori del valore immanente della merce e tuttavia egli sa bene che solo accrescendo il grado di sfruttamento dell’operaio la tendenza reale del saggio del profitto non cala in rapporto al cambiamento della composizione organica del capitale. Eccoci al dunque: il capitale vuole uno sviluppo più libero possibile della produzione capitalista, non chiede la luna ma ciò che è un diritto fondamentale per la sua valorizzazione e riproduzione. E può realizzarlo al massimo grado solo a condizione della miseria e assenza di tutele della sua principale rappresentante, la classe operaia. Egli punta perciò all’espansione più sfrenata delle forze produttive sociali, senza preoccupazione per la sorte dei rappresentanti della produzione, siano essi operai o imprenditori concorrenti strozzati dalle banche.

Del resto, cari operai, di cosa vi eravate illusi? Avete dato retta alle parole dei demagoghi dei partiti, andava bene il capitalismo calmierato, la spartizione del plusvalore estorto al Terzo Mondo! Ora guardate in faccia la realtà, il Terzo Mondo s’è svegliato e il grande capitale non intende più spartire un cazzo con voi. Dovete competere o altrimenti rifare le valigie ed emigrare. È finita la cuccagna, per voi! Consolatevi con la decrescita felice di quel perditempo di Latouche che vede la produzione solo dal lato del valore d’uso, un vero colpo di genio in un modo di produzione dominato dal valore di scambio!

Un’ultima cosa: non prendetevela con quei poveracci di Monti, Passera e la Fornero. Non vengono dal sindacato, non hanno studiato alla Frattocchie. Anche se non sono anime comuni, stanno facendo solo il lavoro sporco per il quale sono stati assunti. Invece di andare alle elezioni e poi fare le riforme in proprio, Bersani, Fioroni, D’Alema, Veltroni, Damiano, Letta, Bindi, Finocchiaro e altri, hanno deciso di chiamare una squadra di pulizie ad hoc. Così credono di sviare la rabbia montante e fotterci il voto. Gli andrà bene comunque, non si faranno mancare né il pane e nemmeno il sonno.

5 commenti:

  1. Se fossi Landini metterei i pezzi da te citati di Ostellino nel mio curriculm vitae...

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  2. Commento ECCELLENTE!!!

    Caro Olympe di riporto una frase di Andreotti che ho letto da poco in un saggio:

    "le cose si sarebbero potute indirizzare diversamente, introducendo nella ricostruzione qualcosa di più nuovo: dando ad esempio un impulso gigantesco alla cooperazione come antidoto sia al collettivismo sia al capitalismo. Ma quali “esperti” ... consigliarono mai queste linee nuove, entro un ambito politico generale in cui si parla molto di riforme, ma si è poco propensi ad elaborarle e imporle?”

    Scritta nel '77, ma la considero ancora attuale e viva perché se i "signori" che si riempiono la bocca di riforme e cambiamento, di fatto, non propongono alcunché, non capisco di che cosa ci stiamo lamentando??? Mistero.

    Il saggio, a mio avviso, molto illuminante (con tutti i suoi limiti e difetti, sia della persona, sia in termini di modi e contenuti) è di Bruno Jossa (a quanto pare, un teorico del socialismo democratico, ma che offre -e qui i limiti accennati- anche una proposta tecnico-giuridica): "Sulla transizione dal capitalismo all’autogestione".

    Almeno qualcuno ci sta provando.

    saluti

    ps: Ho letto anche il commento di Luigi (2 post fa). Non me ne vogliate se non considero tutto il lavoro dipendente (anche quello nero e nascosto) come oggetto di sfruttamento funzionale al profitto. Parli bene quando parli di classe operaia, quella classe di lavoratori dai non specializzati in giù, perché quelli di sopra, mica sono sfruttati così.
    C'è un ampia letteratura in merito dove si dimostra che lo sfruttamento (che si basa sulle ore di lavoro e la conseguente minimizzazione delle stesse) è possibile unicamente sulla manodopera generica, mentre la manodopera specializzata (a volte anche quella non specializzata, ma paraculata) viene "sfruttata" in base alla loro tecnica, per cui il surplus generato viene spartito (più o meno ragionevolmente, quando ai piani alti, ma anche medi -impiegati e professionisti-, viene incassato quasi del tutto se non tutto e più anche dai manager lavoratori dipendenti) e il capitalista spartisce volentieri dove non minimizza affatto le ore di lavoro.
    Marx aveva torto a considerare tutti i lavoratori allo stesso modo o, per lo meno, nel suo modello esemplificativo avrebbe dovuto spiegarlo chiaramente. Si dimostra matematicamente (volendo posso indirizzarti alle letture in merito) che gli unici sfruttati siano quei lavoratori facilmente rimpiazzabili nei vari processi produttivi, cioè gli ultimi della catena. Per questi motivi io non darei affatto la gestione dell'impresa anche ai piani alti, ma è altrettanto vero che gli operai sono in minoranza nel Paese e che difficilmente conquisteranno anche gli intellettuali se non cedono una parte anche a quella manodopera specializzata e professionale, che senza di essa, comunque, non potrebbero alcunché, appunto, perché sprovvisti di sapere (sapere è potere per non citare il "Mito della caverna" di Platone).

    saluti anche a Luigi se ci legge

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  3. Cara Olympe, lei chè è preparata assai meglio di me, potrebbe fare un post, sulle questioni sollevate da Tony, come ad esempio: "non considero tutto il lavoro dipendente (anche quello nero e nascosto) come oggetto di sfruttamento funzionale al profitto", oppure " Marx aveva torto a considerare tutti i lavoratori allo stesso modo[...] Si dimostra matematicamente che gli unici sfruttati siano quei lavoratori facilmente rimpiazzabili nei vari processi produttivi, cioè gli ultimi della catena".
    Quantomeno, potrebbe rispondere direttamente al suo scritto, che considero alquanto ingenuo.
    Di mio, mi limito a dire che..."Il capitale rimodella di continuo le classi subalterne, a seconda delle necessità, l’essenziale è che diano plusvalore, diretto o indiretto".

    Un saluto ad entrambi.

    Luigi

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  4. a me sembra che la tua risposta sia, pur sintetica, molto esauriente

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  5. aiaiaiaiaiaiai!!!!

    Sembra che ci sia un nervo scoperto, ancora oggi, dopo decenni di scritti e dimostrazioni matematiche. Non mi sarei mai aspettato un intervento del genere. E guardate che se continuiamo a scrivere in questo modo ci prendono per ignorantoni, e con ragione parlando. Ragazzi, andate oltre "Il Capitale" e andate oltre Marx.

    Tanto con la retorica. A questo punto, sara' mia premura concentrarmi sull'argomento per dare una risposta esauriente e completa nelle prossime settimane che, a quanto pare, manca come l'aria che respiriamo.

    Per comunicare la ragion delle nostre idee, sono le stesse che devono essere ragionevoli, scientificamente vere. Lo stesso Marx che si richiama alla scienza, oggi avrebbe rivisto sicuramente un po' delle sue teorie, integrandole e sviluppandole ulteriormente: la scienza e' un concetto dinamico che, in assenza della dinamicita' non resta che il dogma.

    La teoria del valore-lavoro che sta alla base della teoria dello sfruttamento del capitalista ha ancora ragion di esistere, ma non nei termini originali, come anche lo stesso Marx, che dovrebbe essere visto, si', come il piu' grande anticipatore, forse di tutti i tempi, ma non e' l'unico e non e' neanche un dogma da non poter mettere in discussione. Per la precisione, era anche un pessimo matematico.

    Anzi, forse ho fatto bene di sopra a sollevare la questione (che pensavo fossero cose scontate e risapute, ormai assorbite) cosi', una volta per tutte, cogliero' l'occasione di mettere insieme decenni di controversie sulla teoria.

    saluti

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