giovedì 29 marzo 2012

Il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente


Si può parlare di comunismo in molti modi, per esempio in termini filosofici, andando a scomodare il terzo principio della dialettica che vede il superamento del capitalismo come negazione della negazione. Oppure secondo altre declinazioni. Nei media e quindi nell’umore più comune prevale però un modo reazionario d’intendere la questione del comunismo, il quale fa leva sulla mistificazione più sfrontata. Non è un andazzo recente se vigeva già ai tempi di Marx. Uno tra i tanti catechisti odierni dell’antimarxismo è Pierino Ostellino, il quale evince:

«Sempre vi sono stati nella storia uomini di varia specie, alcuni avventurieri, altri nobili d'animo, tutti ugualmente insoddisfatti del mondo in cui viviamo, e risoluti a cambiarlo: gli idealisti, i rivoluzionari. E tanti sono stati attraverso la storia i loro profeti. Il più famoso, quello le cui teorie hanno avuto conseguenze più profonde nel mondo in cui viviamo, fu Karl Marx».

In realtà Marx, fin dal Manifesto, opera che scrisse poco più che ventenne, afferma l’opposto di quanto contrabbanda Pierino: «Le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto su idee, su princìpi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del mondo».

Precisa in un altro scritto giovanile: «Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente».


Marx sottolinea un fatto fondamentale, ossia che «Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti in “una volta” e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che il comunismo implica».

Piero Ottone prosegue:

«Venne il momento favorevole: nel 1917, i suoi seguaci [di Marx] abbatterono lo zar, spazzarono via quel che esisteva in Russia di capitalismo industriale, si accinsero a costruire il famoso mondo diverso, fondato sui diritti del lavoro. Sappiamo come è andata finire. Lo Stato costruito secondo i princìpi rivoluzionari non funzionò: già negli anni Venti Lenin dovette correre ai ripari con la Nuova Politica Economica, che timidamente restaurava, in piccola parte, l'ordinamento che era stato distrutto. Poi vennero la dittatura, la tirannide, la miseria universale».

Un concentrato di menzogne. Anzitutto lo zar fu abbattuto non dalla rivoluzione d’Ottobre ma dall’insurrezione del febbraio-marzo 1917 che insediò il governo provvisorio di Lvov e poi di Kerenskij. Vero che furono spazzati via i capitalisti, ma non l’industria che anzi ebbe uno sviluppo formidabile. Sono queste tipiche “imprecisioni” con le quali immancabilmente i reazionari guarniscono le loro ricostruzioni storiche. Tuttavia concentriamoci sull’accusa di “dittatura e di tirannide” e chiediamoci da quale semente nasceva la rivoluzione russa.

Primo: possiamo ignorare le condizioni storiche oggettive in cui sortì quella rivoluzione, la guerra imperialistica europea, quindi tacere sul fatto che la Russia era ancora estesamente un paese feudale laddove l’assolutismo tirannico, lo spietato classismo e la miseria più nera perduravano da sempre? Per contro è azzardato quindi affermare che le condizioni di vita delle masse nelle campagne e nelle città ebbero in seguito alla rivoluzione concreti miglioramenti nonostante le drammatiche condizioni dalle quali uscì la Russia dopo la guerra civile sostenuta dalle potenze occidentali?

Secondo: possiamo dimenticare che l’Urss subì un blocco economico feroce e l’isolamento fino all’invasione nazista, cioè fino al momento dell’aggressione di quel mostro sociale e politico partorito dalla crisi del sistema capitalista con il favore o almeno l’indifferenza delle classi dirigenti dell’intera Europa? Posto questo e molto altro, si può affermare onestamente che lo stalinismo nato in tali circostanze storiche rappresentava la realizzazione degli auspici di Marx?

La diffamazione sistematica del marxismo e del comunismo si basa sempre sugli stessi espedienti di cui Ostellino offre uno scampolo a buon mercato, dimostrando peraltro di ignorare ciò che ha effettivamente prodotto d’essenziale la critica marxiana. Per Marx non è importante soltanto la legge che governa i fenomeni, egli ha scoperto, rimettendola cioè coi piedi per terra, la legge del mutamento dei fenomeni, del loro sviluppo e del loro trapasso da una forma ad un’altra. Proponendosi il fine di indagare e di spiegare l'ordinamento economico capitalistico da questo punto di vista, egli non fa che formulare con rigore scientifico lo scopo che non può non proporsi ogni indagine esatta della vita economica. Il valore scientifico di tale indagine sta nella spiegazione delle leggi specifiche che regolano nascita, esistenza, sviluppo e morte di un organismo sociale dato, e la sua sostituzione da parte di un altro, superiore. Naturalmente non è casuale che l’Autore de Il Capitale sia uno dei più citati ma dei meno letti da parte della borghesia e dei molti che ne parlano a sproposito.

Lo scopo degli Ostellino, per contrasto, è quello di assicurare il successo del vero imbroglio al quale siamo sottoposti: “il sistema in cui viviamo è il migliore dei sistemi sociali possibili”. Dimentichi di quanto ha partorito la crisi del capitalismo negli anni Trenta, gli apologeti della schiavitù capitalistica hanno fatto cedere, non solo alle masse proletarie ma a tutte le anime belle, che il capitalismo avrebbe garantito uno sviluppo sociale persistente in un ordinamento democratico partecipato dal basso.

Noi vediamo oggi quanto sia durata questa illusione protratta per alcuni decenni, ossia la promessa, che peraltro riguardava solo alcune centinaia di milioni d’individui dell’emisfero settentrionale del pianeta, di godere alcuni benefici dello sviluppo della produzione capitalistica. Troppo presto si è dimenticata la storia e si è elusa la questione sulla reale natura di questo modo di produzione, i suoi scopi reali e i modi per realizzarli.

Oggi, diversamente che un secolo fa, ci troviamo concretamente nella possibilità di agire su tutto il globo in tempo reale, di poter far convergere l’imponente sviluppo delle forze produttive, della scienza e della tecnica in un progetto sociale alternativo alla prigione dell’economia capitalistica che ha come unico scopo la valorizzazione del capitale e la mera e tribolata riproduzione di masse enormi di salariati ridotti in schiavitù. È oggi nella realtà delle cose la possibilità di una società e un’economia di tipo completamente nuovi, dove l’essere umano e la natura non siano solo materiale da sfruttare, soggiogare e violentare.

Ma questo Piero Ostellino non può comprenderlo, egli appartiene al passato come del resto tutta la sua classe sociale. Spetta a noi farla finita con questi zombie che ci succhiano il sangue e stanno portando il pianeta alla distruzione; è il momento di agire per il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.

5 commenti:

  1. Io mi sento abbastanza pronto, anche se non so che fare, a parte il fatto di aiutare, nel mio piccolo, la recessione.

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  2. Bisogna diffondere la semplice verità che le leggi del'economia e del mercato NON sono leggi naturali, ma modi di espressione della produzione umana: modi peraltro tutt'altro che innocui e innocenti.
    Paragonare la legge di domanda e offerta alla forza di gravità è la mistificazione che fanno lorsignori. Da sinistra a destra.

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  3. Nella cagnara dei media,
    la sostanza dell'informazione.

    Grazie!
    Ciao, gianni

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  4. siamo in molti Luca ad aiutare la recessione :(

    hai visto che avevo scritto ventenne con l'apostrofo?!! non mi hai detto niente. per fortuna ho riletto. tutto nasce dal fatto che inizialmente avevo scritto vent'anni, ma poi calcolando l'età esatta ho preferito ventenne. se ne scrivono di cazzate

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  5. Cara Olympe, questo post e specialmente il brano finale di esso, è stato un toccasana per il mio spirito.
    Ho letto l'ulteriore commento di Tony ( che saluto) nell'altro tuo post. Bene, non credi che le critiche mosse da Tony, debbano essere oggetto di discussione da parte tua, scegliendo tu, quale sia la forma migliore per esternare le tue critiche? (post o commento di risposta).
    Anche se credo comunque, che un bel post (anche lungo) sia il modo migliore, per chiarire (e non solo a Tony) la questione.
    Questione che per molti, è secondo me, dirimente.

    Ti saluto caramente.

    Luigi

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