mercoledì 7 marzo 2012

Il destino che se ne sbatte del cielo della patria



Sento il segretario della CGIL invocare la proposta di un’imposta patrimoniale per finanziare la cassa integrazione e in genere i cosiddetti ammortizzatori sociali, vale a dire le politiche di contenimento della miseria sociale dovuta alla disoccupazione. Il segretario della Fiom, ancora una volta, sostiene che bisogna creare lavoro. Leggo un intervento di Piero Barcellona che illustra come sia venuto meno il patto tra capitale e lavoro che aveva retto per decenni: voi schiavi state buoni e noi padroni vi garantiamo condizioni di sopravvivenza migliori. Oggi leggo in prima pagina del Manifesto un articolo in cui s’invoca “la mano pubblica” per rilanciare l’economia. Vai a dirlo a chi professa l’idiozia della “distruzione-creatrice schumpeteriana” (a qualunque titolo e con qualunque scusa sia stata pronunciata tale frase).

Scrive nel dettaglio l’articolista del Manifesto che lo Stato dovrebbe intervenire Con l'innovazione, ma anche investendo nel sociale con un modello di sviluppo diverso fatto di meno merci e più servizi. Rilanciando l'edilizia di recupero, non sottraendo territori per costruire nuove case visto che sono centinaia di migliaia quelle nuove e sfitte perché chi non ha casa non ha neppure reddito per acquistarla. In questa ottica una imposta patrimoniale è utile, ma sono se finalizzata a creare nuovo lavoro sostitutivo di quello che viene distrutto. Ma non basta: assieme alla patrimoniale sarebbe utile mobilitare parte dell'inutile reliquia, cioè le riserve di oro. Anche non vendendole, ma mettendole in garanzia di un prestito obbligazionario finalizzato a far ripartire lo sviluppo”.

Ma si rendono conto di cosa è avvenuto, di quanto sta avvenendo e ci sta piombando addosso? In Asia vive quasi il 60% della popolazione mondiale, con aree come l’Indonesia e la costa cinese laddove la concentrazione è di 1.000 ab/km2. Una riserva illimitata di manodopera e di potenziali consumatori. In base agli accordi internazionali WTO questo pianeta è entrato in concorrenza a costi irrisori con paesi come l’Italia, dove l’unica risorsa sono le braccia di chi lavora. Crediamo realmente – come sostengono certi furfanti – che ci si possa salvare dal disastro sul piano della competizione?

Prendiamo l’esempio della Cina. Il 14 Marzo 2011 nel corso della seduta conclusiva del Congresso Nazionale del Popolo sono state approvate le linee guida del 12° “piano quinquennale di sviluppo economico e sociale” in cui si prevede una diminuzione degli obiettivi di crescita annui al 7%, rispetto al 10,3% ottenuto nel 2010, e tuttavia si programma la creazione di circa 45 milioni di nuovi posti di lavoro. La trasformazione delle zone costiere da “fabbrica mondiale” a centro integrato di ricerca e sviluppo, di produzione avanzata e di servizi terziari; la costruzione di grandi centrali idroelettriche nel sud del Paese e l’ampliamento delle infrastrutture, con nuovi aeroporti, nuove autostrade e reti ferroviarie ad alta velocità, nonché la costruzione di 36 milioni di appartamenti economici per facilitare le famiglie a basso reddito. In Italia siamo alle prese, oltre che con le chiacchiere in tv, con il noto (e pare inutile) tunnel ferroviario e l’abbandono del porto di Gioia Tauro.

Nel 2010 in Cina gli investimenti immobiliari hanno raggiunto il 6,1% del PIL, quelli complessivi a oltre 1.000mld con un incremento del 17,4%, mentre in Italia, peraltro sotto tutela tedesca e con i francesi che tendono a farci le scarpe in ogni settore strategico, gli investimenti sono stati ridotti drasticamente. Qualcuno però pensa, come detto, di poter superare la crisi puntando sul rilanciando dell'edilizia di recupero o mettendo in garanzia le proprie riserve d’oro (un centinaio di miliardi).

Le entrate dell’erario cinese nel 2010 ammontavano a 941mld di euro, in aumento del 21,3% dal 2009; le principali ragioni dell'incremento di tale gettito vanno ricercate nella crescita del valore aggiunto della produzione industriale (+15,7%), il totale degli investimenti di capitale in immobilizzazioni (23,8%), le vendite al dettaglio di beni di consumo (+18,4%). L’Italia, sempre su input dei maghi d’Europa, invece punta sull’aumento delle accise sui carburanti e la tassazione delle tariffe, sulla contrazione dei consumi e la riduzione della spesa. E sulla liberalizzazione della vendita delle supposte, perbacco!

Si finge di non capire che l’Italia (così come altri paesi UE) non ce la può fare da sola, prigioniera della gabbia dell’euro e di un sistema economico mondiale che procede libero da ogni vincolo. Mentre estatici guardiamo allo spread, un destino inesorabile ci aspetta.

1 commento:

  1. "Si finge di non capire che l’Italia (così come altri paesi UE) non ce la può fare da sola, prigioniera della gabbia dell’euro e di un sistema economico mondiale che procede libero da ogni vincolo."

    Caro Olympe, l'Italia ce la può fare benissimo da sola:

    http://coscienza-di-classe.blogspot.com/2012/02/cosa-sta-facendo-mario-monti-e-cosa.html

    Non importa se la valuta sia in euro o in lire, quello che conta è la politica fiscale. Stampare moneta, come svalutare, è molto semplice, ma non funziona: effetto spiazzamento; alla fine non resta che un inflazione più alta.

    Si può competere benissimo anche con la Cina e l'India, anche con l'Africa e i loro salari di 1$ al giorno.

    saluti

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