L’immagine di Konrad Adenauer, cordiale coltivatore di rose in quel di Rhöndorf am Rhein, deve essere rivista. Fino alla sua morte si rifiutò di rivelare i nomi dei donatori che gli avevano versato 2,1 milioni di marchi tedeschi (di allora) in donazioni senza renderne conto nei libri contabili della CDU. Ma non è di questo che tratto qui di seguito.
Nel 1952, il cancelliere Adenauer dichiarò senza mezzi termini in un’intervista all’allora influente quotidiano Merkur: «Ciò che si trova a est del Werra e dell’Elba sono le province non redente della Germania [...]. La parola riunificazione deve finalmente scomparire. Ha portato troppi danni. Liberazione è la parola d’ordine».
Fin dai primi anni del suo cancellierato, Adenauer basò l’intera politica tedesca sull’annessione forzata della RDT. Bisogna tener conto che vigeva allora la cosiddetta dottrina Hallstein, secondo la quale qualunque relazione diplomatica intrattenuta da un Paese terzo con la Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est), in virtù della cosiddetta rappresentanza unica del popolo tedesco da parte della Repubblica Federale Tedesca, era da considerarsi un atto ostile e avrebbe portato all’immediata interruzione delle relazioni diplomatiche.
Tre anni dopo l’intervista al Merkur, l’8 settembre 1955, Adenauer si recò a Mosca nelle vesti di un rispettabile cittadino. Il suo aereo, come dichiarato nel gennaio 2009 da un ex funzionario della CIA coinvolto nell’operazione, era stato equipaggiato con telecamere speciali presso un aeroporto militare in Ohio, con l’espressa approvazione del cancelliere della CDU.
L’obiettivo era spiare le posizioni difensive intorno alla capitale sovietica da bassa quota approfittando della visita di Stato. Il comandante dell’aereo governativo era uno degli amici americani del cancelliere. Dopo l’arrivo all’aeroporto di Mosca, l’aereo, senza nessun passeggero a bordo, fece immediatamente ritorno nella Repubblica Federale di Germania. Quella stessa sera, le pellicole furono sviluppate presso la base dell’aeronautica militare statunitense di Wiesbaden. Il cancelliere Adenauer era stato ricevuto con tutti gli onori e un caloroso benvenuto dal primo ministro sovietico Nikolaj Bulganin. Solo decenni dopo si è saputo che il cancelliere era diventato un agente segreto degli Stati Uniti.
Adenauer e i suoi successori autorizzarono Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia di spiare i cittadini tedeschi, nonché i deputati e i ministri, di censurare lettere e intercettare telefoni a loro piacimento. Questo accordo tra la Germania e i suoi alleati è ancora in vigore.
Per conto suo, Adenauer faceva spiare l’intera dirigenza della SPD. Si avvalse in particolare di due suoi stretti collaboratori, il Direttore della Cancelleria della Repubblica Federale, Hans Globke, ossia l’avvocato che nel 1935 scrisse il commento legale alle leggi razziali di Norimberga (e per tale motivo condannato all’ergastolo in contumacia nella DDR), e il capo dei servizi segreti della Germania Ovest, Reinhard Gehlen, ex generale della Wehrmacht e figura di spicco durante il periodo nazista.
Parliamo ora di Kurt Benno Fechner. Durante la guerra era stato ufficiale dell’unità di sabotaggio e sovversione dell’Abwehr II, il cui compito era quello di sostenere le ambizioni espansionistiche tedesche con l’aiuto delle minoranze nazionali. Singolare il fatto che Fechner fosse ebreo, ma le leggi razziali di Norimberga non venivano applicate nell’Abwehr. Nell’agosto del 1944, il tenente colonnello Fechner assunse la direzione dell’allora Quartier Generale II Sud-Est per la Ricognizione del Fronte a Vienna. È in tale veste che fu in stretto contatto con l’organizzazione clandestina ucraina OUN, dalla quale oggi è mutuato il logo che adorna l’uniforme dei soldati ucraini e di Zelens’kyj (**).
Tra i colleghi più importanti di Fechner figuravano il professore dell’Europa orientale Hans Koch (1894-1959), in qualità di suo vice, e il suo aiutante di campo, il capitano Siegfried Ziegler. Nel dopoguerra Ziegler fu confidente di fiducia di Reinhard Gehlen. Ziegler reclutò Sigfried Ortloff, capo della sicurezza e del personale della sede centrale del partito SPD, come suo principale informatore.
Non deve per nulla sorprendere incontrare gli stessi nomi dell’intelligence nazista in incarichi nell’intelligence della Germania Ovest e dell’Austria, né l’orgia di ipocrisia nella quale è coinvolto per molti aspetti oggi l’Occidente libero e democratico.
Per fare degli esempi: secondo i documenti depositati nei National Archives Usa (numero di identificazione XE004471), la CIA aveva individuato Eichmann in Argentina almeno dal 1958, ma si guardò dal fornire le informazioni sul criminale di guerra a chicchessia, Israele compresa. Per proteggere proprio Hans Globke, Segretario di Stato e consigliere del cancelliere tedesco Adenauer, che aveva lavorato nel dipartimento Affari Ebraici (***). Il caso del citato generale Reinhard Gehlen, uno dei capi dei servizi segreti nazisti, che alla fine della guerra venne semplicemente assunto dagli americani per continuare ciò che sapeva fare meglio: lo spionaggio all’Est. Le informazioni su di lui sono state tenute segrete per 50 anni e solo dal maggio 2004 sono diventate consultabili nei National Archives (Record Group 319, Entry 134A, Boxes 144A-147).
(*) Un certo Philipp Gerber, emigrato con la sua famiglia negli Stati Uniti, divenne agente del Counter Intelligence Corps (CIC). Poco prima della fine della guerra, viaggiò lungo il Reno, con l’incarico (non è noto se nell’ambito dell’Operazione Paperclip) di trovare una persona che gli Stati Uniti consideravano importante per la Germania del dopoguerra. Gerber trovò la persona. Era anziana, con il volto segnato dalla sua vita precedente. Era l’ex sindaco di Colonia, Konrad Adenauer.
Qualche anno dopo, nell’estate del 1953, le strade di Adenauer e Greber si incrociarono di nuovo. Gerber fu incaricato di indagare sulla morte di un funzionario del gruppo di sicurezza di Bonn. L’uomo era uscito di strada con la sua auto della polizia a causa di una gomma a terra, schiantandosi mortalmente. Ma non si trattò di un incidente, perché la gomma dell’auto fu forata da un proiettile sparato da un fucile di precisione. Non un incidente, ma un attentato. Ma perché? Chi c’era dietro? Gerber fu incaricato di scoprirlo. Il CIC lo nominò subito agente del Bundeskriminalamt (BKA) e membro del gruppo di sicurezza di Bonn.
(**) Con “ricognizione frontale” si intendevano le unità operative e i centri di comando dell’Abwehr (Servizio di intelligence del Ministero del Reichswehr), che durante la seconda guerra mondiale si occupava di spionaggio, sabotaggio e controspionaggio in prima linea. La ricognizione in prima linea di solito coinvolgeva informatori e agenti che collaboravano con l’Abwehr per vari motivi. I vettori della ricognizione segreta prima della guerra erano quei collegamenti all’estero gestiti dal quartier generale dell’Abwehr o dai centri di controllo dell’Abwehr, ad esempio, con l’organizzazione clandestina ucraina OUN.
L’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), fondata a Vienna nel 1929 come punto di ritrovo per vari gruppi nazionalisti e veterani della prima guerra mondiale, cooperò con l’Abwehr tedesco e partecipò alle invasioni tedesche della Polonia e dell’Unione Sovietica sia nel 1939 che nel 1941.
Durante la seconda guerra mondiale, l’OUN si divise nel 1940 in un’organizzazione guidata da Andriy Melnyk – i Melnykisti (OUN-M) – e i Banderisti (OUN-B) sotto la guida di Stepan Bandera. I membri dell’OUN-B combatterono nei battaglioni Nachtigall e Roland della Wehrmacht tedesca durante la guerra contro l’Unione Sovietica nelle terre d’origine ucraine. I membri dell’OUN-M fornirono volontari per la Divisione Galizia delle Waffen-SS. Nel 1942, l’OUN-B fondò l’Esercito Insurrezionale Ucraino come esercito clandestino, che combatté contro l’Esercito Nazionale Polacco e, fino all’inizio degli anni ‘50, contro l’Unione Sovietica. In seguito, l’OUN visse in esilio nei paesi occidentali. Il Congresso dei Nazionalisti Ucraini (KUN), fondato nel 1992, si considera il successore dell’OUN.
(***) È stupefacente la “diligenza” e la perseveranza della burocrazia tedesca. I cittadini del Reich emigrati (non solo ebrei) furono puniti con la revoca della cittadinanza tedesca. Già nel 1933, il Reich disponeva di uno strumento per la denaturalizzazione individuale. E lo Stato nazista se ne avvalse: ai sensi dell’art. 2 della Legge sulla revoca delle naturalizzazioni e la privazione della cittadinanza tedesca del 14 luglio 1933, circa 39.000 persone furono dichiarate “private della cittadinanza tedesca”. Lunghi elenchi numerati contenenti i nomi di coloro che erano diventati apolidi apparvero sulla Gazzetta Ufficiale del Reich Tedesco e sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato Prussiano, l'ultima delle quali pubblicata il 7 aprile 1945.
La silenziosa riabilitazione dei nazisti avvenne in ambedue le Germanie, e come fenomeno di massa. La ragione è semplice: prima del 1945 i tedeschi erano tutti nazisti. Non si trattò di un fenomeno discutibile e discusso, come la supposta maggioritaria adesione degli italiani al fascismo: in Germania l'adesione ci fu, e la differenza è da ricercarsi nelle differenze culturali rispetto alla società italiana.
RispondiEliminaSi potrebbe espandere il discorso, giungendo a conclusioni anche sorprendenti, ma, per rimanere al tema del post, dico che sia a est che a ovest sarebbe stato impossibile tirare avanti escludendo gli ex nazisti.
https://www.spiegel.de/politik/wie-alle-a-17c84109-0002-0001-0000-000046414858
Eliminahttps://d-nb.info/990523756/34
Che i tedeschi fossero in gran parte nazisti è pacifico. Per es: solo il 27% delle denunce che portarono a procedimenti dinanzi al Tribunale del Popolo (VGH) proveniva da persone che ricoprivano una posizione all'interno del sistema nazista, mentre la percentuale rimanente era composta da privati cittadini. Chiaro che l’esistenza di una società autoritaria incoraggia le denunce. Questi denuncianti erano precedentemente senza precedenti penali e, anche dopo la fine della guerra, rappresentavano singolarmente di nuovo il cittadino medio.
Tuttavia ciò fa parte del gioco teso a nascondere e negare la resistenza comunista, per poter alimentare la tesi del ”siamo stati tutti abusati da Hitler, tutte le vittime di Hitler”. Mettere poi sullo stesso piano la resistenza comunista con quella socialdemocratica e dei preti, è un’impostura: solo la resistenza comunista ha ingaggiato tutte le forme di lotta possibili (propaganda, sabotaggio, guerriglia, spionaggio, lotta sindacale eccetera). La resistenza comunista è la sola ad aver lottato dal primo all’ultimo giorno del III Reich e ad aver esteso la propria azione a tutta la Germania, fin dentro i lager e l’esercito. È infine la sola ad aver realmente intaccato la macchina da guerra nazista. Cristiani e socialisti si opposero il più sovente individualmente, o nel quadro di piccole cerchie di amici.
Il celebre complotto del 20 luglio 1944, fu quantomeno equivoco. Dietro la bella figura del colonnello Stauffenberg, la metà dei congiurati era strettamente legata al progetto nazista e ciò che rimproveravano a Hitler, in ultima analisi, era di aver fallito e di aver condotto la Germania alla disfatta.
Sul tema della denazificazione riguardo agli avvocati e giuristi alla Hans Globke, vorrei ricordare che nella RFT nessuno dei giudici che collaborarono con i nazisti dovette rendere conto di una sola delle migliaia di condanne a morte contro gli oppositori (che non furono solo quelli beatificati dalla propaganda occidentale). In tal modo 1.310 giuristi dei tribunali speciali nazisti erano stati reintegrati nei tribunali della Germania dell’Ovest. Costituiti nel marzo 1933, i tribunali speciali erano collocati al di fuori della giurisdizione ordinaria e pronunciarono più di 50.000 condanne a morte.
Un solo altro esempio oltre a quello di Hans Globke, condannato in contumacia nella RDT e invece elevato al rango di segretario di Stato nella RFT. È quello del dottor Erich Anger, già procuratore del al tribunale speciale di Lipsia. Era stato riconosciuto responsabile di innumerevoli omicidi giuridici e condannato da un tribunale della RDT. Una volta uscito di prigione, fuggì nella RFT e venne nominato procuratore a Essen.
Nel 1965, la RFT promulgò una legge di amnistia. Essa fu annunciata dal presidente della Repubblica federale, Heinrich Lübke, ex collaboratore della Gestapo di Stettino, ed ex direttore del lavoro concentrazionario di Peenemunde e a Leau, un campo annesso a Buchenwald. Naturalmente di tutto ciò non vi è la minima traccia in Wikipedia e nelle biografie ufficiali. Di queste accuse il presidente Lübke disse che erano tutte false (e si astenne dal proporre azioni giudiziarie per diffamazione), e naturalmente i media occidentali gli diedero man forte con una valanga di retorica volta a mascherare ogni dubbio, ma non poterono negare in toto la documentazione esistente a tale riguardo.
https://www.spiegel.de/politik/wie-alle-a-17c84109-0002-0001-0000-000046414858
Viceversa qualsiasi giurista che avesse collaborato all’elaborazione o l’applicazione della legislazione del terzo Reich veniva radiato dall’apparato giudiziario in Germania dell’Est. Vi furono dei nazisti che nella RDT sfuggirono alla denazificazione? Possibile in qualche sporadico caso, ma nella RFT essi furono migliaia.
È proprio vero che del maiale non si butta via niente.
RispondiEliminaPietro