L’Unione Europea è stupita, per non dire indignata, dal piano di Biden per sostenere le case automobilistiche americane. Stupita che Joe non debba chiedere, e tantomeno tener conto, dell’opinione di Bruxelles. Del resto, Washington può provocare una guerra in Europa, imporre sanzioni alla Russia che danneggiano soprattutto i Paesi della UE, far sabotare i gasdotti, imporre il proprio costosissimo gas, eccetera.
Nello specifico, l’obiettivo di Joe Biden è proteggere le sue industrie, il reddito e il lavoro dei suoi concittadini, che sono i suoi elettori. Per questo firma un assegno, fino a 7.500 dollari, per chiunque risieda sul suolo americano e acquisti un SUV elettrico da due tonnellate per percorrere i 500 m che separano i propri figli obesi dalla loro scuola, a patto che il mostro su ruote provenga da una fabbrica nordamericana, vale a dire degli Stati Uniti, del Canada o del Messico, vincolati da un accordo di libero scambio, ma anche la batteria dell’auto sia stata prodotta nel paese esportatore di democrazia.
“Inaccettabile”, dice Jozef Sikela, ministro dell’Industria ceco, il cui Paese detiene fino alla fine dell’anno la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. I Ventisette non vogliono che il piano di Biden sostenga le case automobilistiche americane, la cui misure ritengono “discriminatorie” nei confronti delle proprie industrie automobilistiche.
Una misura protezionistica, discriminatoria e nazionalista? Certo. Il problema è che l’UE non può farci nulla. Così come con il gas. Poiché i sussidi statunitensi creano una distorsione della concorrenza, Bruxelles può trascinare Washington davanti all’organo di risoluzione delle controversie, il tribunale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Americani ed europei si accusano reciprocamente davanti a questo organismo, in particolare per i cospicui sussidi che concedono alle loro industrie agricole e aeronautiche, perché il libero scambio è bello a parole ma insostenibile nella pratica, ed è necessario imbrogliare con soldi pubblici per essere “competitivi” e per evitare manifestazioni di agricoltori e operai davanti ai palazzi del potere.
Vedremo se l’UE attaccherà gli Stati Uniti all’OMC, posto che ormai è dipendente dalle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, a un prezzo molto più alto di quello russo. Da parte loro, i tedeschi sono atlantisti e dipendono dal mercato americano per vendervi le loro auto.
Anche se la procedura al WTO dovesse essere avviata, e portare a un giudizio favorevole alla UE, ci vorrebbero anni, durante i quali i veicoli prodotti negli Stati Uniti sarebbero venduti agli americani con denaro pubblico, mentre qui le nostre tasse vanno all’acquisto di veicoli asiatici (prossimamente elettriche cinesi per il proletariato europeo).
Fondamentalmente, il problema è che l’energia utilizzata dall’industria, il gas, è ora considerevolmente più economica negli Stati Uniti che in Europa. La “reindustrializzazione” di cui si è tanto parlato ultimamente avverrà davvero, dall’altra parte dell’Atlantico.
Intanto, il sindacato IG Metall ha ottenuto un aumento dei salari biennale dell’8,5%. Non moltissimo, ma pur sempre molto meglio della riduzione dell’iva sui pannolini decisa dalle camicie nere della rivoluzione per combattere la débâcle demografica e raggiungere gli otto milioni di baionette previsti dal PNNR.
Forse perché negli ultimi tre decenni l'unico fascismo realizzato all'opera l'ho visto indossare dalle camicie fucsia della "sinistra" nostrana, mi permetto di sventolare il risultato conseguito da IG Metall ai vertici della triade, in particolare all'ex segretario della Fiom e attuale segretario generale del sindacato con più iscritti (pensionati e dipendenti pubblici) della repubblica.
RispondiEliminaprima detto e poi fatto: dell'Europa me ne sbatto!
RispondiElimina