venerdì 30 aprile 2021

Un’informazione pigra e sciocca

 

Ieri sera, su La7, durante un’intervista di quasi mezz’ora al figlio di Luigi Calabresi, che qualcuno giudica un “momento di vera umanità”, il nome di Giuseppe Pinelli, anarchico ed ex partigiano, di professione ferroviere, non è mai stato fatto.

Oltre a “momenti di vera umanità” televisiva, mai disprezzabili, sarebbe stato il caso di fare informazione oltre che comunicazione, posto che sono passati 50 anni da quei fatti e la maggior parte del pubblico non sa di che cosa si tratti.

Chi fu effettivamente Luigi Calabresi e quale ruolo ebbe nei fatti che precedettero e seguirono la strage di piazza Fontana? Chi fu Pinelli, quale ruolo ebbe nel caso Calabresi, perché si trovava in questura ancora in stato di fermo non convalidato dal magistrato dopo 48 ore? Per quale motivo Calabresi fu incriminato, e perché nel corso di un processo ricusò il magistrato Carlo Biotti, poi sospeso dallo stipendio e dalla pensione e accusato falsamente di “aver inquinato il processo con meschini calcoli di carrierismo senile”.

Solo dopo, nel corso della trasmissione, Paolo Mieli, ha menzionato incidentalmente Giuseppe Pinelli, dicendo che non è vero che fu “scaraventato giù dalla finestra”. Chi sostenne che fu “scaraventato”? E perché mai avrebbero dovuto farlo? Nondimeno e per contro vogliamo ancora far passare la tesi ridicola del suicidio alla quale nessuno diede alcun credito già allora? Perché dico ridicola? Basta leggere, per andare sul leggero, la pièce che gli dedicò Dario Fo: Morte accidentale di un anarchico.

“Mai ci fu il fascismo in Italia” ha ripetuto Mieli riferendosi a quegli anni ed esorcizzando la posizione della Francia su tale questione (Mitterand un sostenitore di Lotta continua?). È uninvenzione di Mieli che in Francia si ritenesse lItalia un paese fascista, tuttavia mai Mieli dice una parola sul ruolo dei neofascisti, dei tentativi di colpo di stato, del ruolo degli apparati dello Stato negli attentati e nelle stragi, nell’inquinamento delle prove, nella sottrazione degli imputati alla giustizia, nel costante depistaggio delle indagini, del clima generale seguito al 1968-‘69, ecc.

Nel corso della trasmissione è stato detto ripetutamente che mancano ancora dei tasselli di verità. E però se si vuole davvero riassumere la verità del caso Calabresi, essa non va disgiunta dal contesto storico, ossia quello della “strategia della tensione” a matrice neofascista delle stragi di quel lustro: piazza Fontana, treno Freccia del Sud, Peteano, Questura di Milano, piazza della Loggia, treno Italicus.

Non mancano, nonostante tutto, conferme processuali, come ad esempio la condanna definitiva di Freda e Ventura per le bombe del 1969 pre-piazza Fontana: attentati per i quali alcuni innocenti (anarchici) erano già stati condannati e sarebbero stati incastrati se a Treviso il giudice Stiz nel 1971-1972 non avesse riportato gli accertamenti sui binari giusti, ben diversi da quelli che intanto avevano già innescato l’arresto dell’anarchico Valpreda e la morte di Pinelli in questura. Neppure “servizi deviati” e “ruolo degli americani” sono concetti che prescindono da punti fermi giudiziari.

E però vi sono motivi per tacere, falsare e inquinare ciò che invece è ben noto. Perché ancora dopo mezzo secolo nei confronti delle vittime delle stragi e di quei fatti? È immorale, prima ancora che falso coltivare il luogo comune di una verità ignota, di stragi senza paternità, di depistaggi e misteri totalmente mai diradati. Si vuole la verità? Allora sia senza reticenze e falsità.

Non c’è nemmeno da togliere “segreti di Stato” che in realtà non ci sono su piazza Fontana e dintorni. Se poi i liceali di oggi ignorano chi siano Valpreda, Pinelli o Calabresi, e attribuiscono la strage di piazza Fontana alle Brigate rosse, questo va sul conto di un’informazione pigra e sciocca, quando non in totale malafede, adagiata su meccanismi di routine che rendono poco “notiziabile” una vicenda così lunga e segnata da esiti altalenanti.


giovedì 29 aprile 2021

Tutti al macero

 

L’editore W.W. Norton, la più antica e grande casa editrice statunitense, ha annunciato la sua decisione di mandare al macero la biografia del romanziere americano Philip Roth (1933-2018) scritta da Blake Bailey, uscita negli Usa lo scorso 6 aprile, molto attesa e ampiamente discussa perché autorizzata dallo scrittore e frutto di anni di colloqui. Il motivo? Blake Bailey è accusato di molestie e violenza sessuale. Intanto la biografia è in vetta alle classifiche dei libri più venduti. Si può acquistare anche in Italia.

Diverse persone hanno accusato Bailey di molestie sessuali, compreso lo stupro, risalenti al 2003. Nessuno di loro ha presentato alcuna prova a sostegno delle proprie affermazioni.

La presidente di Norton, Julia A. Reidhead, ha affermato che “il signor Bailey sarà libero di cercare editori altrove se lo desidera”. In effetti, dall’oggi al domani Bailey è diventato una “non persona”, ha cessato di esistere.

Reidhead ha dichiarato che corrisponderà l’importo dell’anticipo del libro di Bailey donandolo a “organizzazioni che combattono contro le molestie o le aggressioni sessuali e lavorano per proteggere le vittime”.

Tutto nasce dal New York Times. Il 21 aprile, ha pubblicato un articolo in cui riportava le “accuse di violenza sessuale” contro Bailey, sulla linea della caccia alle streghe #MeToo inaugurata nell’ottobre 2017. Bailey non è mai stato accusato o condannato per un crimine. Finora nessuno degli accusatori ha mai formalmente denunciato le presunte violenze.

Nell’articolo si osserva che la controversia “che ha travolto il signor Bailey è scoppiata in parte a causa della pubblicità che ha ricevuto per la sua biografia di Roth, che ha portato alcune delle donne che lo accusano a farsi avanti”. Alcune di queste “hanno notato di essere state infastidite non solo dagli elogi profusi al signor Bailey, ma anche, nella sua biografia di Roth, da ciò che sembra scusare la misoginia dello scrittore. Alcuni critici letterari hanno colto che nella biografia, il signor Bailey ha eluso i maltrattamenti alle donne da parte del signor Roth”.

Nero su bianco.

Bailey ha etichettato le accuse “categoricamente false e diffamatorie”. Il suo avvocato ha condannato la “decisione drastica e unilaterale dell’editore, basata su accuse false e infondate, senza intraprendere alcuna indagine o offrire al signor Bailey l’opportunità di confutare le accuse”.

La National Coalition Against Censorship ha ripetuto una verità elementare, opponendosi alla decisione di Norton, ossia che i libri “devono essere giudicati in base al loro contenuto. Molti celebri autori della letteratura hanno condotto vite travagliate e preoccupanti. La biografia di uno scrittore può certamente avere un impatto sulla nostra interpretazione e analisi del suo lavoro, tuttavia al pubblico dei lettori deve essere consentito di prendere le proprie decisioni su che cosa leggere“.

Propongo una riflessione, di là del fatto che le accuse rivolte si riveleranno vere o false, oltre che molto (ma tanto!) tardive. Non dovremmo più leggere Louis-Ferdinand Céline perché l’autore in seguito fu accusato di antisemitismo? Bagatelle per un massacro è, per quanto mi riguarda personalmente (e sono tra le poche persone viventi ad averlo effettivamente letto), una schifezza dal punto di vista letterario, ma per il resto Céline è un grande della letteratura.

Che dovremmo fare dell’opera di Donatien-Alphonse-François de Sade, mandare i suoi libri al macero come quello di Bailey, oppure un bel falò? E di Catulle Mendès? Ah già, non usa più leggerlo. Dove ci porterà questo eretismo denunciatario di cui hanno già fatto le spese nomi come quelli di James Levine, Charles Dutoit, Placido Domingo, Woody Allen, Kevin Spacey e molti altri che seguiranno?

Ascoltavo il 6 aprile scorso un’intervista di Piero Maranghi alla soprano Raina Kabaivanska, che sul tema delle molestie sessuale affermava: “Chissà perché a me non è mai successo. Ero anche una bella figliola devo dire. Mi ricordo solamente che una volta, che non parlavo neanche bene l’italiano, vado a cantare in un piccolo teatro [...]. Uno di questi [un impresario teatrale] mi ha messo la sua mano dietro; beh, la sberla che gli ho dato [...]. Se una donna non vuole, si capisce. Per favore non fatemi ridere”.

Potessi replicare a quella sciocchina di Julia Reidhead, le farei osservare che non pochi veri criminali, presidenti, ex funzionari e generali del governo degli Stati Uniti, responsabili della morte di milioni di persone in Medio Oriente, Nord Africa, Asia centrale e in generale ovunque nel mondo, hanno pubblicato tranquillamente e orgogliosamente da Norton le loro memorie e banali riflessioni, scritte perlopiù da ghostwriter.

*

Un tempo, una donna se accettava di intrattenersi di notte a casa di un uomo lo faceva per semplice curiosità, ossia quella di vedere la sua collezione di farfalle o di francobolli. Se il mattino dopo si fosse recata in commissariato per denunciare di aver subito violenza sessuale da parte del padrone di casa, la prima cosa che le avrebbe chiesto il brigadiere sarebbe stata: “Ma lei, che cosa ci faceva di notte a casa di quel tizio?”.

Per fortuna quel tipo di brigadieri non ci sono più, ed è in disuso collezionare francobolli o farfalle. Oggi finalmente una ragazza può recarsi di notte in un’abitazione con uno o più uomini e starsene tranquilla a leggere poesie di Catullo. Ad una condizione però, di essere tale e quale a una tizia che ho visto ieri sera in televisione e sentito esprimersi così: “un’orgia individuale”.

Il mondo non è come desideriamo che sia, tantomeno per quanto riguarda i rapporti umani e tra i sessi. Lo so, è dura da ammettere, ma bisogna farsene una ragione.


[...]

 


Lungi da me il prendere posizione su fatti che risalgono fino a mezzo secolo fa, e che oggi sono riportati dai media totalmente fuori contesto e quindi stravolti. In qui pochi lustri, 15.000 persone, prevalentemente giovani, sono finite in galera. Ripeto: non entro nel merito, e le vittime, tutte, di quegli anni sollevano in me una grande pena ancor oggi; tuttavia rilevo che evidentemente quelle migliaia di giovani non potevano essere tutti impazziti al contempo.

Per quanto riguarda l’atteggiamento della stampa, di allora e di oggi, di sempre, rammento il trattamento riservato dai giornali e dalla tv di Stato al “mostro” Pietro Valpreda, la “belva umana”, e la sorte in cui incorse, sicuramente proprio malgrado, Giuseppe Pinelli. Nomi che oggi ai più non dicono assolutamente nulla.

Mi soffermo sul titolo qui sopra: siamo ancora a quegli anni, quelli delle bombe di Stato, prima ancora diventassero anni di piombo. Siamo ancora a quando non si “arrestava”, bensì si veniva “catturati”. Come bestie, anzi, come “belve”. Quando, a terra, feriti, si finiva “giustiziati”. Come la giovane donna di trent’anni che scriveva questa lettera ai genitori:

“Cari genitori, vi scrivo per dirvi che non vi dovete preoccupare troppo per me. Ed ora vi spiego perché. [...] Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. E’ giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l’ha data alla Resistenza nel ’45.

Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano. In questi giorni hanno ucciso con un colpo di pistola un ragazzo, come se niente fosse, aveva il torto di aver voluto una casa dove abitare con la sua famiglia. Questo è successo a Roma, dove i quartieri dei baraccati costruiti coi cartoni e vecchie latte arrugginite stridono in contrasto alle sfarzose residenze dell’Eur. Non parliamo poi della disoccupazione e delle condizioni di vita delle masse operaie nelle grandi fabbriche delle città. E’ questo il risultato della “ricostruzione” di tanti anni di lavoro dal ’45 ad oggi? Sì è questo: sperpero, parassitismo, lusso sprecato da una parte e incertezze, sfruttamento e miseria dall’altra. Cari genitori, voi avete lavorato una vita, avete conosciuto il fascismo e il postfascismo e queste cose le sapete meglio di me. Oggi, in questa fase di crisi acuta occorre più che mai resistere affinché il fascismo sotto nuove forme “democratiche” non abbia nuovamente il sopravvento.

Le mie scelte rivoluzionarie dunque, nonostante l’arresto di Renato, rimangono immutate. Vogliatemi bene lo stesso, anche se so che per voi è difficile capirmi. Abbiate fiducia nelle mie capacità e nella mia ormai grossa esperienza. So cavarmela in qualunque situazione e nessuna prospettiva mi impressiona o impaurisce. Vi voglio più bene che mai.

Margherita.

mercoledì 28 aprile 2021

L'opera al nero

 

L’altra sera, il dottor Michele Santoro, dopo lunghissima assenza, s’è affacciato in televisione per presentare un suo libro. Tutto di nero come Zenone Ligre, dapprima si mostrava incerto nel dichiarare i suoi propositi, ma subito riconquistava l’antico spirito di certezza e il piglio di pedagogo.

Ha manifestato i sensi della sua insoddisfazione e frustrante impotenza per lo stato di cose presenti, lo stesso sentimento diffuso nella stragrande maggioranza della popolazione, soprattutto nelle famiglie con reddito scarso e/o discontinuo e con un domani che si prospetta più che dubbio.

C’era d’aspettarsi che anticipasse, dopo anni di riflessione, un qualcosa sul tipo del Rapporto Veridico sulle ultime possibilità di salvare il capitalismo in Italia. Invece ha dato la stura al suo sconsolato stato d’animo, puntando deciso sulle lentezze della vaccinazione in Calabria, suggerendo al ministro della Salute di recarsi stabile sul posto fino a quando l’ultima goccia del siero non sarà stata inoculata.

Ha suggerito interventi diretti di ministri, piuttosto che di commissari, prefetti, generali e proconsoli vari per rimettere in sesto certe situazioni. Nel caso della vaccinazione, Santoro potrebbe anche essere nel giusto, e però ce da far seppellire i morti in tempi decenti, e non solo data la situazione attuale. Non parliamo poi dello smaltimento dei rifiuti, e via lagnando. Non basterebbe inviare tutti i ministri e i sottosegretari per ogni situazione di crisi.

Per quanto riguarda la situazione più generale in cui versa l’Italia e in particolare certe regioni, con il loro strascico di problemi atavici, questo tipo d’interventi ministeriali o proconsolari infine si risolverebbe in un nulla di fatto: campioni mondiali del “facite ammuina”.

Il dottor Santoro è stato per decenni un giornalista televisivo di punta, perciò non può ignorare, peraltro al pari di molti altri, come stanno effettivamente le cose in questo meraviglioso Paese. Non può credere seriamente che senza un sovvertimento di certi assetti economici, vi sia reale possibilità di uscire dallo stallo, di realizzare un effettivo miglioramento della struttura organizzativa dello Stato e a cascata dar ossigeno anche al resto.

Troppi e molto intrecciati interessi di ceti, gruppi sociali e clan famigliari lo impediscono di fatto. Quali schieramenti politici avrebbero reale motivo per intraprendere una simile e pericolosa missione? Sono decenni che si parla e si scrive della riforma delle riforme, che di volta in volta è quella dell’ordinamento istituzionale, della pubblica amministrazione, del fisco, della magistratura, e più in dettaglio degli enti, del catasto nazionale, delle concessioni demaniali, degli ordini professionali, eccetera, eccetera, eccetera.

Sono stati pubblicati saggi che riempiono intere biblioteche, un profluvio di disegni di legge (ogni parlamentare eletto ne firma almeno uno), e quando finalmente s’è legiferato su qualcosa è stato spesso in senso peggiorativo, soppesando le convenienze politiche, ossia elettorali e clientelari, ossequienti alla perifrasi “colà dove si puote ciò che si vuole”.

E proprio in tema di sanità abbiamo avuto contezza, in modo drammatico, di qual è stato viepiù il risultato, ossia rispondente a un deliberato piano politico di affossamento di quella pubblica, rendendo strutturali le inefficienze, dove più dove meno, per privilegiare le strutture sanitarie private nei rami più redditizi.

E anche su tutto il resto non c’è da farsi illusioni, tenuto conto dell’ambiente sociale e politico e restando immutate le teorie economiche di chi decide le misure di politica economica e la conseguente scelta degli strumenti destinati a perseguire gli obiettivi. E già su questi ultimi ci sarebbe molto da ridire visto ciò che è destinato alla ricerca e innovazione, affidata ancora in gran parte alla creatività e l’intraprendenza personale.

La giustizia in America

 

Nei giorni scorsi, la Corte Suprema degli Stati Uniti doveva stabilire se, a un certo punto, si potesse concedere la libertà condizionale a un minorenne condannato all’ergastolo che avesse dimostrato di aver raggiunto una maturità e riabilitazione sufficienti.

Secondo casi giudiziari precedenti (Corte Suprema nel caso Miller v. Alabama, 2012) la facoltà dei giudici di condannare i minorenni all’ergastolo senza possibilità futura di concedere la libertà condizionale, era stata considerata una punizione “crudele e insolita, al di fuori dei casi estremi d’incorreggibilità permanente” (ai sensi dell’VIII emendamento cost.).

Anche in un altro caso (Montgomery v. Louisiana), la Corte Suprema, aveva vietato di comminare al reo l’ergastolo senza condizionale “salvo per i minorenni i cui crimini riflettono l’incorreggibilità permanente”.

Dopo i casi Miller e Montgomery, diversi stati federali hanno modificato le loro leggi per riflettere le sentenze della Corte, ma non lo stato del Mississippi.

Jones Brett, nato il 17 luglio 1989, residente nel Mississippi, all’età di 15 anni, aveva pugnalato a morte suo nonno Bertis dopo una violenta lite a motivo della fidanzata di Jones. Questi aveva affermato in tribunale che aveva agito per legittima difesa. Nel 2004 è stato condannato presso il Lee County Circuit Court all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale, pena obbligatoria secondo la legge statale.

Lo stato del Mississippi ha concesso a Jones una nuova udienza a seguito della decisione della Suprema Corte nel caso Montgomery, ma lo ha comunque condannato all’ergastolo senza condizionale.

Secondo l’avvocato di Jones, il tribunale statale non ha preso in considerazione alcun aspetto relativo all’incorreggibilità permanente o al potenziale di riabilitazione, violando così la sentenza nel caso Montgomery, e quindi ha chiesto ricorso alla Corte Suprema.

Giovedì scorso, con una decisione 6-3, (Jones v. Mississippi), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito di confermare la decisione della Corte d’Appello del Mississippi di mantenere l’ergastolo contro Jones Brett.

Il giudice Kavanaugh, nominato da Trump, relatore di maggioranza, ha stabilito che “In un caso che coinvolge un individuo che aveva meno di 18 anni quando ha commesso un omicidio, il sistema di condanna discrezionale di uno Stato è sia costituzionalmente necessario che costituzionalmente sufficiente”.

In altre parole, la pena all’ergastolo per i minori sono costituzionali e a discrezione del giudice. Attualmente ci sono 25 stati che vietano la condanna dei minori all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale futura, mentre 19 stati consentono tali condanne.

Il giudice di minoranza Sotomayor ha espresso il suo dissenso: “Se è sufficiente la discrezionalità della condanna, troppi minorenni delinquenti saranno condannati a morire in carcere e le pene non saranno uguali [tra i diversi stati]”.


martedì 27 aprile 2021

Ma vadano a prendere ... il tram

 

I competenti, gli esperti, quante fesserie riescono a divulgare. Un giorno qualcuno le raccoglierà anche proposito dell’epidemia virale attuale. Sia chiaro, guai se non ci fossero i competenti e gli esperti, tuttavia non bisogna prendere sempre per oro colato quello che dicono. Basti pensare a quelli che prescrivono l’omeopatia, oppure alla vicenda di Ignác Semmelweis, troppo nota per essere ripetuta qui.

Ci furono a suo tempo non pochi competenti ed esperti contrari all’introduzione della ferrovia quale mezzo di trasporto. Procediamo con ordine.

Da che cosa deriva la parola tram, oppure tramways? Non dal tipo di carrozza, bensì del tipo di binario. Specie in Inghilterra, nelle miniere, già dal XVII secolo furono impiegate delle rotaie di legno per far salire agevolmente e rapidamente alla superficie i carrelli carichi di carbone. Fu l’ingegnere Outram a sostituire le rotaie di legno con quelle di ferro. Da qui il nome “tram”.

In realtà, il termine tram e il cognome dell’ingegnere sono solo una coincidenza. Vero è che egli fu inventore del primo prototipo di ferrovia tranviaria. Pare invece che il nome tram derivi dal termine basso-sassone “traam”, che riferito alle rotaie d’acciaio, significa trave.

George Stephenson, operaio in una miniera, analfabeta fino all’età di 18 anni, nel 1825 costruì con l’appoggio di vari capitalisti lungimiranti la prima ferrovia del mondo, avente in parte trazione a vapore. Dovette lottare contro interessi meschini e, come sempre succede in questi casi, contro le opinioni di competenti ed esperti (*).

Per dimostrare la stoltezza di quella nuova invenzione, alcuni esperti si espressero in questi termini: ”gli organi respiratori dell’uomo non possono sopportare nemmeno una velocità di cinque miglia all’ora, sarebbe una follia intraprende un viaggio simile; nessuna persona di buon senso vi si esporrebbe; comunque i viaggiatori dovrebbero farsi accompagnare dai loro medici”.

Questi competenti spiegavano che i passeggeri avrebbero perso sangue dal naso, dalla bocca e dalle orecchie a causa della velocità, soffocando nel percorrere una galleria che superasse i 60 metri di lunghezza; anzi, sostenevano che non solo i passeggeri correvano pericolo, ma anche i semplici spettatori sarebbero impazziti al veder passare il treno a spaventosa velocità.

Ad ogni modo, la velocità dei treni a locomotiva fu ostacolata principalmente dalla prescrizione di un’apposita legge a norma della quale davanti alla locomotiva doveva cavalcare un postiglione per avvisare la gente dell’approssimarsi del ... mostro!

(*) Richiamo l’attenzione su un personaggio di notevole spessore, Nicholas Wood (1795- 1865), che lavorò a stretto contatto con Stephenson.


lunedì 26 aprile 2021

Una goccia

 

Questa sera è caduta una goccia dacqua nella morta gora, increspandone lievemente la superficie. Non il preannuncio di un temporale, e nemmeno di una pioggerella. Tutto come prima, un delirio di potere che si può riassumere in: niente di cui fregarsene degli altri, zero empatia, zero emozioni, zero rimorsi.


Non possono tacere

 

Segnalo al distratto distinto sig. Giuseppe Severgnini, che secondo i dati raccolti dal Washington Post, 6.222 persone sono state uccise dalla polizia negli Stati Uniti dall’inizio del 2015. In poco più di sei anni quasi tre volte rispetto ai soldati statunitensi uccisi in Afghanistan nel corso negli ultimi due decenni. Eh sì, perché sono vent’anni che gli Usa esportano libertà e democrazia da quelle parti. Sappiamo quanto bisogno hanno gli afghani di democrazia americana, come già i vietnamiti e tanti altri.

Il dato non è nuovo, come a suo tempo segnalato dal Sole 24ore, con richiamo sempre al Washington Post: dal 2013 al 2019, in sette anni la polizia americana ha ucciso 7.663 persone, ovvero in media 1.100 l’anno. Nel 2021 sono 355 gli ammazzati dalla polizia. Due dozzine sciolte la settimana.

Per quale motivo questi dati non sono resi pubblici da organismi ufficiali?

«Il governo federale non pubblica dati completi sulla violenza o sulla cattiva condotta della polizia. In 38 stati, le leggi limitano o vietano alle agenzie di rendere pubblici questi documenti. Anche negli stati in cui si suppone che queste informazioni siano di dominio pubblico, le agenzie di polizia locali spesso rifiutano di soddisfare le richieste di documenti pubblici o addebitano tariffe esorbitanti per produrre tali documenti. In alcuni casi, come Rapid City, [la seconda città più popolosa del South Dakota], la polizia si è rifiutata di fornire anche i dati di base sulluso della forza da parte della polizia a meno che un tribunale non ordinasse loro di rendere pubblici questi documenti.»

Per quanto riguarda gli arresti:

«I neri sono stati arrestati a tassi più elevati rispetto ai bianchi del 92% nelle giurisdizioni di polizia che hanno segnalato 100 o più arresti nel 2019, inclusi tutti i dipartimenti di polizia con una giurisdizione di oltre 400.000 abitanti. Nonostante le ricerche dimostrino che i neri e i bianchi usano droghe a tassi simili, tre quarti dei dipartimenti di polizia hanno arrestato i neri per possesso di droga a tassi più elevati rispetto ai bianchi. Inoltre, nonostante un calo complessivo degli arresti per possesso di droga nelle grandi città, le disparità di arresti per neri e bianchi in questi arresti sono aumentate in molte città dal 2013, una tendenza che è stata citata in ricerche precedenti.»

Lo dico senza ombra d’ironia: ha ragione Severgnini a non tacere sulla Russia. Però ogni tanto, se non altro per evitare il torcicollo, si volti anche dall’altra parte. 

domenica 25 aprile 2021

Da che pulpito

 

È bello sapere che c’è ancora chi si misura il pene: Erdoan e Biden, per esempio.



Pelle rossa.


Pelle nera.


Pelle gialla.

Inferno indiano, paradiso italiano

 


In India i contagi sono lo 0,0025 per cento,
i morti lo 0,0002 della popolazione.


In Italia lo 0,022 per cento i nuovi casi e lo 0,0005 i morti,
e però in India è "Inferno".

sabato 24 aprile 2021

Come i Rothschild gabbarono Napoleone

 

Un tempo, ma anche oggi, il nome Rothschild fu sinonimo di banchieri e di un grande potere finanziario. I Rothschild rappresentavano una schiatta adusa a prestare denaro a interesse e a maneggiare commerci, dunque dei “perfidi giudei”. Vox populi, vox Dei, si diceva quando faceva comodo chiamare a testimone la plebe.

Per quanto mi riguarda, non do credito alla tesi su talune presunte attitudini che sarebbero “innate”, e ciò non vale solo per le “attitudini usuraie” e simili addossate agli ebrei, ma anche per altri tipi di attitudini, poiché esse, anche quando intese in senso positivo, rappresentano l’altra faccia di un pregiudizio.

Vorrei ricordare che a latere dei ricchi ebrei ne esistono molti di condizione economica più comune. Se, inoltre, scorrendo l’elenco dei nomi dei premi Nobel s’incontrano parecchi nomi ebrei, va tuttavia osservato che nello stesso elenco sono scarse le donne, pochi i “non bianchi” e per meriti scientifici non c’è alcun “nero”. Magari la faccenda è un po’ più complicata e non riguarda solo “talento” e “attitudini”.

venerdì 23 aprile 2021

Pagliacciate, frodi e trappole politiche


Eccone un altro.


Il presidente Joe Biden ha convocato un vertice di 40 paesi, un evento di due giorni pieno di vuote promesse da parte dei maggiori produttori e consumatori di combustibili fossili del mondo, i quali hanno promesso, come già in passato, d’impegnarsi e di fare meglio per ridurre l’inquinamento: entro il 2030, o 2050, o 2060 e via procrastinando.

Un autentico piano globale per affrontare il riscaldamento e il cambiamento climatico non si trova da nessuna parte, poiché tutto è subordinato da due fattori: gli interessi economici e quelli strategici degli stati-nazione rivali. Ciò impedisce che un evento come un vertice globale su quel tema assuma un significato reale.

Prendiamo in esame la situazione dal lato degli Stati Uniti.

giovedì 22 aprile 2021

Sushi al trizio

 

L’11 marzo 2011, un violento terremoto ha creato uno tsunami che ha devastato le città costiere del Giappone e causato una parziale fusione in tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Per raffreddarli, l’acqua veniva pompata attraverso i reattori, un processo che continua ancora oggi, e raccolta e immagazzinata in grandi serbatoi di acciaio all’esterno della struttura. Si stima che ci vorranno altri tre decenni per completare lo smantellamento dell’impianto.

Il 13 aprile scorso, il governo giapponese ha annunciato che intende scaricare 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi nell’Oceano Pacifico. I lavoratori della pesca, dell’acquacoltura e di altre industrie correlate hanno denunciato la decisione insieme ai governi della regione, tra cui Corea del Sud e Cina.

Tokyo ha affermato che l’acqua sarebbe stata scaricata solo dopo essere stata trattata per rimuovere gli isotopi radioattivi più dannosi. Lo stesso giorno il primo ministro Yoshihide Suga ha sostenuto che non ci sono alternative allo scarico e per smantellare la centrale nucleare e ricostruire l’area di Fukushima.

La Tokyo Electric Power Company (TEPCO), proprietaria dell’impianto, afferma che filtrerà tutti gli isotopi pericolosi dall’acqua, tranne il trizio che è difficile da rimuovere. Diluirà l’acqua a livelli considerati innocui. Il governo afferma che questo processo replica ciò che avviene negli impianti nucleari di tutto il mondo. Ha fissato un limite di 50 becquerel di attività radioattiva per chilogrammo (Bq/kg) nel cibo proveniente da Fukushima al fine di dimostrare la sua sicurezza, molto al di sotto dello standard di 1.200 Bq/kg negli Stati Uniti. Tuttavia, il trizio, se ingerito, può aumentare il rischio di cancro.

Ci sono poche ragioni per credere a TEPCO. L’azienda ha affermato per anni di aver filtrato isotopi pericolosi fuori dall’acqua e solo nel 2018 ha ammesso di aver mentito. TEPCO ha una lunga storia di violazione delle norme di sicurezza, inclusa la creazione delle condizioni che hanno portato lo tsunami a danneggiare l’impianto.

Nonostante tutte le affermazioni di aver imparato dal disastro del 2011, TEPCO ha ammesso a febbraio di aver saputo che lo scorso anno due sismometri installati nel reattore numero 3 funzionavano male e non erano stati riparati. L’autorità di regolamentazione nucleare ha incaricato l’azienda di installare i dispositivi di misurazione solo nel marzo 2020. Il problema è emerso dopo che i dispositivi non sono riusciti a registrare un terremoto a febbraio.

Ci sono state manifestazioni di protesta degli abitanti della zona in merito alla decisione del governo e della TEPCO. I pescatori sono preoccupati per l’impatto e dal fatto che non potranno vendere le loro catture. La TEPCO afferma che risarcirà coloro che subiranno perdite, ma i pescatori hanno respinto la profferta come insufficiente.

Molte città costiere della regione fanno molto affidamento sulla pesca, non solo in Giappone. Il 19 aprile, i pescatori sudcoreani hanno organizzato una manifestazione in mare al largo della costa meridionale vicino a Yeosu, coinvolgendo circa 150 imbarcazioni. Una dimostrazione separata lo stesso giorno ha avuto luogo al largo della costa dell’isola di Geoje. Ci sono fino a 130.000 pescatori nello Shandong e forse un milione a livello nazionale cinese.

Seoul sta valutando la possibilità di intraprendere un’azione legale contro il Giappone presso il Tribunale internazionale per il diritto del mare e ha richiesto informazioni a Tokyo, che finora non ha risposto.

Non vi è alcuna garanzia che non mangeremo pesce radioattivo. Il vice primo ministro giapponese Taro Aso ha dichiarando: “Anche bere l’acqua [contaminata] non sarebbe un grosso problema”.

Se le acque reflue nucleari verranno scaricate in mare, e la cosa è certa, l’impatto andrà oltre la sicurezza alimentare.

martedì 20 aprile 2021

Notizie marziane

 

Ieri mattina, alle 12,33 ora locale, mentre le pacifiche democrazie occidentali inviavano flotte militari nel Mar Nero in aiuto dei fratelli ucraini minacciati dall’orso russo, dalla pista denominata Fratelli Wright, il piccolo elicottero robotico Ingenuity è diventato il primo aeromobile della storia umana a compiere con successo un volo controllato e motorizzato su un altro pianeta. Il team Ingenuity del Jet Propulsion Laboratory (JPL) ha ricevuto i dati del volo che dimostrano i risultati tecnici raggiunti e le possibilità scientifiche volando attraverso l’atmosfera rarefatta di Marte.

Ingenuity, con rotore a energia solare, è decollato autonomamente quando il suo controller ha stabilito di avere a favore la massima luce solare e condizioni di volo ottimali. I dati restituiti dall’altimetro di bordo e da altri strumenti hanno confermato che ogni aspetto del volo è andato come previsto: in 39,1 secondi, l’elicottero ha fatto girare i rotori, è decollato, è salito alla sua altitudine massima di tre metri, si è librato, ha fatto un quarto di giro e infine è atterrato sul pianeta rosso.

Ingenuity è un componente della missione Mars 2020 della NASA, che include anche il rover Perseverance. Le immagini del volo di Ingenuity riprese da MastCam-Z montata sul rover, hanno confermato il successo della prova.

Come per tutti i risultati ottenuti nei viaggi spaziali, il primo volo a motore riuscito su Marte è stato estremamente impegnativo. Una di queste difficoltà si è manifestata la scorsa settimana, quando è stato programmato il primo volo del velivolo ed è stato rilevato un errore durante un test pre-volo del rotore. Dopo diversi giorni di studio accurato del problema, il software aggiornato è stato inviato a Ingenuity, consentendo ai suoi sistemi di guida, navigazione e controllo di bordo di decollare e atterrare senza problemi.

La Terra e Marte distano attualmente circa 288 milioni di chilometri, vale a dire che i segnali radio impiegano più di 16 minuti per percorrere quella distanza. Ciò significa che l’elicottero non può essere pilotato semplicemente con il joystick in tempo reale e quindi i voli devono essere autonomi. Inoltre, deve volare in gravità che è circa un terzo di quella terrestre in un’atmosfera densa circa l’uno per cento di quella terrestre.

L’oggetto principale della missione è il rover Perseverance e la sua vasta suite strumentale per esperimenti astrobiologici, mentre Ingenuity è stato aggiunto come banco di prova per fornire informazioni sulle difficoltà di volo nell’atmosfera marziana. Questa missione è simile a quella di Mars Pathfinder e al suo rover di accompagnamento, Sojourner, giunto sul pianeta nel 1997, in gran parte progettati per testare nuove tecnologie e gettare le basi per missioni future.

Il prossimo volo di Ingenuity è previsto per giovedì, un piccolo trasferimento laterale di due metri, mentre il terzo volo si estenderà per 50 metri e ritorno alla base di partenza. I piani per voli successivi saranno stabiliti dopo aver analizzato i dati di questi voli iniziali. Forse ci saranno voli fino a 600 o 700 metri e a quote più alte.

Da quando il 3 aprile Ingenuity è stato depositato sulla superficie di Marte da Perseverance, le operazioni del rover si sono concentrate principalmente sul fornire supporto all’elicottero, fungendo da ponte di comunicazione con la Terra, oltre a documentare i suoi voli.

La finestra di 30 giorni per le operazioni di Ingenuity si chiude all’inizio di maggio, quando è previsto che Perseverance riprenda le normali operazioni. A quel punto, l’elicottero verrà disattivato, forse spingendolo ben oltre le sue specifiche di progetto. La missione principale su Marte 2020 continuerà.

Ci sono già idee per realizzare un futuro velivolo che sarà più grande di Ingenuity e in grado di comunicare con gli orbitanti senza la necessità di passare attraverso un lander, consentendogli una missione molto più lunga e più impegnativa.

Ciò che viene appreso dall’esperienza con Ingenuity fornirà anche una guida per Dragonfly, una missione pianificata sulla luna più grande di Saturno, Titano. Il lancio di Dragonfly è previsto per il 2027 ed è progettato per volare da un punto all’altro sulla superficie di Titano e studiare la chimica straordinariamente unica e complessa di quel satellite.

Dal pianeta rosso, per il momento è tutto.

lunedì 19 aprile 2021

Il gioco preferito

 


In una società dominata dalla ricerca del profitto, il capitale s’impadronisce di qualsiasi ambito dove possa trovare redditività. Ciò che vale per la scienza, per la cultura, per l’intrattenimento in generale, perché non dovrebbe valere per lo sport professionistico?

E però ci si straccia le vesti perché i capitalisti fanno il proprio mestiere, nel senso che investono i propri denari dove più gli conviene. Sono i loro critici che non vogliono intendere che il capitale è egemone. Quella “sinistra” che non sa fare il proprio di mestiere, irriducibile a fronte di accentramenti giganteschi e paurosi, ostinata nel non voler ammettere che in una società capitalistica a dettar legge è il capitale e i gruppi sociali che lo controllano.

Quella sinistra liberalsocialista, votata al riformismo e che vuol far credere sia possibile il governo politico dell’economia e dei grandi processi mondiali. In Italia poi, dove il riformismo è stato declinato molto più che altrove in assistenzialismo e spesa facile, finalizzati alla costruzione e al mantenimento del consenso.

Più in generale, un sistema politico che neanche la produzione e l’approvvigionamento dei vaccini ha saputo organizzare e governare, dovrebbe spiegare con quali politiche vorrebbe fermare il dominio della finanza, la libertà incondizionata dei capitali speculativi, il ricatto del grande business nei confronti dei singoli Stati.

Quando va bene questi signori si limitano ad assumere passivamente le direttive dei mercati e restano indifferenti a fronte dello scatenarsi del dumping sociale. Di quanto crescono i profitti delle unità locali di gruppi multinazionali? Esempio: pur essendo pari all’1,2% del totale nazionale, realizzano quasi il 21% del valore aggiunto dell’intera economia italiana (*).

Volevano mettere un sassolino a valle quando si è aperta la diga delle disuguaglianze. È finita che manco quel sassolino hanno messo, assumendo i connotati del liberismo stesso, che ben sappiamo non è interessato a dare risposte alle disuguaglianze e alla crisi, ma solo continuare a farsi gli affari propri.

Ed eccoli qui, tutti radunati a denunciare gli spiriti animali che monopolizzano il loro gioco preferito, dopo quello della spartizione delle poltrone.


(*) Istat, pubblicazione dicembre 2020, dato riferito al 2018.

La nuda vita di Giorgio Agamben

 

Il professor Giorgio Agamben, in un articolo dal titolo La nuda vita e il vaccino, ci racconta che cos’è per lui la “nuda vita”.

«È venuto il momento di precisare senso e origine di questo concetto. È necessario per questo ricordare che l’umano non è qualcosa che sia possibile definire una volta per tutte. Esso è piuttosto il luogo di una decisione storica incessantemente aggiornata, che fissa ogni volta il confine che separa l’uomo dall’animale, ciò che nell’uomo è umano da ciò che in lui e fuori di lui non è umano».

A capo dell’umano e il non umano – scrive – vi è «una soglia che insieme li divide e congiunge, che è la nuda vita, cioè una vita che non è né propriamente animale né veramente umana, ma in cui si attua ogni volta la decisione fra l’umano e il non umano. [...] Si può chiamare macchina antropologica il dispositivo attraverso cui questa decisione si attua storicamente. La macchina funziona escludendo dall’uomo la vita animale e producendo l’umano attraverso questa esclusione».

Sembra tutto a posto, ma non è così. Non basta dire che l’umano è il luogo di una decisione storica incessantemente aggiornata, dove viene a stabilirsi ciò che è umano da ciò che non lo è (in negativo: di volta in volta schiavo, barbaro, ebreo, malato, ecc.), e che la “macchina antropologica è il dispositivo attraverso cui questa decisione si attua storicamente”.

Quello delineato da Agamben è un modello di sviluppo causalistico meccanicistico. Anche laddove esiste una corrispondenza con altri animali nella radice antropogenica unitaria, non basta dire che l’”umano” si definisce di volta in volta storicamente, in positivo e in negativo, sulla base di un meccanismo di sviluppo antropologico.

Qualche ulteriore precisazione andrebbe fatta in tal senso. L’essere umano non si risolve (non si “decide”) nella “nuda vita”, nella “soglia che insieme ci divide e congiunge” al branco socievole di paleantropi con una coscienza puramente animale della natura.

La condizione umana può essere compresa solo nella sua contraddizione reale, ossia storico-sociale. Come diceva quel tale, l’essere umano non è un’astrazione immanente all’individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l’insieme dei rapporti sociali.

Ed è appunto all’interno di questi stramaledetti rapporti sociali (come fattore dinamico intrinseco e non sulla traccia – che fa presto con questi chiari di luna a diventare labile – d’astratte “soglie” tra animalità e umanità) che si “decide” che cos’è umano da che cosa non è considerato tale (vedi Aristotele in rapporto alla schiavitù, il KKK con i cosiddetti neri, eccetera.).

È in tale àmbito che si “decide” chi è uno schiavo, un ebreo, un barbaro e perfino che cos’è “malattia” e tutto il resto. Nel sociale avviene la lotta; in tale luogo la “decisione storica”; è lì che si misurano le insanabili contraddizioni in sviluppo, per esempio, quella tra forze produttive che cozzano contro i rapporti di produzione, quella tra le diverse classi sociali, quelle all’interno della famiglia tradizionale, e via elencando.

L’”umano” è un fenomeno sociale, non semplicemente un “meccanismo antropologico” (che vuol dire tutto e niente), e dunque non basta evocare la “storia” a mo’ di processo entro cui tutto avviene e si risolve infine in “diritti inalienabili e indecidibili” messi ora in stand by dall’eventuale obbligo del “vaccino”.

La “nuda vita” di cui parla Agamben è un’astrazione, perciò lasciamola declinare ai preti, agli antiabortisti, ai contrari al testamento biologico, eccetera (cè il rischio di aggiungere altra acqua torbida alla incessante ruota del loro mulino).

domenica 18 aprile 2021

Le conseguenze di un pregiudizio

 

Molte cose non mi aspettavo nella vita, una di queste, la più banale, è quella di difendere un Lord inglese dagli attacchi gratuiti perché omosessuale. Vero che certe persone ultimamente ci stanno rompendo assai con il cosiddetto “politicamente corretto” e cose del genere, fino a pretese comiche, ma ciò non costituisce un buon motivo per assecondare atteggiamenti cosiddetti omofobi.

*

Niall Ferguson è uno storico scozzese, saggista e giornalista, professore di Harvard e editorialista di Newsweek, molto noto anche in Italia (scrive anche per il Corriere e Il Sole 24ore). Nel 2012 ha attirato brevemente l’attenzione dei media litigando con Paul Krugman e altri che avevano criticato un suo articolo pieno di errori scritto per Newsweek. Nel 2011 ha litigato a lungo con la London Review of Books per una recensione negativa del suo libro Civilization.

sabato 17 aprile 2021

I maiali di Keynes e quelli di Wilson


L’annuncio dato dal lord John Maynard Keynes del suo fidanzamento con Lydia Lopokova, una delle stelle del Ballet Russes di Djagilev, lasciò stupiti i suoi amici del Gruppo di Bloomsbury. John fino ad allora aveva coltivato solo amicizie maschili e il suo più grande amore, negli anni di Cambridge, era stato Duncan Grant, che sarà poi amante dapprima dello scrittore Lytton Strachey e poi compagno di Vanessa Stephen (una relazione platonica e intellettuale), sorella di Virginia Woolf, entrambe componenti di quel sodalizio. La notizia di quel fidanzamento deve aver stupito ancor più gli aderenti della Società degli Apostoli (erano dodici, compreso Keynes), che “della loro omosessualità avevano fatto una bandiera di libertà”.

No, non ci siamo, questo è un blog serissimo, perciò riparto dell’inizio della storia. Quanto premesso aveva solo il maldestro scopo di catturare l’attenzione di qualche lettore curioso sfuggito all’estinzione del tardo antropocene. 

*

Avevo incontrato Melchior alcuni decenni or sono, per poi dimenticarmene. Luogo dell’incontro una raccolta di scritti di Keynes edita da Einaudi nel 1951. Alcuni giorni or sono, riponendo nella mia libreria Le conseguenze economiche della pace, mi ha attratto un librino posto al suo fianco, un’edizione dal titolo Le mie prime convinzioni, per i tipi dell’Adelphi. Raccoglie due brevi scritti di Keynes, in uno dei quali compare quel Melchior incontrato nel volume einaudiano (*).

Si tratta di uno scritto che, per esplicita richiesta del suo stesso Autore, fu edito solo dopo la sua morte. Avendo frequentato un certo numero di opere di Keynes, ritengo che Melchior, un nemico sconfitto, rappresenti una delle cose più felici uscite dalla sua penna, forse perché destinata a un ristretto cerchio di amici e non alla pubblicazione immediata.

È imperdibile, per esempio, la descrizione del maresciallo Foch, ritratto come un pio cattolico, “una specie di contadino francese”, con i baffi ispidi e la dentiera. Un omino, questo Foch, che fa tutto di buon orario: si alza, mangia e si corica molto presto.

Memorabili, per Keynes e i suoi compagni che seguirono nello stesso treno il Foch diretto a Treviri per incontrare la delegazione tedesca, furono le interminabili partite di bridge. Ecco come il gentleman inglese descrive l’arrivo della delegazione tedesca:

Erzberger, grasso e disgustoso nel suo cappotto di pelliccia, percorse la banchina diretto alla carrozza del Maresciallo. Con lui c’erano un generale e un capitano della marina con la croce di ferro al collo e una straordinaria somiglianza, per volto e corporatura, con il maiale di Alice nel paese delle meraviglie. Tutti insieme corrispondevano perfettamente all’immagine tradizionale che si ha degli unni. Quella razza è assai penalizzata dal proprio aspetto fisico. Chissà che non sia stata questa la vera causa della guerra!

In quel tempo in Germania si moriva letteralmente di fame, la malnutrizione e la miseria favorivano il diffondersi esiziale della influenza “spagnola”. Le autorità francesi infine si dichiararono non contrarie affinché la Germania si rifornisse di derrate alimentari all’estero; avevano sancito, nero su bianco nelle ripetute riscritture dell’armistizio, che i pagamenti di quelle merci non potevano essere effettuati usando oro, titoli esteri o altre disponibilità liquide. Tali valori dovevano restare congelati in vista delle riparazioni destinate agli Alleati.

Tuttavia tale posizione intransigente creava dei problemi agli Alleati stessi. Per esempio, gli americani dovevano far fronte alla sovrapproduzione di carne di maiale. Keynes, nel suo ruolo di rappresentante finanziario britannico in seno al Supremo Consiglio Economico presso la Conferenza di Parigi, inviò a tale riguardo un suo rapporto al cancelliere dello scacchiere:

«Gli americani hanno proposto che si riversino sulla Germania i grandi stock di pancetta di bassa qualità in nostro possesso, e li si rimpiazzi con stock più freschi e vendibili. Dal punto di vista alimentare sarebbe chiaramente un buon affare per noi».

Si temeva, sottolineava Keynes, che la Germania, finito l’embargo nei confronti dei paesi neutrali, dato per imminente, potesse “rifornirsi di grassi su scala molto generosa”.

A riguardo del presidente Wilson, scrive Keynes, egli “è stato molto eloquente circa la necessità di un’azione tempestiva” al fine di evitare che la Germania cadesse preda del “bolscevismo”. In realtà, scrive ancora il lord inglese, “a ispirare le sue parole sono le abbondanti e costose scorte di carne di maiale, da scaricare a ogni costo su qualcuno, nemici o alleati che siano”.

Un’ennesima dimostrazione, di ieri, di oggi e di domani, della considerazione che la classe dominante ha del “popolo”, cioè di quelle plebi che sono poi chiamate “ad esprimere col loro voto” da chi vogliono essere ingannate.

Quanto al Melchior, consiglio di leggere che cosa ne racconta Keynes di prima mano.


Sopra l'edizione Einaudi.
In basso la presunta prima traduzione in italiano.

(*) Nel volumetto edito da Adephi, si afferma che dei due scritti keynesiani, il primo, Melchior, un nemico sconfitto, “fu tradotto in italiano oltre cinquant’anni fa e incluso, con il titolo Dr. Melchior, nella raccolata di scritti di Keynes Politici ed economisti”; il secondo, Le mie prime convinzioni, che dà il titolo al volumetto stesso, “viene qui tradotto per la prima volta”. Non è così. Entrambi gli scritti keynesiani furono pubblicati nel volume einaudiano Politici ed economisti. Osservo che nell’edizione di Adelphi sono stati operati, rispetto all’edizione einaudiana, dei tagli al testo non segnalati. 

venerdì 16 aprile 2021

Auguri, Joseph

 

Novantaquattro anni fa nasceva Joseph Aloisius, ad Marktl am Inn, dove Inn sta per il fiume che poi passa per Innsbruck, e nel quale si possono catturare trote e perfino dei temoli, le cui carni sono cibo per gli dèi. Joseph, estimatore di Mozart, è apprezzato tra parenti e amici come provetto interprete mozartiano al pianoforte.

Marktl am Inn si trova in Baviera, a ridosso del confine con l’Austria. Da lì, seguendo la strada per una decina di chilometri, la località successiva è Braunau, che si affaccia sull’Inn, confine tra i due Stati. Il 20 aprile di molti anni prima aveva dato i natali a un pittore, che quando nacque Joseph si faceva apprezzare per le sue barzellette salaci.

Il destino di due grandi artisti si è incrociato in quel breve tratto di fiume.


Non basta aver ragione / 2

 

Seconda parte.

Keynes, nelle sue considerazioni sulle conseguenze economiche del trattato di Versailles, scrive che l’entità dei danni materiali prodotti nei territori invasi dei tedeschi fu oggetto di “enormi esagerazioni” in sede di valutazione. Vero è che la quantità di lavoro umana necessaria per restaurare le devastazioni prodotte dalla guerra sembrava incalcolabile, e ciò non poteva non provocare forte risentimento. Tuttavia, precisa Keynes, “Alcuni governi non si sono vergognati di sfruttare alquanto questi sentimenti”.

Per esempio, egli testimonia come in Belgio l’area effettivamente devastata corrispondeva a “un’esigua porzione dell’insieme”. La terra in Belgio “è in grandissima parte ben coltivata come prima”. Eppure le richieste alla Germania di risarcimento “furono superiori al totale della ricchezza prebellica stimata dell’intero paese”.

In Francia invece la distruzione fu di tutt’altro ordine di grandezza. I diritti della Francia in materia di risarcimenti furono immensamente più ingenti, “ma anche qui ci sono state forti esagerazioni, come hanno osservato gli stessi statistici responsabili francesi”, scrive il lord inglese.

Insomma, a Versailles fu imbastito un trattato talmente illogico e squilibrato che poi risultò controproducente anche per chi avrebbe dovuto trarne vantaggio.

La consegna della flotta mercantile tedesca portò l’industria navale dei Paesi ex nemici sull’orlo della rovina; le forniture forzate di carbone tedesco provocarono disoccupazione in Francia e, in Inghilterra, il più grande sciopero minerario della sua storia. Non solo, il rimborso delle riparazioni, per quanto riguarda l’Austria, nei primi anni Trenta innescherà squilibri monetari con fallimenti bancari a catena.

A seguito dell’inottemperanza tedesca a pagare le rate stabilite (per l’ammontare complessivo pari a oltre 46.000 tonnellate d’oro, con l’interesse del 6%), nel gennaio 1923 la Francia e il Belgio procedevano all’occupazione della Ruhr (bacino minerario e zona industriale di rilevantissima importanza per la ripresa dell’economia tedesca), che proseguì fino al 1924, quando fu accolto il piano Dawes sulle riparazioni, che prevedeva il pagamento secondo rate crescenti ma senza definire un ammontare complessivo (*).

A trarne effettivamente vantaggio in termini politici fu il nazionalismo, non solo germanico, che ancora una volta si accingeva a rappresentare una delle cause funeste chr minarono la pace in Europa. Tuttavia, specie nelle sue forme estreme, per accrescersi e imporsi come forza dominante, il nazionalismo ha bisogno che maturino e persistano determinate condizioni, altrimenti rimane sottotraccia, rancoroso, cattivo, ma marginalizzato.

La Germania, dopo gli anni terribili dell’iperinflazione (alcuni abili speculatori ammassarono fortune enormi e i debiti di finanzieri ed imprenditori furono polverizzati), della disoccupazione di massa, della fame, dei disordini, si stava riprendendo. Berlino diventava lussuosa, spensierata, uno dei centri del mondo, pur in presenza di ampie sacche di miseria resistenti. Versailles apparve sempre più lontana, anche se non dimenticata, e la vendetta restò materia di propaganda di forze politiche residuali.

Le elezioni del 1928, avevano visto il Partito socialdemocratico alle elezioni per il Reichstag segnare quasi il suo massimo storico: 153 seggi su 491; il Partito popolare 79, quello di Centro 161, il Partito comunista 54; i nazisti avevano raggranellato non più di 12 deputati. Il figlio del fu Aloys Schicklgruber non aveva alcuna chance, sarebbe rimasto per qualche tempo un bizzarro oratore da birreria e poi più nulla.

Va però tenuto conto che in ogni epoca vi sono processi che si svolgono sotto la superficie delle cose per poi esplodere improvvisi. Che cosa accadde dal 1928 al 1931, quando i nazisti superarono i 100 seggi, e poi nel luglio dell’anno dopo li raddoppiarono e più? Non fu un fatto nuovo a determinare tale successo, se non nella sua dimensione straordinaria: la crisi finanziaria dell’autunno del 1929 e il seguito di stagnazioni, fallimenti e collassi di ogni tipo, stanchezza e disperazione (**).

La crisi era incomincia negli Stati Uniti, i veri vincitori della guerra mondiale. L’edificio del benessere diffuso crollò da un giorno all’altro. Una lezione che andrebbe meditata attentamente anche oggi.

La speculazione finanziaria e la dilatazione del credito negli anni Venti raggiunse livelli folli. Nel 1929, nel momento in cui le banche, gravemente scosse, si videro costrette a revocare i crediti su larga scala e a ritirare i fondi prestati all’estero, la crisi dilaga nel mondo intero, ma ognuno vide il proprio caso, così come succede ora con la pandemia virale laddove ognuno bada anzitutto a se stesso.

La Germania fu colpita dalla crisi troppo presto, nel senso che non aveva ancora consolidato abbastanza i propri conti e la propria economia, mentre la repubblica, fondata sulla Costituzione scritta a Weimar, non aveva ancora fatto acquisire piena consapevolezza delle realizzazioni politiche ed economiche degli ultimi anni.

È in questa situazione che il campanilismo scontento si fa strada, come sempre foriero di pericolose conseguenze. Cercare le colpe degli eventi non in se stessi ma negli altri diviene un fatto normale, perché ciò che accade a ognuno sembra immeritato. Fu quello il momento dei profeti, dei predicatori d’illusioni, di paradisi promessi a stretto giro.

Nella rete delle illusioni e facili soluzioni caddero in molti: salariati e padroni, piccola e grassa borghesia, persone sagaci e spiriti semplici, gli onesti e la canaglia, gli apolitici e i silenziosi, ossia quelli che in genere più si fanno trascinare da una nuova idea, posto che i vecchi partiti non hanno nulla da offrire.

Non bastano gli avvertimenti, gli allarmi dei più avveduti, perché non basta aver ragione, bisogna essere in grado di farla riconoscere. Ma come si può quando la situazione si fa via-via più confusa e disperata? Anche adducendo i migliori argomenti del mondo, a prevalere saranno sempre le esagerazioni e le menzogne, con la loro forza di seduzione.

Le crisi, come già le guerre, vediamo oggi le pandemie, procedono per proprio conto; loro oggetto è anzitutto l’economia, che disastrano a loro capriccio. Le conseguenze diventano sociali e poi politiche, fino ad assumere rilevanza storica speciale.

Possiamo ingannare noi stessi fino alla catastrofe. Non importa se sarà economica, ecologica o bellica, se sarà molte cose insieme. Sappiamo che quasi tutto è possibile sotto il cielo, perfino che non accada nulla e tutto si salvi. Alziamo le nostre personali e collettive barriere difensive, ma prima o dopo arriva il momento di verità, per suscitare in noi un senso d’impotenza e di disperazione.

(*) L’art. 428 del Trattato di Versailles stabiliva l’occupazione alleata di territori tedeschi ad ovest del Reno, a titolo di garanzia dell’esecuzione del Trattato da parte della Germania. Tale occupazione, realizzata da Belgio, Francia e Gran Bretagna, si sarebbe protratta per un periodo di quindici anni, nel corso dei quali sarebbe stata gradualmente ridotta a condizione che la Germania eseguisse gli obblighi derivanti dal Trattato.

(**) Al piano Dawes si sostituì dal 1° settembre 1929 il piano Young, che riduceva il debito di un 20% e lo suddivideva in rate da pagare in 58 anni (l’ultima nel 1988); inoltre, divideva il pagamento annuale (nell’ordine dei 473 milioni di dollari) in due parti: una parte senza condizioni, per un terzo della somma, e la restante parte che poteva essere posposta. Data la crisi scoppiata di lì a poco, nel 1932 la Conferenza di Losanna propose di ridurre le riparazioni alla somma simbolica di tre miliardi di marchi. L’accordo non fu mai ratificato per l’opposizione degli Stati Uniti. La Finlandia fu l’unica a pagare integralmente il suo piccolo debito. Nel 2010 la Germania estinse i suoi debiti di guerra con un’ultima rata.