Parigi, mercoledì 23 luglio 1794. Nella notte un temporale ha pulito e rinfrescato l’aria, ma ha reso le strade della città degli acquitrini. In una di queste, il cui tratto farà poi parte della napoleonica rue de Rivoli, sta transitando una carretta carica di condannati alla ghigliottina. Sono diretti a Place de la Révolution, l’attuale Place de la Concorde.
Lunedì prossimo, il 28 luglio, transiterà un’altra carretta che porterà alla ghigliottina il moribondo Robespierre. Ma non anticipiamo i tempi, per il momento la carretta sta trasportando, tra gli altri, l’ex visconte Alexander de’ Beauharnais, il quale aveva rinunciato ai privilegi feudali e aderito con entusiasmo alla rivoluzione, tanto da diventare presidente dell’Assemblea costituente, poi comandante dell’armata del Reno. Non aveva saputo tenere Magonza, e sospettato di intelligenza col nemico, nel marzo scorso era stato arrestato e poi processato e condannato a morte. Anche la sua cara moglie Rose, in aprile, è stata arrestata e presto probabilmente avrebbe seguito la sua stessa sorte. Quanto tutto ciò sarà compiuto, i loro due figlioli resteranno orfani.
La rivoluzione non è un pranzo di gala, avrebbe poi osservato qualcuno. È un atto di violenza, l’azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un’altra classe. Nel caso di specie è la borghesia che veste gli abiti della classe rivoluzionaria, e si avvale per il lavoro sporco della manodopera meno schizzinosa della classe più numerosa.
Fu in tali circostanze, la notte precedente la sua decapitazione, che nella sua cella, durante il temporale, il povero Alexander ebbe una visione. Gli apparve uno spettro, una specie di Tiresia, che così vaticinò:
«Signor visconte, non s’adombri per la sorte della sua stirpe, a cominciare dalla sua giovane e graziosa vedova. Sappia che sfuggirà per volere degli dèi alla triste sorte che ora l’aspetta, anzi diventerà tra dieci anni, pur passando di letto in letto, imperatrice dei francesi. Vedo nei suoi occhi incredulità, signor visconte, nel suo volto disegnarsi un’espressione di sarcasmo, ma posso assicurarle che ciò che le sto dicendo è quanto realmente accadrà. Per quanto riguarda il suo figliolo, Eugenio, egli diventerà ben presto viceré d’Italia, guiderà eserciti, tanto che in una lapide apposta sul ponte di Bassano (una cittadina dell’alto Veneto) celebrerà il suo nome come quello di un condottiero. Inoltre, sempre il suo Eugenio, sarà il genero del primo re di Baviera; suo figlio, cioè vostro nipote, sposerà la figlia maggiore di uno zar di Russia. Quanto alla sua figlioletta, caro visconte, Ortensia, diventerà regina d’Olanda e madre del terzo imperatore dei francesi, il quale sarà fatto prigioniero da un imperatore di Germania a Sedan. I suoi discendenti, visconte, siederanno sui troni di Svezia, di Norvegia, di Danimarca, del Brasile e anche dell’Anhalt-Dessau, di Cöthen e di Berbourg. La sua nipotina Stefania sarà granduchessa del Baden e un suo pronipote sarà l’ultimo cancelliere della Germania imperiale».
Aveva ragione Amantine Dupin quando diceva: “la vie ressemble plus au roman que le roman à la vie”.
Quando a scuola si studia sbrigativamente e spesso di malavoglia un’epoca storica, si trascura di approfondire le genealogie, che però sono il filo rosso che lega i destini personali a quelli collettivi. Ultima cosa, apparentemente fuori contesto. Quando leggiamo quelle che chiamo profezie statistiche, ricordiamoci che immancabilmente ci azzeccano quanto le classiche lancette dell’orologio rotto.
Mi darebbe qualche ulteriore indizio per capire come legare la descrizione precedente con le profezie statistiche?
RispondiEliminasua maestà il caso, che le profezie statistiche non possono contemplare se non come margine d'errore. troppo poco
EliminaRimango sempre allibito (e invidioso) delle sue conoscenze storiche, un antinozionismo che sa unire i dettagli con l'insieme generale...
Elimina