sabato 4 maggio 2019

Produttività del lavoro & salari



Sulla vexata quæstio produttività del lavoro & salari c’è una certa confusione sotto il cielo. La cosa non deve destare meraviglia visti i chiari di luna e che quasi a nessuno importa davvero. Provo dire due cose che abbiano senso e non siano troppo complicate, cioè partiamo da un esempio concreto letteralmente terra-terra.

Due cantieri edili dove si scavano delle fondamenta. Nel primo cantiere gli operai usano pala e piccone per scavare, nell’altro invece usano allo stesso scopo un mezzo meccanico, cioè una escavatrice. L’organizzazione del lavoro tra i due cantieri è diversa, poiché differenti sono i mezzi di lavoro e la quantità di manodopera necessaria. Nel secondo cantiere ciò si traduce in un netto risparmio di forza-lavoro dato dalla maggiore produttività del lavoro stesso grazie l’impiego di un mezzo tecnico incomparabilmente più evoluto di pala e piccone.

Infatti, a trarre vantaggio è l’impresa che effettua i lavori con tale macchina, poiché, pur investendo un maggiore capitale in mezzi di produzione, essa risparmia notevolmente sui costi della forza-lavoro, e in tal modo diventa più competitiva rispetto all’impresa che nello scavo impiega solo la forza delle braccia umane.

L’impresa meno competitiva non può far altro, per reggere in qualche modo la concorrenza “meccanizzata”, che ridurre i costi, anzitutto quelli salariali. Un tempo gli operai entravano in lotta a difesa dei salari, mentre oggi, di là di altre considerazioni, essi si trovano in una situazione di concorrenza sia con la manodopera immigrata e sia con imprese estere che a prezzi stracciati vincono gli appalti pubblici e privati.

Bisogna tener conto che il lavoro è parificato alle merci, e perciò è soggetto alle leggi che regolano il movimento generale dei prezzi, e che dunque il prezzo di mercato del lavoro, come quello di tutte le altre merci, si adatterà a lungo andare al suo valore.

In ultima analisi l’operaio non riceverà in media che il valore del suo lavoro, il quale si risolve nel valore della sua forza-lavoro, determinato a sua volta dal valore degli oggetti d'uso necessari per la sua conservazione e la sua riproduzione, valore che, infine, è regolato dalla quantità di lavoro necessaria per la loro produzione (*).

Se la quantità di lavoro necessaria per la produzione degli oggetti d'uso necessari per la conservazione e la riproduzione dell’operaio è data dal valore del suo lavoro con la pala e il piccone, va da sé che l’operaio dovrà lavorare per più tempo e con un salario più basso rispetto all’operaio che lavora con mezzi più moderni.

Per questo e altri motivi, parlare di salario minimo, tanto più a livello europeo, è alquanto stravagante. Il salario non è una variabile indipendente, piaccia o no, esso è correlato alla produttività del lavoro.


(*) Qui si astrae dal fatto che il valore della forza-lavoro è costituito da due elementi, di cui l'uno è unicamente fisico, l'altro storico/sociale, cioè secondo il tenore di vita tradizionale in ogni paese, ma anche questo, come vediamo anche ultimamente, è soggetto a scostamenti di congiuntura. Finora, nel tentativo di conservare fisicamente la “razza”, si stanno inventando un po’ di tutto in Italia e in Europa, compreso il reddito di cittadinanza e quello di sostegno alla povertà (non una novità storica), in ciò dimostrando: 1) cinismo; 2) illusorietà e stolidezza.

2 commenti:

  1. Quindi si cade in un bel vicolo cieco in cui il povero salariato italiano, (per restare entro i drammatici confini nazionali che ancora comunque sulla carta esistono, drammatici perchè oltretutto si continua a morire sui posti di lavoro come mosche o quasi) si vede fronteggiare dal nemico tecnologico (la macchina robot) dal nemico che lo sfrutta (imprenditore o tale) dal nemico straniero (lavoratori extracomunitari pagati una pagnotta) e dal nemico tesserato (il sindacato).
    Non è una lotta impari?
    Grazie per i continui spunti di riflessione

    Roberto

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    Risposte
    1. fotografi bene la situazione. a chi importa? senti gridare: il lavoro non è una merce. poveri illusi.
      grazie a te, ciao

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