domenica 5 maggio 2019

La falce del tempo



Un tempo, ogni scolaretto sapeva che Napoleone da ragazzo ebbe a scrivere a riguardo di Sant’Elena: “Piccola isola nell’oceano Atlantico”. Sembrava proprio una storiella agiografica, ma in realtà essa racconta un fatto reale. Nel suo Atlante personale, lo studente Buonaparte scrisse effettivamente, a riguardo di Sant’Elena: “Piccola isola”.

Non so se Napoleone se ne rammentò quando la notizia della sua destinazione gli fu comunicata dall’ammiraglio Keith sabato 29 luglio 1815.

Come che sia, la sera del 2 agosto Napoleone invitò Las Cases, al quale in seguito detterà il Memoriale di Sant’Elena, nella sua cabina sulla nave inglese che li “ospitava”. Las Cases in passato era stato autore di un fortunato Atlante storico. Napoleone gli chiese notizie più precise sul posto verso il quale stavano per salpare. “Ma è proprio sicuro che io ci vada?”, si chiede all’improvviso Napoleone. Las Cases fruga tra i suoi ricordi di autore geografico. “Che potremmo fare in quel luogo sperduto?”, chiede ancora Napoleone. La risposta di Las Cases è pronta: “Vivremo del passato, Sire, c’è di che appagarci perché rileggerete voi stesso”. Napoleone comprende la situazione: “Bene! Scriveremo le nostre memorie”. E poco dopo: “Sì, bisognerà lavorare: anche il lavoro è la falce del tempo”.

Sant’Elena è effettivamente l’isola delle nebbie, un postaccio tutt’oggi. Pieno di topi, tra l’altro. Napoleone un giorno se ne ritroverà uno perfino dentro il suo celebre cappello bicorno.

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Poteva finire diversamente la sua avventura? No, probabilmente. Tuttavia i dettagli sono importanti. La sua epopea avrebbe potuto chiudersi un po’ più in là e Waterloo rimanere un nome sconosciuto ai più.

Gli scontri di Quatre-Bras e Ligny non furono delle semplici schermaglie preliminari alla battaglia di Waterloo. Non lo furono per la violenza che essi rivelarono, per l’accanimento con il quale si combatté da entrambe le parti. Fece rabbrividire anche gli uomini più abituati osservare a sangue freddo gli orrori della guerra.

A sera, sembrava tutto concluso. La Vecchia Guardia si era rimessa in marcia, appoggiata da sessanta pezzi di artiglieria e dalla cavalleria. Gli Immortali, con il loro colbacco nero, avanzavano sotto una pioggia battente, nell’oscurità crescente, procedono alla baionetta, rovesciano le riserve prussiane e sfondano il centro dello schieramento nemico. Sennonché alle nove di sera il settantenne Blücher decise di coprire la ritirata con la sua cavalleria, all’assalto di quella francese. Colpito da una pallottola, il suo cavallo stramazza al suolo e lo lascia sotto di sé. Per due volte i corazzieri francesi gli passano sopra senza rendersi conto, nel buio, che potrebbero catturare l’uomo che due giorni dopo, a Waterloo, avrebbe avuto un ruolo decisivo.

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