domenica 25 novembre 2018

Domanda e risposta


Venerdì a tarda sera, sul canale televisivo Nove, un certo Scanzi ha intervistato Pierluigi Bersani, ex segretario del Partito democratico e fondatore del disciolto partito Liberi e uguali, cioè di quel partito che si proponeva di andare “nel bosco per recuperare pezzi del popolo di sinistra” e vi ha invece trovato la Boldrini e Grasso. Bersani, giammai comunista, poiché il comunismo è quello dei gulag, amava definirsi liberale fino a pochi mesi or sono. Ora si dichiara socialdemocratico, che è un bel passo avanti.

Le interviste televisive ai politici avvengono tutte con la stessa modalità: domandina innocua del giornalista, comizietto libero e spontaneo dell’intervistato. Bersani sostiene e ripete che bisogna creare una “cosa” nuova, tornare alle radici popolari, di sinistra. Un rassemblement largo e plurale per fermare la destra, questo è il claim. Per tornare a fare cosa? Il riformismo di prima, o rivisto e corretto, comunque un riformismo che aggiusti qualcosa qui e ora e poi prometta qualcosa più in là?

Bersani è fuori tempo massimo se pensa di recuperare il voto sulle promesse di una più equa distribuzione della spesa pubblica o sulle “lenzuolate”. Il Novecento ci ha mostrato alcune cose che non dovremmo ignorare, per esempio che il “popolo” non è né di sinistra né di destra. Sta con chi sa illuderlo meglio, e non c’è miglior illusionista di chi gli promette tutto e subito.

In soldoni: chi lavora vuole pagare meno imposte, chi non lavora vuole un reddito. Le due cose sono inconciliabili, anche perché saranno sempre di meno coloro che avranno un lavoro, tanto più se si tratta di un impiego stabile. I conti non tornano, la mucca in corridoio si farà mungere per un turno elettorale o due. E poi? Questo è il timore di Bersani, l'unica cosa che mi sento di condividere.


La globalizzazione ha cambiato la geografia del pianeta e rovesciato definitivamente il rapporto tra politica ed economia; lo sviluppo tecnologico ha cambiato le nostre vite e le travolgerà ancor più domani. I problemi che ci troviamo di fronte, demografici, ambientali, dell’immigrazione, del lavoro, del welfare, del debito, sono tali e gravi che il riformismo non basta più nemmeno a dare sollievo, a spingere il ciclo economico un po’ verso l’alto prima di un ennesimo precipizio.

La crisi investe il sistema in profondità e in ampiezza, si presenta ormai come dato strutturale permanente, nell’accezione piena di crisi storica. Non solo delle forme dell’economia, a partire dai rapporti di proprietà, ma anche del modo di vivere e sentire delle persone, in un’assenza totale di riferimenti ideali, sostituiti dai surrogati come il black friday.

Per decenni si è demolita anche la sola ipotesi di un’alternativa al sistema, e questo entro certi limiti si può anche comprendere politicamente. Ma quando mai il Pd e ciò che l’ha preceduto ha fatto una reale opposizione? Quando mai il Pd s’è proposto seriamente di togliere limitare il potere ai dittatori nello Stato e nella società? Che cosa s’è fatto concretamente in opposizione dell’attacco generale di questi dittatori, e cioè a difesa dei presupposti economico-sociali della democrazia?

Da un certo momento in poi nemmeno degli atti di forza verbali, anzi, il Pd ha sposato la causa del “libero” mercato senza se e senza ma. È diventato – ma lo è sempre stato – il partito delle banche e degli interessi della borghesia. Chi ha fatto largo a Renzi era complice anche prima. Ci vuole poi molto per capire che un Zingaretti, un Minniti o un Calenda, solo per citare, sono portatori di un’ideologia incompatibile con la sinistra e che al danno aggiungeranno altro danno?

Non si possono recitare contemporaneamente due parti in commedia, dichiararsi partito di lotta e di governo. Ma quale lotta? Non c’è allora da stupirsi che dei diciannovisti a loro insaputa si proclamino “governo del popolo”, né deve sorprendere la loro padronanza della lingua italiana o l’insieme fatto di asserite competenze e stravaganti prefigurazioni (dopo un po' diventa sterile l'elencazione quotidiana dei loro svarioni e delle cazzate mondiali). Tutto ciò è responsabilità della destra che fa il suo mestiere o della sinistra che non ha fatto il proprio? Dunque è il caso che tutti coloro che hanno occupato posizioni apicali nei partiti di sinistra e centrosinistra se ne vadano fuori dai coglioni che di danni ne hanno fatti fin troppi.

3 commenti:

  1. "Dunque è il caso che tutti coloro che hanno occupato posizioni apicali nei partiti di sinistra e centrosinistra se ne vadano fuori dai coglioni che di danni ne hanno fatti fin troppi".

    Amen!

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  2. Detto populista:‘O cummanna’ è meglio d’‘o fottere.

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