Venerdì a tarda sera, sul canale televisivo Nove, un
certo Scanzi ha intervistato Pierluigi Bersani, ex segretario del Partito
democratico e fondatore del disciolto partito Liberi e uguali, cioè di quel
partito che si proponeva di andare “nel bosco per recuperare pezzi del popolo
di sinistra” e vi ha invece trovato la Boldrini e Grasso. Bersani, giammai
comunista, poiché il comunismo è quello dei gulag, amava definirsi liberale
fino a pochi mesi or sono. Ora si dichiara socialdemocratico, che è un bel passo avanti.
Le interviste televisive ai politici avvengono tutte
con la stessa modalità: domandina innocua del giornalista, comizietto libero e
spontaneo dell’intervistato. Bersani sostiene e ripete che bisogna creare una
“cosa” nuova, tornare alle radici popolari, di sinistra. Un rassemblement largo e plurale per
fermare la destra, questo è il claim.
Per tornare a fare cosa? Il riformismo di prima, o rivisto e corretto, comunque
un riformismo che aggiusti qualcosa qui e ora e poi prometta qualcosa più in
là?
Bersani è fuori tempo massimo se pensa di recuperare
il voto sulle promesse di una più equa distribuzione della spesa pubblica o
sulle “lenzuolate”. Il Novecento ci ha mostrato alcune cose che non dovremmo
ignorare, per esempio che il “popolo” non è né di sinistra né di destra. Sta
con chi sa illuderlo meglio, e non c’è miglior illusionista di chi gli promette tutto e subito.
In soldoni: chi lavora vuole pagare meno imposte, chi
non lavora vuole un reddito. Le due cose sono inconciliabili, anche perché
saranno sempre di meno coloro che avranno un lavoro, tanto più se si tratta di
un impiego stabile. I conti non tornano, la mucca in corridoio si farà mungere
per un turno elettorale o due. E poi? Questo è il timore di Bersani, l'unica cosa che mi
sento di condividere.
La globalizzazione ha cambiato la geografia del
pianeta e rovesciato definitivamente il rapporto tra politica ed economia; lo
sviluppo tecnologico ha cambiato le nostre vite e le travolgerà ancor più
domani. I problemi che ci troviamo di fronte, demografici, ambientali, dell’immigrazione,
del lavoro, del welfare, del debito, sono tali e gravi che il riformismo non
basta più nemmeno a dare sollievo, a spingere il ciclo economico un po’ verso
l’alto prima di un ennesimo precipizio.
La crisi investe il sistema in profondità e in
ampiezza, si presenta ormai come dato strutturale permanente, nell’accezione
piena di crisi storica. Non solo delle forme dell’economia, a partire dai
rapporti di proprietà, ma anche del modo di vivere e sentire delle persone, in
un’assenza totale di riferimenti ideali, sostituiti dai surrogati come il black friday.
Per decenni si è demolita anche la sola ipotesi di
un’alternativa al sistema, e questo entro certi limiti si può anche comprendere
politicamente. Ma quando mai il Pd e ciò che l’ha preceduto ha fatto una reale
opposizione? Quando mai il Pd s’è proposto seriamente di togliere limitare
il potere ai dittatori nello Stato e nella società? Che cosa s’è fatto
concretamente in opposizione dell’attacco generale di questi dittatori, e cioè
a difesa dei presupposti economico-sociali della democrazia?
Da un certo momento in poi nemmeno degli atti di
forza verbali, anzi, il Pd ha sposato la causa del “libero” mercato senza se e
senza ma. È diventato – ma lo è sempre stato – il partito delle banche e degli
interessi della borghesia. Chi ha fatto largo a Renzi era complice anche prima.
Ci vuole poi molto per capire che un Zingaretti, un Minniti o un Calenda, solo
per citare, sono portatori di un’ideologia incompatibile con la sinistra e che
al danno aggiungeranno altro danno?
Non si possono recitare contemporaneamente due parti
in commedia, dichiararsi partito di lotta e di governo. Ma quale lotta? Non c’è
allora da stupirsi che dei diciannovisti a loro insaputa si proclamino “governo
del popolo”, né deve sorprendere la loro padronanza della lingua italiana o
l’insieme fatto di asserite competenze e stravaganti prefigurazioni (dopo un po' diventa sterile l'elencazione quotidiana dei loro svarioni e delle cazzate mondiali). Tutto
ciò è responsabilità della destra che fa il suo mestiere o della sinistra che
non ha fatto il proprio? Dunque è il caso che tutti coloro che hanno occupato
posizioni apicali nei partiti di sinistra e centrosinistra se ne vadano fuori
dai coglioni che di danni ne hanno fatti fin troppi.
"Dunque è il caso che tutti coloro che hanno occupato posizioni apicali nei partiti di sinistra e centrosinistra se ne vadano fuori dai coglioni che di danni ne hanno fatti fin troppi".
RispondiEliminaAmen!
Detto populista:‘O cummanna’ è meglio d’‘o fottere.
RispondiEliminaEffettivamente.
RispondiElimina