Quale grado di autonomia può avere un quotidiano,
ossia a chi risponde? Alla proprietà, non c’è dubbio, essendo quella editoriale
un’attività economica come un’altra. Stesso discorso vale per i canali
televisivi, che, quando sono pubblici, rispondono ai vincitori politici di
turno. Che qualsiasi buon giornalista possa sottrarsi ai desiderata del padrone lasciamolo dire a Dietlinde Gruber,
e sia lasciato credere a chi vuole essere preso per il culo.
Sennonché l’informazione incide in modo decisivo
nella formazione della cosiddetta opinione pubblica, e dunque è chiaro il
motivo politico sul perché un’attività economica con bilanci perennemente in
rosso interessi tanto i capitani coraggiosi dell’imprenditoria e della finanza,
ma anche, per fare un esempio di rilievo, la Chiesa cattolica e altri gruppi di
potere e di pressione.
L’informazione è un ganglio vitale di questo sistema
dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace
di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto
controllo i meccanismi elettorali” (Luciano Canfora, La democrazia, p. 331). Non avrei saputo dire meglio.
Insomma, che i media siano funzionali alla lotta
politica, alla guerra per bande, non è una novità e non potrebbe essere diversamente.
Vero è che ci dovrebbero essere dei limiti all’indecenza, alla calunnia, allo
sputtanamento, al “mostro” in prima pagina, e la difesa e la rettifica dovrebbero
avere lo stesso rilievo dell’accusa. Un argine che non c’è mai stato e che mai ci
sarà. La comunicazione è merce, e il denaro non ha mai odore.
A dare lustro alla presunta indipendenza
della stampa ci pensano anzitutto loro, le grandi firme, gli editorialisti e
gli opinionisti noti al grande pubblico, che i giornali e le televisioni si
contendono a colpi di cospicui contratti d’ingaggio, di gettoni di presenza, promozione dei loro libri. La realtà dello spettacolo include tutto, per cui ogni scorreggia d'autore diventa l’affare prestigioso del
momento, valorizzazione intellettuale illusoria per la maggior parte del pubblico pagante.
Gli editorialisti hanno
funzioni di diversione ma anche d’indirizzo: possono scrivere come e quello che
vogliono, così s’ingenera l’impressione che nei giornali si possa scrivere come
e quello che i giornalisti vogliono. Essi possono, entro limiti che conoscono bene, criticare alcuni aspetti del sistema borghese, presentando nobilmente le loro rimostranze al fine di migliorarlo attenuandone le più vistose disfunzioni e contraddizioni.
Non devono occuparsi necessariamente del fatto quotidiano bruto. La loro indipendenza
recintata dà al giornale l’odore dell’imparzialità, la loro stravaganza offre un tocco di brio e il loro coraggio nel sostenere opinioni impopolari dà l’impronta dell’anticonformismo. Se poi a causa di un editoriale
si dovesse perdere un contratto pubblicitario, questa fatto diventa la prova aurea dell’indipendenza del giornale.
Il rovescio della libertà dell’editorialista è la non
libertà della redazione. Gli editorialisti non hanno influenza diretta sul
restante contenuto del giornale, sono ben pagati e i loro nomi stampati in
grassetto. Gli editoriali sono articoli di lusso, gli editorialisti dei divi,
capitani nella loro vasca da bagno. Il resto del giornale, la parte cospicua
del lavoro, è svolta nelle redazioni. Spesso si tratta di un mero lavoro di
copia incolla del “foraggio” che passano le agenzie, redazionali
pubblicitari camuffati da articoli specialistici, veline lobbistiche, comunicati
stampa governativi fatti di annunci volutamente contraddittori e di
contraddittorie smentite, di prove tecniche di confusione per sondare le
reazioni.
Ai lettori, al grosso pubblico, questo flusso di notizie,
apparentemente plurale, può dare l’idea di poter accedere alle fonti e ai
fatti. Però se andiamo a vedere i cambiamenti sociali intervenuti in pochi decenni
possiamo prendere atto che quanto un tempo consideravamo quasi una
mostruosità, oggi passa come lo stato
“normale” delle cose. E in tutto ciò l’informazione ha avuto un ruolo non certo
marginale nel presentare una certa versione dei fatti e
nel citare fonti non proprio disinteressate.
Questo paese è entrato in una nuova fase della sua
storia. Oggi la sinistra è fuori scena, liquidata da un lato dalle sue
divisioni interne, dai personalismi esasperati, e viepiù dall’assenza di un
proprio pensiero, di un progetto che non sia semplicemente il riflesso
dell’esistente. Il resto del lavoro l’hanno fatto gli specialisti, non ultimi
gli editorialisti, i polemisti, gli economisti e tutto il gruppo di giro che
ben conosciamo, con un’operazione di sistematico quanto facile sputtanamento a
mezzo stampa di ciò che non rientrava nella parola “mercato”.
in fondo anche l' involuzione intellettuale segue l' evoluzione per lo meno numerica delle classi
RispondiEliminacome fino a 40 anni fa c'era una maggioranza di salariati da blandire, via via si è imposta una maggioranza di ceti medi che vivono sia di notule che di stipendi - integrati da rendite mobiliari e immobiliari- da cui trarre una visione del mondo assolutamente inconseguente: il loro mondo è al collasso, non riesce più a mantenerli, e si voltano dall' altra parte
quello che è successo nel tardo antico con il cristianesimo
EliminaEffettivamente! L'alternativa all'attuale sistema, quale sarebbe?
RispondiEliminale alternative non s'inventano a tavolino
Eliminal'alternativa sta nel dire che c'è un'alternativa ma che non si inventa a tavolino. Che è un altro modo per dire che un'alternativa non c'è.
Eliminaè vero, fino a quando diremo che non c'è resterà un soggetto nascosto
EliminaCi sarà un motivo se nella classifica internazionale sulla libertà di stampa siamo circa al 70 posto? Consideri il giornale la Stampa un buon giornale? ( se non ricordo male, mi sembrava una tua lettura )
RispondiEliminaun saluto
Roberto B
il mio è un discorso sulle generali, non riguarda alcun giornale in particolare. ciao
Eliminache poi bisognerebbe anche valutare il fatto : ma al popolo gliene importa qualcosa della verità ?
RispondiEliminaOvvero , di fronte al tornaconto personale a breve termine come si rapporta con il mondo esterno?
mi diŕete che son pessimista... ma se penso al tifoso sportivo medio.
Basta vedere come i giornali siano schierati a unanime e solidale difesa delle grandi oper inutili, soprattutto il TAV.
RispondiEliminaTutti a osannare la manifestazione, dopo aver ignorato o coperte di fango le molte e molto piu partecipate iniziative No TAV, tutti esaltare le "passionarie" Si TAV, una delle quali invitava i No TAV a ritirarsi sui monti e "lasciateci vivere!", come se fossero i segusini a voler devastare Torino e non il contrario.
Quasi nessuno ha avuto da eccepire quando le eleganti signore hanno ammesso candidamente di ignorare i dettagli tecnico finanziari dell'opera, figuriamoci quelli ambientali, che vengono sistematicamente ignorati, come se un tunnel di 56 km fossero una cosa pulita e innocua.