lunedì 8 ottobre 2018

Rapporti sociali e forme della coscienza


Gli uomini producono oggetti d’uso e di consumo nel quadro di rapporti di produzione determinati e stabiliscono rapporti sociali conformemente alla loro produttività materiale, producono cioè anche i principi, le idee, le categorie, ecc.. Nuove forze produttive cambiano i modi di produrre e dunque tutti i rapporti sociali: laddove c’è la macina a mano c’è il signore  feudale, dove c’è il mulino a vapore sorge la società industriale e i rapporti sociali si conformano ad essa. In tal modo i principi, le idee, le categorie politiche e giuridiche, non sono più eterne di quanto non lo siano le relazioni che esprimono. Sono prodotti storici transitori. D’immortale non c’è che l’astrazione del movimento.



Genesi e funzione delle forme ideologiche non sono questioni, appunto, che possono essere affrontate prescindendo dalle condizioni materiali della loro manifestazione. A questo punto iniziano le domande: 1) come mai l’organizzazione sociale, quale essa è realmente, appare in forme rifratte più che riflesse nelle rappresentazioni che se ne fanno gli individui determinati che la compongono? 2perché il “linguaggio della vita reale”, vale a dire le relazioni materiali che gli uomini stringono nel corso della loro attività pratica, non si riflette direttamente, ma si distorce, si rifrange, nel “linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc., di un popolo”? 3) se “la coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall’essere cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita”, perché mai “nell’intera ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura”?

«Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono, s’immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma sono gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.

Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena viene rappresentato questo processo di vita attivo, la storia cessa di essere una raccolta di fatti morti, come negli empiristi che sono anch’essi astratti, o un’azione immaginaria di soggetti immaginari, come negli idealisti.

Là dove cessa la speculazione, nella vita reale, comincia dunque la scienza reale e positiva, la rappresentazione dell’attività pratica, del processo pratico di sviluppo degli uomini. Cadono le frasi sulla coscienza e al loro posto deve subentrare il sapere reale.»

Questa scissione che contrappone, non senza drammatiche conseguenze, essere e coscienza, a prima vista sembra paradossale, ma lo è solo per chi si ostina a leggere l’aforisma marxiano secondo cui “non è la coscienza che determina la vita ma la vita che determina la coscienza”, con gli occhiali del riduzionismo meccanicistico nelle sue diverse varianti. Infatti, per Marx, riflessi, echi ideologici, immagini nebulose che si formano nel cervello degli uomini vanno indubbiamente spiegati sulla base del processo reale della vita di questi ultimi, ma nel senso che tali riflessi ed echi sono “necessarie sublimazioni” di esso.

Le forme della coscienza sono allora per Marx stati qualitativamente diversi, sublimati appunto, dalle forme dei rapporti sociali. Esse non vanno però intese come un che di cronologicamente secondario rispetto ai rapporti sociali, poiché sorgono “soltanto dal bisogno, dalla necessità di rapporti con altri uomini”.

Ecco, rapporti sociali e forme della coscienza si generano simultaneamente e reciprocamente; gli uni non si danno senza le altre e viceversa. Come i primi, anche le seconde hanno origine dal e col lavoro, essendo il mezzo di relazione necessario agli uomini per cooperare ed intraprendere una qualsivoglia attività collettiva e finalizzata.


6 commenti:

  1. T'hai d'adattà.
    Chi comanda detta le regole, la plebe si adatta.

    RispondiElimina
  2. ha mai notato il fatto che gli uomini oltre a produrre e consumare merci (cosa che in effetti hanno sempre fatto) fanno anche qualcos'altro ?

    RispondiElimina
  3. Risposta a Malvino?
    Franz

    RispondiElimina