Fateci caso, le geremiadi sul “paese che invecchia”
si levano prevalentemente da ultrasessantenni del circuito mediatico. Importa
così poco cosa devono affermare quanto importa nulla il come. Avete mai
ascoltato un’analisi degna di questo nome sulle cause del fenomeno? Da parte
mia sento solo la vecchia pesantezza dell’uso di truismi.
Il caso paradigmatico è quello di Bruno Vespa, che ha
esordito quale “artista” a soli 73 anni. Sempre sul pezzo anche i cugini Alesina
& Giavazzi, che da quarant’anni ti chiedono di “lavorare un po’ di più”,
possibilmente fino al momento di tirar le cuoia. Non ho mai visto degli
economisti lavorare, al massimo trafficare.
È il momento della decadenza di quella superiorità
sociale della borghesia fatta valere per secoli e che oggi porta molti a pensare
e sempre più a dire cose che possono sconcertare. Il nichilismo è perentorio.
*
Vengo a ieri sera, alla trasmissione della Dietlinde Gruber,
silfide del giornalismo di frontiera che a soli 61 anni conduce una
trasmissione per sei giorni la settimana, anche se per la pensione ne deve
ancora fare di strada prima di eguagliare le marchette di Corrado Augias, nato
quando in Italia non si cantava ancora “Faccetta
nera”. Ospite di turno Massimo Bernardini, simpatico giovane di 63 anni,
già sperimentato giornalista-saggista-biografo-conduttore tv e chissà
cos’altro, che continuava a rimarcare: “siamo un paese di vecchi”.
E perché mai, chiedo, una coppia giovane dovrebbe
fare dei figli? Con un lavoro precario, un padrone che ti può sempre
licenziare, per convenienza o per semplice capriccio? Per pagare l’asilo nido
centinaia di euro il mese, per far studiare i figli fino a 25 anni e poi
vederli emigrare, oppure perché stiano sdraiati sul divano di casa in attesa che
si avveri chissà quale chimera?
Sempre ieri sera, Dietlinde ospitava anche Carlo
Freccero, maturo filosofo già della scuola epicurea di Arcore, che di anni ne
ha fatti 70, cioè quanti ne compirà quest’anno – auguri – l’altro ospite, Roberto
D'Agostino, che di piselli ne ha già sbucciati parecchi.
Prendiamo un altro caso, non quello del giovane (1956)
di belle speranze Beppe Severgnini, il giornalista più telegenico dai tempi
della Farinon Gabriella, ma quello di Paolo Mieli, spesso ospite dalla stessa
Gruber. Ha 69 anni (portati male), è stato direttore de La Stampa e del Corriere
della Sera, presidente di RCS Libri, dopo di che resta nel consiglio della
stessa. Dirige per la Rizzoli la
collana di saggi storici I Sestanti e
per la BUR cura la collana La Storia - Le
Storie. Attualmente collabora al Corriere
della Sera scrivendo editoriali in prima pagina e recensioni nelle pagine
culturali.
Tiene regolarmente un seminario sulla "Storia
dell'Italia Repubblicana" presso la facoltà di Scienze Politiche,
Economiche e Sociali dell'Università degli Studi di Milano. È membro del
comitato scientifico della Fondazione Italia USA e della Fondazione SUM, legata
all'Istituto Italiano di Scienze Umane.
E, come non bastasse, in ambito televisivo Mieli cura
e presenta le puntate di La grande storia
e gli editoriali di Correva l'anno,
come pure la serie Italiani e L'Italia della Repubblica di Rai Storia.
Insomma, su Rai Tre e Rai Storia è presente tutti i giorni e quasi a ogni ora
del giorno, sia in prima battuta o in replica.
*
Riassumendo: il loro affaccendarsi è molto
gratificante e anzi di vero e proprio godimento, di grande visibilità, ben
remunerato, al caldo o al fresco secondo stagione e temperamento, convinti che
nessun altro vegliardo di 30 o 40anni saprebbe fare altrettanto o addirittura
meglio di loro. Non è dunque vero, a giudicare da quanti presidiano lo schermo
televisivo, che il nostro è un paese di vecchi, ma di giovani con molto cerone.
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E visto che tribuna di questo "discorso" era ed è la "trasmissione" della signorina Gruber , non resta che amaramente constatare quanto gli "schiavi" pendano ancora da queste "labbra" padronali.
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