mercoledì 3 gennaio 2018

Balle, solo balle, sempre balle



Certi giornalisti sono senza vergogna, non solo quando si occupano di cronaca, ossia quando c’è da dipingere qualcuno ad immagine di un “mostro”, ma anche quando si occupano di personaggi o fatti storici. L’anno scorso è stata l’occasione del centenario dell’Ottobre e quest’anno viene a fagiolo un altro anniversario per riprendere con rinnovata enfasi la solita sistematica diffamazione di tutto ciò che non s’inquadra nell’ordine della dittatura borghese.

Pressappochisti, tali diffamatori non si curano minimamente di verificare le fonti, la veridicità o quantomeno la verisimiglianza di ciò che raccontano. L’importante è che ciò che scrivono si sposi con la tesi di fondo, ossia con la linea politico-editoriale del giornale e col senso comune di un paese che nella sua stragrande maggioranza è sempre disposto a credere e ubbidire a un padrone.

Quando scrivono un articolo, magari povero di reali contenuti, incastonano qualche nome altisonante al quale attribuiscono una mezza frase, non importa se estorta da chissà quale contesto, oppure un certo fatto, frega nulla se corrispondente al vero o solo inventato. Essenziale è l’effetto presso il lettore, che viene incuriosito dal nome citato nel titolo o nell’occhiello. Il giochino è presto fatto.

È questo il caso anche di un certo Angelo Panebianco, il quale ha scritto ieri un articolo sul Corriere della sera. Credo si tratti di un giovane giornalista, un neo laureato in scienze della comunicazione, un avventizio assunto dal quotidiano in questo periodo di crisi e di grandi debiti. Gli hanno fatto scrivere un articolo sul nulla, cioè sulla “democrazia rappresentativa e il professionismo politico”. Un brodino di dado che Panebianco ha impreziosito citando il nome di Lenin (anche nel titolo) e quello di Ernesto Guevara.

Sentiamo cos’ha da dire a proposito di quest’ultimo:

Fatta la rivoluzione a Cuba, Fidel Castro doveva assegnare le cariche di governo. Chiese ai suoi se fra loro ci fosse un economista. Che Guevara, avendo capito fischi per fiaschi, avendo capito «comunista» anziché economista, rispose «io lo sono». Fidel lo nominò ministro dell’economia. E fu un disastro.

Come molti sanno, si tratta di una barzelletta, molto datata e forse nata in ambiente anti-castrista. La prima volta che si sentì raccontare s’abbozzò un sorriso e morta lì. Panebianco la ripesca nel ripostiglio dalle cazzate. A tal riguardo siamo ricchi d’attesa per quanto scriverà nei prossimi mesi sul tema del Sessantotto. La bufala su Guevara ministro dell’economia la spaccia per buona, per storia genuina. Lo sa anche lui che è una vecchia balla, ma non importa, la vende dopo averla raccolta nell'immondizia, bisogna pur portare a casa la giornata.

Ammesso per ipotesi che quello descritto da Panebianco fosse il criterio di selezione dei ministri del governo cubano, c’è da osservare, preliminarmente, che i ministri venivano nominati dal presidente Manuel Urrutia, sulla base della costituzione del 1940, che resterà ­­– con modifiche – in vigore fino al 1976.  Dopo le dimissioni del primo ministro José Miró Cardona, divenne presidente del consiglio Fidel Castro.

Le funzioni del Ministerio de Economía furono assunte dalla Junta Central de Planificación (JUCEPLAN, 1960-1994), poi dal 1994 divenuto Ministerio de Economía y Planificación. Ministro dell’Economia fu Regino Boti León, dal 1959 al 1964.

Ernesto Guevara non fu mai ministro dell’economia, perciò, nel prendere in considerazione la balla raccontata da Panebianco ai lettori del Corriere, il Che non può aver frainteso “economista” con “comunista”. Ernesto Guevara, ai primi di settembre del 1959, durante una riunione dell’INRA (Instituto nacional de la reforma agraria), venne designato capo del Departamento de industrializacion del IRNA, conservando il suo incarico nell’esercito. Il successivo 26 novembre, il Consiglio dei ministri nomina Guevara presidente del Banco Nacional. Il 23 febbraio 1961 viene designato ministro dell’Industria.

Guevara più che uno statista è stato, com’è noto universalmente, un rivoluzionario, un rivoluzionario comunista. Non fu e non pretese di essere un teorico sistematico dell’economia, e tuttavia si dedicò per anni con infaticabile dedizione ad attività e studio sui problemi concreti di Cuba (e non solo). Di grandissimo interesse, con spunti che conservano grande attualità, sono i suoi scritti e discorsi di quegli anni dedicati ai temi della riforma agraria, del lavoro e dell’economia in generale. Si possono leggere in traduzione nel volume enaudiano dal titolo Scritti, discorsi e diari di guerriglia (1959-1967), a cura di Laura Gonzalez.

10 commenti:

  1. Scusi, non per difendere Panebianco ma solo per l'esattezza: si tratta di un famoso politologo dell'università di Bologna, nonché editorialista del Corriere.
    Cordiali saluti
    Daniele Righi

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    1. davvero? perbacco, mai avrei dette cose così. l'ho scambiato per un avventizio.
      Lei, Righi, non trova che ciò sia tanto più grave, soprattutto per uno che prende due stipendi? saluti

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    2. Politologo? E io che pensavo fosse l'addetto al marketing della Barilla.

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  2. Il sig. Panebianco lo sa di essere responsabile di una fake ?
    Un saluto, Roberto B.

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    1. pensi che per distrazione ho lasciato una virgola tra soggetto e predicato. per fortuna non se n'è accorto nessuno, sennò mi davano l'honoris causa a bologna e una colonna sul corriere

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  3. Peccato mortale !

    Cara Olympe , hai ragione.
    Ma il vero peccato mortale di tutto l'articolo è proprio (per un accademico,sob!) l'aver inserito , per dimostrare alcune tesi sostanzialmente ovvie, due esempi assolutamente fuor di luogo, ai fini delle stesse. Aggiungiamo , l'accademico pare insegni pure.
    Non male ,quanto gli darà il Corriere a pezzo ?

    caino

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  4. Gentilissima Olympe, la mia dell'altro giorno era chiaramente un precisazione, ancor più doverosa con una persona di grande acume e cultura come Lei. Non era certo una presa di posizione. Per una cosa che so rispetto a miliardi che non conosco o non capisco... A me Panebianco sta ancora sullo stomaco da quando era fervente intellettuale filoeberlusconiano. Eppoi, vede, se ho potuto puntualizzare quanto sopra è perché tutto sommato anch'io sono un suo lettore. Mi piace la Sua voce chiara forte e controcorrente.
    Cordiali saluti.
    Daniele Righi

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    1. Caro Daniele, era chiaro che sapessi chi fosse il tizio. Ad ogni modo grazie per l'amicizia che ricambio. cordiali saluti

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