Ogni aggettivo per definire l’assassinio
del giornalista americano James Foley è inadeguato. Il 12 scorso scrivevo di un
orrore che ricorda altre epoche, aggiungendo che la responsabilità degli Usa è
di aver alimentato in ogni modo il fondamentalismo islamico, con il quale prima
o poi anche la silente Europa dovrà fare i conti. Quello stesso fondamentalismo
su cui poggia il regime dell’Arabia Saudita laddove le decapitazioni sono
all’ordine del giorno. Nondimeno l’omicidio del giornalista è stato colto al volo
dai predatori dell'imperialismo per giustificare la loro politica in tutta la
regione, a cominciare dalla distruzione della società irachena e l'uccisione di
un milione d’iracheni in una guerra dichiarata sulle menzogne.
Obama ha brevemente interrotto la
sua vacanza a Martha Vineyard per raccontare ai media la sua telefonata di
condoglianze alla famiglia di Foley, affermando che l’ISIS “non ha posto nel
XXI secolo”. Per due volte il presidente ha richiamato i "valori americani"
che sono “il contrario di quello che abbiamo visto nel video”, e ha quindi promesso
che “Washington sarà implacabile nel fare giustizia”.
Le dichiarazioni di Obama sono
sature di retorica e d’ipocrisia posto che il movimento islamista è un prodotto
dei successivi interventi dell'imperialismo Usa nella regione. L'amministrazione
Obama è rimasta in silenzio fino a quando questi crimini sono stati commessi in
Siria dall’ISIS e da altri islamisti che operano sotto l'ombrello dei
cosiddetti “ribelli”, le cui operazioni sono state sostenute direttamente e
indirettamente da Washington in una guerra per rovesciare il presidente Bashar
al-Assad.
Per lo stesso motivo, il rapimento
di James Foley (avvenuto due anni prima in Siria), di Steven Sotloff e almeno
altri tre giornalisti americani aveva ricevuto poca attenzione dai media, posto
che i loro rapitori erano proprio i "ribelli" sostenuti dagli Stati
Uniti.
Gli stessi elementi islamici utilizzati
in Siria e nella guerra per rovesciare il regime in Libia tre anni fa, sono
stati presentati all’opinione pubblica come paladini della "libertà"
e della "democrazia", salvo poi diventare improvvisamente
"terroristi" quando hanno attraversato il confine in Iraq collegandosi
con i ribelli sunniti.
I principali alleati degli Stati
Uniti nel mondo arabo sono l'Arabia Saudita e il Qatar. Questi paesi sono stati
le principali fonti di finanziamento e d’ispirazione ideologica per gli
islamisti che ora combattendo in Siria e Iraq, così come dall’epoca del
sequestro della grande moschea della mecca nel 1979 l'Arabia Saudita è stata la
fucina del movimento wahabita di al-Qaeda. Chiaro che l’assassinio del
giornalista e la minaccia di ucciderne altri è seguita ai bombardamenti aerei americani.
Chi semina vento raccoglie tempesta.
Le ipocrisie dell'imperialismo britannico nella lucida analisi di John A. Hobson
RispondiEliminaPrendiamo il caso dell'imperialismo classico, dell'imperialismo "per eccellenza", fra quelli del mondo moderno: ossia quello britannico, quando (alla vigilia della prima guerra mondiale) circa un quarto delle terre emerse del globo vivevano all'ombra dell'Union Jack, e a tanti bambini africani si insegnava che la regina Vittoria era il sovrano più potente del mondo - né si andava molto lontano dal vero.
Gli uomini politici, la stampa e gli ambienti della finanza e dell'industria che avevano interessi di espansione coloniale giustificavano la politica imperiale britannica come una missione di civiltà: il famoso white man's burden, "il fardello dell'uomo bianco", caro alla retorica imperialistica di letterati come Rudyard Kipling. Essi affermavano che tale missione si esplicava attraverso l'imperialismo non solo perché esso era lo strumento necessario per diffondere il cristianesimo, l'ordine e la pace fra i "selvaggi"; ma anche - e qui l'ipocrisia toccava il vertice - per preparare quelle popolazioni all'autogoverno e alla democrazia, ossia per "elevarle", sia pure in un domani non meglio definito, verso gli istituti politici propri della madrepatria, e felicemente collaudati in secoli di storia (in particolare, a partire dalla Glorious revolution del 1688, che aveva stabilito la monarchia parlamentare).
E questo giustificava tutto.
Lo sterminio dei Tasmaniani e degli aborigeni australiani, cacciati come belve feroci (mentre erano miti e assolutamente inermi); l'asservimento e lo sfruttamento dell'antichissima civiltà indiana; la guerra spietata contro i liberi coloni boeri dell'Orange e del Transvaal, con tanto di campi di concentramento per vecchi, donne e bambini; e così via: tutto appariva giustificato alla luce della nobile missione di estendere ai popoli "primitivi" i vantaggi dell'autogoverno e degli istituti della democrazia rappresentativa.
Impero e democrazia possono coesistere temporaneamente, ma alla fine l'uno divorerà l'altra. Questa è la lezione della storia e ha ormai duemilacinquecento anni: è giù evidente nell'Atene di Pericle e nel disastro annunciato della guerra del Peloponneso, che ha avuto anch'essa il suo lucido e spassionato testimone: Tucidide, il più grande storico del mondo antico.
Speriamo che non ci sia bisogno di un altro Tucidide per descrivere il disastro annunciato della guerra di civiltà, verso il quale gli irresponsabili dirigenti della Casa Bianca e del Pentagono stanno sospingendo l'intera umanità, con perseveranza degna di una migliore causa, da circa un ventennio, ossia da quando è terminata la "guerra fredda" con l'ex superpotenza sovietica.
Saluti
Lei non e''solo un eccellente marxista, ma e' anche un ottimo giornalista.
RispondiEliminaBuona serata
XXX
Tutto da condividere.Riusciremo ad avere una societa piu giusta? Giuseppe39 torino
RispondiElimina