Tutti gli atti economici degli
individui rispondono a casualità, e tuttavia i rapporti economici nel loro complesso
seguono leggi cogenti e imprescrittibili delle quali gli economisti non vogliono
occuparsi se non nel senso che essi, ancor prima d’indagarle, si preoccupano di
negare le contraddizioni fondamentali in modo da dimostrare che il sistema
economico capitalista può trovare un proprio equilibrio in coerenza,
ovviamente, con le loro farneticanti teorie. L’economia politica è ad ogni
effetto un caposaldo dell’ideologia del capitale.
Ecco dunque che cercano ragioni della
crisi non già nelle contraddizioni oggettive ma nei comportamenti sociali degli
individui, siano essi in quota alla categoria dei consumatori, degli
speculatori, eccetera. Allo stesso modo il superamento della crisi non trova esplicazione
nel carattere dialettico dei processi economici e nella dinamica ciclica del
modo di produzione capitalistico a un dato stadio di sviluppo, bensì il ritorno
a una fase espansiva sarebbe conseguenza d’illuminate strategie di politica
economica. E che tali decisioni – come alimentare domanda aggregata con il
debito – possano produrre, nel breve periodo, positivi risultati, serve a
dimostrare di volta in volta, non già l’operare di controtendenze alle leggi generali
di processo, ma altresì la bontà di una certa teoria economica e strategia
politica piuttosto che altre.
Si arriva così a postulare
principi che paiono inediti, quali per esempio quello scoperto da Renzi Matteo:
se si tagliano i salari c’è meno reddito per i consumi. Sennonché questo fenomeno non è legato alla crisi se non in
modo indiretto, anche se esso coglie un aspetto della contraddizione
fondamentale che riguarda il rapporto di scambio tra capitale e lavoro, ossia lavoro erogato e non pagato. Ad ogni buon conto ciò che si continua a
chiedere è più elasticità nei vincoli di spesa, ossia di alimentare nuovo
debito (*).
S’è visto cos’è successo in
Giappone dove il Pil è crollato di quasi il 7 per cento nel secondo trimestre,
nonostante la strategia espansiva di Abe, ossia la massiccia immissione di
denaro, la svalutazione della moneta e tassi d’interesse negativi. Questa volta
la scusa invocata è stata l’aumento dell’Iva, dal 5 all’8 per cento. E l’enorme
tesaurizzazione dei profitti non è forse ricchezza prodotta ma non “consumata”?
E dunque, caro Renzi, se i 10
italiani più ricchi possiedono un patrimonio pari a 500mila famiglie operaie,
hai voglia di 80 euro ……
(*) In sei mesi il debito pubblico
italiano è aumentato di 100 miliardi, nonostante gli esborsi per gli interessi
si siano ridotti stante lo spread delle recenti emissioni di titoli. Paghiamo
un interesse inferiore all’inflazione in un periodo di deflazione con un debito
pubblico tra i più alti del mondo. Chiaro che non c’è rapporto con la realtà, e
ciò non può durare a lungo.
Farci indebitare di più (non investendo in qualche strategia a lunga scadenza, ma per gettare i soldi nella cloaca che conosciamo), è la missione di questa borghesia e classe politica "compradora", finalizzata all'altra di farci pagare i debiti svendendo il patrimonio del paese, pubblico e privato. Per non farsi mancare niente, distruggere diritti e salari per aggiungere al carniere un altro paese di schiavi pagati, saltuariamente, con un tozzo di pane. gianni
RispondiEliminaConcordo.
RispondiEliminaFanno finta di rendersi conto che riducendo i salari l'economia non riparte. Sanno bene che tra pochi lustri non ripartirà più alcuna economia in nessuna parte del mondo. L'economia non sarà più basata sui compratori che comprano ma sugli schiavi che elemosinano.
Nel mentre gli 80 euro saliranno a 85 o a 90. O, per prendere direttamente il 51% dei voti, a 100 € al mese. Così aumenteranno i privilegi per i soliti noti e distruggerano ogni residuale diritto per gli schiavi.
Quello che si vuole inculcare e far sedimentare nel conscio e nell'inconscio degli schiavi è che non dovranno avere alcun diritto. Gli schiavi, stavolta davvero, imploreranno di lavorare a qualsiasi titolo ed in qualsiasi modo per un tozzo di pane.
E' solo questo che vogliono i padroni. La liberalizzazione delle deregolamentazioni. Lo schiavo, il vero schiavo, deve essere precario. Solo così potranno vendersi ancora più in fretta l'Italia e governare tra gli applausi dei sudditi.
Cosa sarà poi del mondo nei prossimi anni (e che al popolo sembrerà frutto degli eventi e del caso) è probabilmente già stato pianificato a tavolino. Come quando ci si diverte a tracciare i confini degli stati conquistati con il righello e la matita.
Ciao.
Basta leggere l'intervista a Guido Tabellini - ennesimo bocconiano di potere - sul Fatto Quotidiano di oggi per capire che il treno sta ancora filando a tutta velocità verso il baratro, a meno di una insurrezione generale che ad oggi non si vede ancora come e quando potrebbe verificarsi.
RispondiEliminaNon importa che adesso ammettano che c'è qualcosa (eufemismo) di sbagliato nella gestione dell'economia a livello europeo. Con l'onesta chiarezza e la tranquilla oggettività proprie dei sicari sicuri di farla franca sempre e comunque, Tabellini ci dice che l'austerità per i lavoratori e il popolo bue e la diseguaglianza strutturale sono l'unico orizzonte possibile, perché la Germania - cioè la classe dominante in Germania: non tutti i tedeschi sono uguali e hanno uguali responsabilità - ha troppo interesse a lasciare le cose come stanno. Renzi, per motivi elettorali, come Hollande e altri del resto, fa finta di agitarsi un po', a parole, per "allentare i vincoli", ma nei fatti nulla cambierà perché nulla può cambiare.