Il dramma della nostra epoca è che
nessuna potenza sembra in grado di poter imporre una vera pace o viceversa
poter combattere e vincere una grande guerra senza troppo danno anche per se
stessa e i propri alleati. Per questo motivo si combattono delle guerre locali
a bassa intensità. Bassa per chi?
*
Nel post precedente ho accennato
alle condizioni in cui vivevano gli sciiti sauditi all’epoca dell’occupazione
della Grande Moschea della Mecca (1979). Quell’evento suscitò grande entusiasmo
tra quegli sciiti, acutizzando le convulsioni di fervore religioso che in
genere colgono le terre sciite in quel periodo dell’anno, ossia nel mese di
Muharram, in cui si commemora il martirio di Hussein, figlio di Alì e nipote di
Maometto nella battaglia di Kebala contro le soverchianti forze sunnite. È da ciò che nasce la millenaria sensazione
degli sciiti di aver subito un torto da parte della maggioranza sunnita (*).
Paradossalmente, però, la rivolta
con il sequestro della Grande Moschea della Mecca, non fu opera di elementi
sciiti, come si crede e talvolta si continua a scrivere. Gli sciiti non
sapevano quasi nulla del programma e dell’ideologia di Juhayman, ed erano in
pochi a rendersi conto che quei rivoltosi sunniti
erano molto più ostili alla libertà e alle aspirazioni sciite di quanto
fosse stato il regno saudita. Ciò dovrebbe fare comprendere quanto sia
complicato il cielo musulmano e grande la confusione nell’interpretazione
occidentale.
Sunniti, ma anche e soprattutto wahhabiti dalla lunga barba, ossia
seguaci del teologo Mohammed ibn Abdel Wahhab, fondatore di una corrente
rigorista dell’interpretazione coranica, tanto che i suoi impetuosi discepoli
arrivano a considerare anche i sunniti alla stregua d'infedeli sotto mentite spoglie se non
ottemperanti i più rigidi precetti, ossia se non abbracciano la severa
disciplina dell’unica vera fede, nell’esatta interpretazione di Wahhab.
Le città sciite poste ai limiti
dei deserti arabici costituivano le prede dei razziatori beduini, i quali
trovavano la loro giustificazione nella nuova setta wahhabita per cui il loro
smise di essere semplice brigantaggio per diventare il compimento di un
incarico divino, similmente a quanto succedeva con le guerre di religione in
Europa. Uno dei principali sostenitori della corrente wahhabita fu Mohammed al
Saul i cui eredi sfidarono nientemeno che l’Impero ottomano e fondarono
l’attuale regno saudita, conquistando Riyad nel 1902, città in
cui i cittadini coltivavano piacevoli ricordi della passata gloria di al Saud e delle ricchezze che
affluivano in città grazie alle razzie delle terre vicine.
*
In occasione della rivolta e
occupazione della Grande Moschea, nel 1979, il principe Turki al Faisal,
fratello dell’allora ministro degli esteri saudita principe Saud al Faisal, era
direttore generale dei servizi segreti sauditi. Si dimise poi dal suo incarico
il primo settembre 2001, dieci giorni prima del dirottamento di alcuni aerei
statunitensi da parte di 14 cittadini sauditi. Furono dimissioni a sorpresa, poiché
il suo mandato era stato rinnovato per altri quattro anni solo il maggio
precedente. In seguito divenne ambasciatore a Londra e poi a Washington. È
questi un personaggio sempre centrale in certi eventi, così come personaggio di
fama mondiale diventerà un suo pupillo.
Ma questa è un’altra storia, forse
la racconterò.
(*) Com’è noto, la comunità
sunnita si separò da quella sciita alle origini dell’Islam a causa di una
disputa successoria. Alla morte di Maometto i futuri sciiti chiesero che la
direzione del mondo musulmano venisse ereditata dal genero Alì, e poi dai
nipoti Hassan e Hussein; i futuri sunniti rifiutarono, attribuendo il potere ad
altri compagni del profeta. Da qui guerre e scisma che perdurano ancor oggi.
Purtroppo, non sono più così ottimista sulla deterrenza nucleare.
RispondiEliminaCome si è saputo solo a fine della II guerra, gli anglo-ameri-Kani avevano sviluppato il radar (conosciuto anche dagli italiani ma il cui sviluppo era stato lasciato cadere dai nostri soliti geni), decrittavano i codici tedeschi di enigma, conoscevano i codici giapponesi, e, in qualche anno, costruirono la bomba.
Sappiamo poco o niente di quanto facciano gli ameri-kani con le migliaia di miliardi di dollari spesi in armi. A che punto siano, ad esempio, nell'antimissilistica. Al di là di alcuni clamorosi fallimenti, tipo scudo spaziale,
Iron Dome è forse solo la punta di un iceberg? E le armi batteriologiche? Etc., etc.
Curiosità poi mi rimane sul documento a cui accennavi, in cui Kennedy, durante la crisi con Cuba, dichiarava di essere pronto a subire la distruzione anche del 30% del territorio della sua nazione.
In ogni caso, le ragioni dell'attuale economia - che inevitabilmente convergono su una guerra - possono riconoscere un limite oltre al quale la distruzione è assicurata? Se si guarda ai cambiamenti climatici - devastanti come una guerra mai vista prima - sembrerebbe proprio di no.
Bah, gianni
P.S. Sì, anche in questo caso, la tua domande è la più corretta anche per una III guerra: bassa per chi?
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