Se si vogliono evitare conflitti e
mantenere la pace tra le potenze, in qualsiasi epoca c’è bisogno del rispetto
di un principio vitale che consiste essenzialmente nella non ingerenza delle une
nelle sfere d’influenza delle altre. Tale principio chiave per la pace viene
infranto se una potenza rivendica esplicitamente il diritto di ingerirsi
ovunque e comunque rivendicando la propria leadership mondiale. Si tratta in
tal caso di un atteggiamento in politica estera paragonabile a chi se ne va in
giro minacciando e agitando a destra e a manca la propria forza militare come
un rasoio.
Gli Stati Uniti d’America sono il
ritratto di quella potenza aggressiva e arrogante che, per esempio, non
rispetta i trattati sulla limitazione delle armi strategiche offensive, nel più
generale silenzio dei suoi alleati e in nome di presunti interessi di sicurezza
nazionale. La potenza che decide la confisca di beni di Stati e cittadini
esteri con decisione unilaterale e illegale. Che ha dato avvio da decenni a un
nuovo tipo di conflitto su scala mondiale, coinvolgendo paesi terzi collocati
in aree strategiche, operando con forze irregolari, paramilitari, quali milizie
di ribelli e gruppi d’opposizione di volta in volta scelti, addestrati, armati
e finanziati tra i movimenti del fanatismo religioso o del nazionalismo
fascistoide.
Non combatteva forse Osama bin
Laden in Afghanistan, e cioè in un paese limitrofo all’Urss, armato e
finanziato dagli Usa? Il mancato rispetto degli accordi sottoscritti tra la
Serbia e i rappresentanti kossovari a Rambouillet non sono andati nel senso di
destabilizzare e dividere? E l’Isis non guerreggia in Siria armato e finanziato
dagli alleati degli Usa? E in Crimea non è stata fomentata la stessa cosa, con
pericolo gravissimo di cui si avrà prova soprattutto nel prossimo
autunno-inverno?
Dunque gli Usa sono una potenza
che agisce in modo destabilizzante e con metodi terroristici ovunque ritenga di
dover minacciare l’influenza e gli interessi delle altre potenze. Gli Usa
costituiscono il principale pericolo per la pace nel mondo. Combattere la
politica aggressiva e l’ingerenza dell’imperialismo americano dovrebbe essere
un dovere anzitutto morale di chiunque stia dalla parte della pace e contro la
guerra.
Per un dovere morale e per cercare di salvarci il culo, chè questi sono vicinissimi a farcelo saltare.
RispondiEliminaIl meccanismo, che ben conosciamo, che sta alla base dell’economia americana è inesorabile. Hai letto come nella seconda guerra mondiale, mentre guadagnavano vendendo armi ai loro compatrioti, le loro principali multinazionali producessero la spina dorsale dell’apparato militare tedesco (camion, cannoni, munizioni, aerei, gas, benzina), guadagnando contemporaneamente da chi li ammazzava?
E – tanto per ripetersi – per non farsi mancare niente, a fine guerra riuscissero anche ad ottenere rimborsi miliardari per le loro fabbriche in germania distrutte dai loro bombardieri?
Con il freddo nelle ossa, reale e metaforico, ti abbraccio per scaldarmi un po’. gianni
Superior Sstabat Lupus, inferior, longeque, agnus.
RispondiEliminaCara Olympe, sono d'accordo con te su tutto; aggiungo un paio di Cosette per completare il quadro:
La Corte penale internazionale (in inglese: International Criminal Court - ICC, in francese: Cour pénale internationale) è un tribunale per crimini internazionali che ha sede all'Aia, nei Paesi Bassi.
La competenza del Tribunale è limitata ai crimini più seri che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra (cosiddetti crimina iuris gentium), e nel futuro probabilmente anche il crimine di aggressione (art. 5, par. 1, Statuto di Roma).
La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire solo se e solo quando gli Stati non vogliono o non possono agire per punire crimini internazionali.
I paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono 121 (aprile 2012). Altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato. Fra questi, Israele, Stati Uniti e Sudan hanno dichiarato di non avere intenzione di ratificarlo.
Con 188 voti a favore, solo due contrari – Stati Uniti e Israele – e tre astensioni, Cuba ha ottenuto una nuova vittoria diplomatica ottenendo per il 22° anno consecutivo il sostegno dell’Assemblea generale dell’Onu contro l’embargo – ‘bloqueo’ – imposto da Washington all’isola a partire dal 1962.
Un appello per chiedere la liberazione immediata di cinque cubani condannati e detenuti negli Stati Uniti. È quello che oggi 55 personaggi del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo e dello sport, attraverso il sito
www.vitadura.it, hanno rivolto al presidente Barack Obama, chiedendogli di intervenire per mettere fine a una detenzione che dura da 15 anni, ma che più volte diverse organizzazioni internazionali, dalla Commissione per le detenzioni arbitrarie delle Nazioni Unite ad Amnesty International, hanno dichiarato illegale perché contraria alle più elementari norme del diritto internazionale e di tutela dei diritti umani.
Gerardo Hernández Nordelo, Ramón Labañino, Antonio Guerrero Rodríguez, Fernando González Llort, René Gonzalez Sehweret sono stati arrestati in Florida nel 1998 mentre raccoglievano informazioni per prevenire atti di aggressione e di intimidazione contro la popolazione civile cubana. Le autorità Usa li hanno accusati di spionaggio e di infiltrazione nel territorio degli Stati Uniti come agenti segreti di uno Stato straniero, senza che niente di tutto ciò potesse mai essere provato. Processati a Miami, sono stati condannati a pene esorbitanti, si legge nel comunicato diffuso oggi Vita Dura, in violazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite.
Per questo motivo, si ricorda nella nota, l`Onu ha dichiarato nullo il processo, durante il quale non sono state rispettate le minime garanzie di difesa, e ha chiesto al governo di Washington di rimetterli in libertà. Anche Amnesty International ha criticato gli Stati Uniti per il trattamento riservato ai cinque prigionieri, che viola i loro diritti fondamentali.
Con una procedura lampo, viene destituito per "impeachment" il primo presidente di sinistra nella storia del Paraguay, l'ex vescovo Fernando Lugo. Per molti si tratta di un "golpe express", gran parte del Sud America ha ritirato gli ambasciatori, gli USA fanno appello alla calma,
tentano di mostrare equidistanza chiamando il popolo alla calma e i politici alla responsabilità, avallando – di fatto – il passaggio di governo. Su tutto, poi, aleggia lo spettro di Wikileaks che, già nel 2008 – dopo appena un anno dall’elezione del vescovo dei poveri - rivelava l’intenzione dei liberali presenti in parlamento di complottare contro Lugo, sottoponendolo a un processo politico con il placet degli USA.
Saluti accaldati
più che un commento il tuo è un post di notizie.
Eliminagrazie e ciao
Il primo imperialismo da combattere è quello di casa propria. Ci pensino i proletari americani ad abbatere quello USA, a noi quello straccione della peggiore borghesia mondiale. Non è facile? E chi ha detto che è facile: E' NECESSARIO. O comunismo o estinzione. Saluti rossi.
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