lunedì 25 agosto 2014

Un timido giovane di 22 anni


Eugenio Scalfari classifica come sunniti gli aderenti di al-Qaeda e quelli del cosiddetto califfato di Abu Bakr al Baghdadi. I sunniti costituiscono la stragrande maggioranza dei credenti islamici, dall’Indonesia alle comunità europee, ma sono ben una minoranza i sunniti che condividono, nonostante il loro diffuso risentimento verso l'Occidente, le pratiche terroristiche dei gruppi fondamentalisti islamici.

Osama bin Laden, per esempio, era sì sunnita, ma anzitutto wahabita, così come è anzitutto wahabita al Baghdadi. Le eccessive generalizzazioni mediatiche non fanno comprendere bene in che cosa consista quello che chiamiamo fondamentalismo islamico. Esso va inteso nel contesto della lotta religiosa inter-musulmana e non solo quale strumento di strategia geopolitica in cui si è recentemente consolidato. Si tratta di quel frazionismo di varie sette islamiche che ognuna per sé dichiara di essere la vera fede, e che tanti motivi di ribellione trovano nella crisi dello stato-nazione, nella asimmetria distributiva dei proventi del petrolio, così come cercano e trovano sostegno finanziario e logistico in chi ha interesse ad alimentare questi movimenti per proprie finalità politiche, per indirizzare la protesta sociale travestita da motivazioni religiose verso obiettivi esterni.


È da imputare alla nostra pigrizia intellettuale, favorita dai media, considerare l’islamismo quasi come un tutt’uno, come se, per fare un paragone, considerassimo quasi un tutt’uno il cristianesimo, ossia come se non distinguessimo tra cattolicesimo e protestantesimo, e nel protestantesimo equiparassimo luterani e calvinisti, eccetera. Consideriamo poi dei fanatici i musulmani per le loro pratiche religiose, ma non abbiamo nulla da dire per le assurdità delle nostre più stravaganti pose devozionali.




Scalfari sostiene, inoltre, che «Il fondamento [di al-Qaeda] era sunnita ma non prevedeva una guerra santa contro gli sciiti». Forse ignora che al-Qaeda è espressione peculiare del wahabismo, e dunque Scalfari non tiene conto della storia remota e recente del wahabismo, quindi i massacri di sciiti avvenuti nei secoli scorsi un po’ dappertutto fuori dall’Iran, e soprattutto di quelli avvenuti nei decenni a noi vicini e che tutt’ora proseguono.

A titolo d’esempio: nel 1802, dal deserto ai margini della città di Kerbala, l’esercito di guerrieri wahabiti di al-Saud si riversò, a cavallo di cammelli, nell’Iraq governato dagli Ottomani. Kerbala era un centro di erudizione sciita, nonché luogo di pellegrinaggio per via della tomba della cupola d’oro del nipote di Maometto, Hussein. Kerbala inoltre racchiudeva enormi tesori portati lì nel corso dei secoli dai fedeli di Persia, India, ecc.. Nel dare alle fiamme le moschee e le accademie di Kerbala, gli invasori wahabiti non mostrarono pietà per i disprezzati sciiti, uccidendone a migliaia e, secondo un resoconto coevo, sventrarono le donne incinte.

L’anno seguente, fu il turno della Mecca. Consapevoli del massacro di Kerbala, gli abitanti della città decisero di arrendersi senza combattere. I wahabiti vietarono di fumare tabacco, bruciarono tutte le pipe sulle piazze principali, distrussero i mausolei, considerati opulenti, che erano stati costruiti sopra le tombe dei musulmani eminenti. Quando poco tempo dopo s’impadronirono di Medina i wahabiti distrussero anche lì una serie di sepolture fino alla profanazione della stessa tomba del profeta Maometto. Vi sarebbe poi da raccontare la vicenda di quella setta wahabita i cui “fratelli” si facevano chiamare, appunto, Ikhwan, e che ispirarono nei primi decenni del Novecento l’orrore in tutta l’Arabia (wikipedia non racconta cosa successe agli abitanti di Taef, una cittadina nei pressi della Mecca).

Wahabita e figlio di un ikhwan fu il sedicente Mahadi del sequestro della Grande Moschea di cui ho fatto accenno nei post precedenti. La rivolta della Mecca del novembre 1979 è la prima grave esplosione di violenza islamica sunnita nel mondo moderno e preludio dei crimini successivi, troppo a lungo sottaciuta dai policy makers di allora, concentrati sulla minaccia sovietica. E dunque se si vuole parlare di guerra di religione, non si tratta solo di quella che il fondamentalismo ha dichiarato unilateralmente ai "cristiani", bensì di quella combattuta, specie negli ultimi decenni, tra sunniti e sciiti (la stessa guerra Iraq-Iran con il sunnita Saddam da una parte e lo sciita Khomeini dall’altra), in particolare quella tra sunniti wahabiti e sciiti, così come tra sciiti khomeinisti e anti-khomeinisti (non si fanno mancare nulla, come del resto è successo per secoli per le varie dottrine cristiane).

*

Un ruolo primario nel sostenere e organizzare in origine il fondamentalismo wahabita l’hanno avuto gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita in chiave antisovietica. E ciò non viene qui detto per partito preso e per rincorrere a quello che ormai è un luogo comune, ma perché risponde alla realtà dei fatti storici. Tutti quei giovani radicali, tra i quali Osama bin Laden, che agognavano le glorie della jihad, divennero utili quale risorsa nella Guerra Fredda. Solo troppo tardi gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita s’accorsero dell’errore commesso, e ciò nonostante continuano a cavalcare la tigre del fondamentalismo, come del resto prova un articolo apparso sul Sole 24ore, foglio che non può essere tacciato di complottismo.

Il segretario di Stato dell’allora presidente Carter, Brzezinski, scrisse nel paragrafo sui “Fattori compensativi” di un memorandum che analizzava la possibilità americane a soli due giorni dall’invasione: “L’intervento sovietico potrebbe causare l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale e non lascerà di certo indifferenti i paesi islamici, tanto che noi potremmo ritrovarci nella posizione di sfruttare la situazione”. L’indignazione dell’opinione pubblica mondiale, naturalmente sarebbe stata sollecitata – visto che l’Afghanistan manco si sapeva dove fosse disegnato nel mappamondo – opportunamente dai media delle libere democrazie occidentali.

Un’analisi più dettagliata, preparata in seguito per Brzezinski da un membro dello staff del Consiglio per la sicurezza nazionale, Stephen Larrabee, proponeva che gli Stati Uniti “sottolineassero l’elemento anti-islamico” della mossa sovietica e puntassero a “isolare i sovietici all’interno del mondo musulmano” (*).

Naturalmente gli alleati sauditi approvarono in pieno questa strategia, e usando la loro autorità religiosa ottennero la condanna dell’invasione sovietica dal grosso del mondo islamico. Insieme all’Egitto, l’Arabia Saudita considerava quel conflitto come un’opportunità perfetta per convogliare in un’altra direzione le forze del fanatismo religioso islamico di cui Juhayman rappresentava l’esempio.

Ecco allora che nel 1980 si aprirono le porte alla jihad, e una fatwa provvedeva a definire la jihad un dovere individuale di ogni musulmano, e fu così che le moschee e le università saudite si trasformarono in centri di reclutamento di volontari islamici assetati di sangue degli infedeli sovietici. In collaborazione con la CIA, il principe Turki, di cui s’è detto nel post precedente, sovrintese da vicino a questo sforzo, facendo personalmente la spola con l’Afghanistan e il Pakistan. Al resto, cioè ai finanziamenti, pensarono gli ulema sauditi riversando fiumi di denaro raccolti in beneficienza a sostegno dei signori della guerra afghani purché adottassero le restrizioni wahabite.

Uno dei primi volontari che partì e lavorò in stretto contatto con i servizi diretti dal principe Turki, fu un timido rampollo di buona famiglia saudita che più tardi divenne famoso in ogni angolo del globo.


(*) Il memorandum di Larrabee, Soviet intervention in Afghanistan, è datato 31 dicembre 1979; originariamente classificato “Secret”, è conservato presso la Carter Presidential Library.

7 commenti:

  1. A me viene da ridere quando sento le critiche rivolte alla sparata (priva di senso, peraltro) di Di Battista sulla necessità di trattare con quelli dell'IS.
    Viene da ridere perchè provengono da intellettuali e politici (*) che definivano "combattenti per la libertà" i giovanotti di cui parla quando impegnavano l'Armata Rossa.
    Senza dubbio se esistesse ancora l'URSS non esiterebbero a dialogare nuovamente con qualsiasi tagliagole disposto a combatterla.
    (*) Me lo ricordo solo io il viaggio di Altissimo in Afghanistan?

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    1. bravo, fai bene a ricordarlo, ma che vuoi, siamo un paese senza memoria

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  2. Complimenti per questo post da enciclopedia.

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  3. - Con molta probabilità Eugenio Scalfari fa riferimento al diverbio che tempo fa c'è stato fra la sua guardarobiera marocchina e l'autista pakistano (in effetti ci ho avuto a che fare tempo fa e devo dire che è meglio lasciarli perdere quando sono arrabbiati, i pakistani). E da lì ne trae alcune conseguenze di reale conoscenza per i successivi commenti (ormai per chi ne fa lettura diretta e non, seguirlo è diventato un gesto di filantropia).

    - la diatriba tra di loro prosegue da secoli in merito al problema del Califfato
    e basta aver presenziato in Persia alla festa dell'Ashura (una vera e propria autoflagellazione di alcuni partecipanti) per rendersi conto di come gli sciiti abbiano vissuto nei secoli l'uccisione degli eredi diretti del Profeta (qui secondo l'uso bisognerebbe attaccarcene un pezzo : 'Che la ....).
    In casa nostra meridionale celebriamo un evento simile ma con altra valenza.

    - sul tema delle religioni e loro eresie, queste ultime sono diventate religioni a loro volta e non c'è dogma che non preveda la relativa eresia. Se poi allarghiamo il grandangolo verso le ideologie,filosofie, ecc. non finiremmo più: al momento basta volgere la lettura nei piccoli cortili dei vari blog e troviamo sempre ' che cosa ha detto veramente detto ....'
    (In queste lotte fratricide 'la Sinistra' è maestra da qualche secolo).

    - non è affatto consolatorio nè tantomeno dimostrativo sostenere che in questo momento siamo in tre che conservano memoria dell'uscita di Renato Altissimo (*) (se fosse per cultura politica è cosa ammirevole, se invece è per età anagrafica .....)

    (*) Non sono un cultore di fisiognomica però mi ricorda molto Angelino Alfano. Anche molto nel gesto politico.

    - non se se altre popolazioni nel mondo possano soffrire della medesima sindrome, è palese che l'azione della maggior parte dei dirigenti mondiali
    si basa su questo presupposto.
    Poi però sappiamo che gli addetti ai lavori 'gli storici' , te la propinano - la Storia - come più gli aggrada. Infatti molti darebbero letture differenti su ciò che stiamo attualmente affrontando.

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    1. Sul tema religioni/eresie/dogmi citerei semplicemente Feuerbach:
      "il dogma è nient'altro che un esplicito divieto di pensare"

      Su Altissimo: lo ricordo per motivi anagrafici, essendo sui 50. Comunque la somiglianza con Alfno è innegabile, chissà, in fondo era un Liberale ...

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  4. se invece è per età anagrafica...... è triste (parlo per me beninteso).
    Mah, se ritorno a quello che pensavo all'epoca dei liberali (Malagodi) e di alcuni democristiani, rispetto a dei soggetti odierni come l'on. Alfano sarei portato ad una spontanea ed autentica ritrattazione.

    Essendo 'ben oltre' il limite del cinquantennale, mi trovo nel contempo ad aver oltrepassato lo stesso Feuerbach :"Dicendum est, sed ita ut nihil affirmem, quaeram omnia, dubitans plerumque et mihi diffidens". (M. T. Cicero)
    L'età mi porta ad utilizzare con più frequenza il condizionale piuttosto che l'indicativo (o tantomeno l'imperativo) e molte certezze sono pericolose per se stessi e per gli altri.
    Bonne nuit

    lr

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    1. Abbiamo memorie condivise ma non tutte, giacchè a me sfugge Malagodi. Sinceramente malgrado la galleria degli orrori odierna (di cui Alfano è solo uno specimen) non riesco a provare nostalgia per i personaggi di allora. Nemmeno un po'.
      Non potrebbe (condizionale) la sua nostalgia essere influenzata dalla distanza da quelli e dalla vicinanza di questi?
      Pensa proprio che il già citato Altissimo vicino ad Alfano farebbe la figura del gigante?

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