martedì 14 agosto 2012

L’invenzione della schiavitù perfetta


Checché ne dicano i cantori del libero mercato, la proprietà privata non esiste quasi più: o perché confiscata dai monopoli che controllano i grandi mezzi di produzione, le risorse naturali, i traffici e il credito, oppure perché uccisa dalla crisi.

I numeri parlano chiaro: 787 grandi corporation controllano l'80 per cento delle più importanti imprese del mondo e in tale costellazione un gruppo ancora più ristretto, composto da 147 multinazionali, controlla il 40 per cento delle più importanti star capitalistiche del pianeta. Quanto alla crisi, ai suoi effetti, per esempio, sulle imprese italiane, è in atto, ormai da anni, un calo assoluto del numero delle imprese: 25 mila in meno nel 2011 rispetto al 2010, tanto da allarmare il solito quotidiano ultra liberista: “Le sofferenza delle imprese italiane, in questa fase, vanno, dunque, valutate con attenzione, perché potrebbero prefigurare un cambiamento di ciclo sociale, oltre che economico”.

Dei sette miliardi di umani solo un’infima minoranza è realmente proprietaria. Gli altri, nella migliore delle ipotesi, possono vantare un tetto (spesso ipotecato e soggetto a tassazione patrimoniale) e un giaciglio. Poi, ma non tutti, sono proprietari di un’auto scadente per il cui possesso devono pagare un’imposta e che le leggi dello status symbol e del marketing impongono vada sostituita in due o tre lustri, spesso a debito e con grossi sacrifici.

Dunque è questa la proprietà privata di cui tanto ci si riempie la bocca? Ma questa non è altro che l’invenzione della schiavitù perfetta, fatta passare per una condizione di natura. I  padroni del mondo non hanno nessuna necessità di creare dei replicanti alla Blade Runner quando possono disporre a piacimento di originali dementi e ossequiosi ai sacri valori imposti dalle esigenze di questo modo di produzione, nonché di sindacalisti corrotti che vogliono spiegare ai padroni come risolvere i loro problemi.

Qualunque salariato del passato sapeva che la libertà è anzitutto libertà dal bisogno. E’ curioso invece vedere quanto poco senso della storia abbiamo e come filibustieri dotati di un magnifico istinto per il ricatto ne approfittino per farsi pagare ciò che dovrebbe essere nostro, dalle autostrade alle spiagge, a qualsiasi cosa ... .

7 commenti:

  1. Ho capito il ragionamento cara Olympe, ma non capisco questo: i Riva di Taranto, sono o no i proprietari dell'ILVA?

    F.G

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  2. Eppure ci sono ancora geniacci, come questo Paolo Becchi, che sostengono: "La crisi „catastrofica“ del capitalismo non c’è stata e il marxismo è fallito. Ma questo non ha fatto venir meno l’analisi scientifica di Marx, dalla quale possiamo ricavare la previsione preziosissima che si esce da una crisi solo con un nuovo ciclo del capitale industriale, una nuova rivoluzione industriale che sia in grado di rivitalizzare il capitalismo. Pur con la consapevolezza che la crisi è comunque connaturata al sistema, non ci resta – ahimè – che sperare che anche questa sua previsione si avveri."

    http://www.byoblu.com/post/2012/08/14/Dobbiamo-vomitare-tutto.aspx

    Buona lettura. E' per stomaci forti.

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    1. costui fa mostra della stessa "consapevolezza" di quei due del post che segue

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  3. Ottimo post.Perlomeno è incoraggiante sapere che l'assuefazione generale non ha ancora intaccato la capacità di alcune persone di saper ragionare con la propria testa.
    La caratteristica più diabolica di questo sistema è proprio il fatto di creare un sentimento nelle persone, nel quale da una parte c'è chi si rende conto della propria condizione ma è convinto di non poter opporre significativa resistenza, mentre ad altri sembra il più magnifico dei mondi possibili.Anche per me non è una situazione accettabile e mi fa male vedere continuamente il modo in cui la gente la accetta come inevitabile.
    Qui sta secondo me il problema: l'ignoranza fomentata a supporto del consumismo capitalistico ha portato moltissima gente a condividere i non-valori di questa società.Serve cultura, se no si può essere schiavi di qualsiasi cosa.

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