giovedì 28 giugno 2012

Domanda al signor Pietro Ichino


Scrive il signor Pietro Ichino nel suo blog:

Ci sono tre modi di intendere il “diritto al lavoro”. Il modo burocratico: “se vai all’ufficio di collocamento, hai diritto a essere avviato a un lavoro, sulla base di una graduatoria”. Il modo sindacale: “Se hai un posto di lavoro, non puoi essere licenziato”. Il modo costituzionale: “lo Stato ha il dovere di creare le condizioni affinché tutti abbiano una opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta”.

Il primo lo abbiamo sperimentato per mezzo secolo, dal 1949 al 1997, con il nostro monopolio statale del collocamento: l’esperienza mostra che in quel modo, di fatto, abbiamo garantito soltanto il diritto dei collocatori alla bustarella. Il secondo lo abbiamo sperimentato per quarant’anni, dal 1970 a oggi, con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: è il diritto a tenersi il proprio posto stabile quando lo si è trovato, ma non è affatto il diritto al lavoro stabile per chi ancora non lo ha trovato. Resta il terzo, ovvero il modo più serio e più impegnativo di intendere il diritto al lavoro: l’esperienza degli ultimi due secoli mostra che non vi è modo migliore per garantire a tutti una opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta, che quello di un mercato del lavoro ben funzionante, fluido  e innervato di servizi efficienti, in un sistema economico aperto.

Nella sua intervista pubblicata mercoledì dal Wall Street Journal Elsa Fornero, dicendo che il lavoro non è “oggetto di un diritto”, ha soltanto voluto prendere le distanze dal modo burocratico e dal modo sindacale di intendere il “diritto al lavoro”, spiegando come va letto correttamente l’articolo 4 della nostra Costituzione. Chi per questo la ha duramente attaccata ci dica, per favore, qual è il suo modo di intendere il diritto al lavoro.

* * *
A me non interessa discutere la posizione della signora Fornero o del signor Ichino dal loro punto di vista, poiché si tratta di un punto di vista totalmente dipendente dall’ideologia borghese.

La questione non è se un uomo abbia “il diritto ad avere un lavoro” e come debba esercitare tale diritto. La questione che pongo è un’altra: posto che un salariato per vivere non ha altra scelta che vendere la propria forza-lavoro, esso deve essere, in tutte le condizioni di società e di civiltà, lo schiavo di quegli uomini che si sono resi proprietari delle condizioni materiali del lavoro, ossia può egli lavorare solo col loro permesso, e quindi può vivere solo col loro permesso?

5 commenti:

  1. Ottima domanda Olympe, che dai testi di Marx continua a interpellare i "tecnici" dei nostri tempi...
    Purtroppo gli "interpellati" non risponderanno mai, e porteranno la questione del lavoro sempre sul proprio terreno. Del resto, già quando parliamo di mercato del lavoro accettiamo che il lavoro risponda alle "leggi" delle merci, e ogni discorso che parte da queste premesse risulta senza via d'uscita.

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  2. Il lavoro è quell'attività umana volta al procacciamento di beni indispensabili e strumenti utili alla sopravvivenza e, possibilmente, al raggiungimento di una condizione di benessere e sicurezza. Un agire ineludibile quindi. Un dovere pena la sofferenza fino alla morte. Definirlo un diritto mi sembra finanche riduttivo. Il ministro Fornero ritiene, viceversa, che il lavoro, come il lavoratore, sia, alla medesima stregua di un ravanello, una merce: lo si acquista nella misura ritenuta necessaria al prezzo e nel luogo piu' conveniente possibile. E solamente quando l'acquirente, definiamolo cosi', ha deciso in tal senso secondo la propria esclusiva valutazione e convenienza. Posizione storicamente ineccepibile: é stato, questo concetto ideologico, il centro del pensiero e dell'azione schiavista per migliaia di anni.
    Conscrit

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    1. La vera conquista sarà: L'ELIMINAZIONE DEL TEMPO DI LAVORO CAPITALISTICO.

      La battaglia che il proletariato ha ingaggiato da un paio di secoli per accorciare la durata della giornata lavorativa fa parte del patrimonio storico di tutta l'umanità. Quella che oggi normalmente viene considerata una rivendicazione di tipo sindacale fra tante è, in realtà, una delle maggiori conquiste che la nostra specie dovrà realizzare. L'uomo futuro non si accontenterà di aumentare semplicemente il cosiddetto tempo libero, ma eliminerà dalla sua stessa vita quelle attività che la maggior parte della specie dedica da millenni a un'infima frazione di sé stessa e, nello specifico modo di produzione capitalistico, esclusivamente alla valorizzazione del capitale. Non solo, ma sarà eliminata anche quella, altrettanto disumana, che l'uomo dedica alla realizzazione di tale valore, cioè al consumo dissennato di merci di ogni tipo. Perciò l'eliminazione di tempo di lavoro, che oggi significa disoccupazione, sarà una conquista del proletariato, non solo per sé ma per tutta la specie umana.

      http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/02/tempodilavoro.htm

      Er Romano

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    2. E comunque cara Olympe, ma che domande fai?. E certo che può vivere e lavorare con il loro permesso, tutti l'hanno capito, tranne i rincoglioniti lavoratori eh.
      Salutamme

      Er Romano

      http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/02/tempodilavoro.htm

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  3. Ichino, come è noto e come del resto egli non perde occasione di ricordare, è protetto da una scorta armata. Qualcuno ha avuto l'ardire di osservare, a mio avviso non a torto, che se per una volta costui parlasse a favore di chi lavora e non contro, per gli interessi di chi lavora e non contro, forse non avrebbe così bisogno di scorte armate.
    mauro

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