martedì 2 novembre 2010

Cadorna, il Napoleone de noantri /1



«La verità non sarà mai saputa veramente;
da che parte il diritto, nemmeno;
da che parte la giustizia, meno ancora:
dove ci sono passioni non c’è nulla di quelle tre cose»
 (A. Gatti, Un italiano a Versailles, p. 283).

Versailles, seconda decade dicembre 1917. Nella villa Béthune, un magnifico palazzo costruito da pochi anni nell’omonima via appena fuori città, si serve la prima colazione. Il Generale, come già faceva nella sede di Udine, vi provvede con caffellatte e biscotti.

Dopo colazione, dalle otto e mezzo fino alle nove, il Generale esce a passeggio, accompagnato dal suo ufficiale d’ordinanza. Con passo pesante, il bastone, i capelli bianchi ed il cappottone che svolazza e s’attorciglia alle gambe. Alle nove in punto, seguito dai suoi ufficiali, si avvia verso l’albergo Trianon, sede il Consiglio di guerra interalleato.

È molto meticoloso il Generale, spacca il minuto, un maniaco della puntualità, dell’esattezza. Di là a qualche giorno, nel mezzo di un’importantissima discussione del Consiglio di guerra, cominciò ad innervosirsi, a muoversi, e disse rivolto ai presenti: «Sono già le dodici, che cosa stiamo a fare? Mi fanno ritardare la colazione!».

È nevicato copiosamente, il vento spazza le strade e gli amplissimi viali sotto un cielo è terso. La piccola città è tranquilla, raccolta e pensosa. Soltanto nella piazza del mercato e nei vecchi quartieri di via della Passione o di Saint-Pierre, la vita pulsa un po’ più freneticamente.

Il Generale e i suoi ufficiali sono accolti dal comandante Marsollet, custode e governatore del palazzo; compaiono dei soldati e i gendarmi francesi si schierano a rendere gli onori all’ospite. La missione italiana sale al secondo piano, destinatole per metà; l’altra è per gli americani, mentre il primo piano e diviso tra gli ufficiali francesi e quelli della missione inglese.

La missione italiana è giunta a Versailles da pochi giorni, partita da Torino, in treno ovviamente. Durante il tragitto è stata testimone egli esiti del disastro ferroviario accaduto pochi giorni prima, quando un convoglio di soldati francesi e inglesi inviati in licenza ai loro paesi dalla Macedonia e dall’Italia, deraglia nell’uscire dal villaggio di Saint-Michel.  Le carrozze si sono incendiate e 450 dei 1500 soldati sono morti; altri 400 sono rimasti gravemente feriti o sono impazziti.

La missione svolge il suo compito secondo gli orari stabiliti: dalle 9 alle 12 in ufficio, quindi la colazione; poi dalle 15 alle 19.30 ancora in ufficio, segue la cena. È lo stesso regime di Udine, presso il Comando Supremo dell’esercito. Fino al novembre 1917, l’autocrate era il generale Luigi Cadorna.


Nel comitato riunito a Versailles (sulla carta un organismo importantissimo) prevaleva un senso di “idilliaca pace”. Un consesso che discuteva con poca energia e una palpabile sfiducia, esprimeva pareri, e basta. Non aveva effettivi poteri, non comandava e nemmeno amministrava: non riuscivano nemmeno a mettersi d’accordo, le varie delegazioni, per la colazione in comune.

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