giovedì 11 novembre 2010

Parigi, 1919 / 2



Parigi offriva molte distrazioni: corse a Saint Cloud, ristoranti eccellenti – per chi se li poteva permettere e riusciva a entrarci – e naturalmente l’Opéra, oltre a un gran numero di teatri, sale da ballo, locali di varietà e notturni. Si esibirono Sarah Bernhardt, il fratello di Isadora Duncan  in alcuni tipi di danza e da Londra arrivò Ruth Draper per recitare i suoi monologhi. Perfino il presidente Wilson, che di solito si coricava presto, azzardò assistere ad uno spettacolo di varietà, trovando alcune battute troppo spinte ma apprezzando le parti “più decenti”.
Mentre il proletariato l’Europa, dopo una guerra sanguinosissima, soffriva la fame e la febbre influenzale causava decine di milioni morti, il bel mondo convenuto a Parigi per concludere la pace non se la passava tanto male. I balli all’hotel Majestic, per esempio, cioè presso la sede della rappresentanza britannica, divennero famosi, anche perché le infermiere e le dattilografe più giovani – “simili a ninfe” le definì un anziano diplomatico – conoscevano bene tutti i balli più recenti, dal valzer inglese al fox-trot. E forse non solo quelli. Il generale Foch, capitato lì per caso, osservò che “le donne britanniche hanno le facce così tristi ma il fondoschiena molto vivace”. Le autorità francesi presero in considerazione l’idea di far cessare quel tipo di serate. Naturalmente, visto il tipo di “clientela”, si continuò a ballare.
Gli storici più attenti hanno invero sottolineato che questa vivace situazione ambientale, in occasione della Conferenza di pace di Parigi, fu molto più sobria di quella che circondò il Congresso di Vienna del 1815.
Venne in visita anche la figlia maggiore di Lloyd George, Olwen, una giovane donna sposata piena di … brio. Un pomeriggio il primo ministro Clemenceau le offrì un passaggio nella sua auto e, tra una chiacchiera e l’altra, le chiese se amasse l’arte. Alla sua risposta affermativa, estrasse una serie di cartoline oscene. Poi giunse anche la sedicenne Megan, figlia minore di Lloyd George. Si divertì molto, tanto che l’albergo dove soggiornava fu soprannominato da qualcuno col nome di Megantic. Fu infine spedita in un collegio femminile a rifarsi una reputazione.
Ma anche il padre, Lloyd George, non si tirava indietro. Sua moglie si lamentò che una sera il suo accompagnatore avesse civettato con una giovane donna della delegazione britannica: «Tuttavia – ebbe ad osservare con nonchalance la signora – si comportò al riguardo in modo schietto e penso che la cosa gli fece bene, tanto che non me ne diedi pensiero”. L’alta borghesia possiede un concetto assai elevato della propria “schiettezza”.
Arrivò anche una divorziata americana, in compagnia di Elsa Maxwell, e se ne tornò in America con un nuovo marito, un giovane e aitante capitano di nome Douglas MacArthur. 
[continua]

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