giovedì 11 novembre 2010

Parigi, 1919 / 1



Francia, 1919. Alcuni delegati statunitensi della Conferenza di pace visitano i luoghi della guerra e nelle loro lettere spedite in patria cercano di descrivere ciò che hanno visto: alberi ridotti a schegge, le piccole croci di legno che puntellano la campagna, i proiettili disseminati nelle strade, i crateri delle granate, i grovigli arrugginiti dei reticolati, carri armati e artiglierie affondati nel fango, brandelli d’uniforme e ossa insepolte. Questo scriveva, ad esempio Gordon Auchincloss, genero del colonnello House (l’alter ego di Wilson e deux ex machina alla Conferenza di pace).
A Parigi, e nei dintorni, intanto, le delegazioni delle grandi potenze e degli staterelli, i leader famosi e le litigiose e spesso stravaganti delegazioni dei posti più remoti, facevano del loro meglio per non annoiarsi. La delegazione wilsoniana era composta di mille elementi: politici, accademici ed esperti a vario titolo, indefessamente impegnati in commissioni e sottocommissioni.
Poi c’erano, in gran numero, personaggi di tutte le taglie sociali: da Elsa Maxwell e il principe Murat che si recarono a un ballo mascherato travestiti rispettivamente da Lloyd George (premier britannico) e da Clemenceau (primo ministro francese). L’auto su cui viaggiavano fu bloccata lungo gli Champs-Élysées da una folla festante. Una giornalista americana viaggiava “con totale schiettezza ed estremo entusiasmo” in compagnia di un generale italiano. Insomma un gran lupanare: negli alberghi dove erano alloggiate le delegazioni, le donne si aggiravano liberamente nelle stanze riservate agli uomini. Due infermiere della croce rossa canadese, che si erano specializzate nel fingere di essersi sbagliate a leggere il numero di stanza, rifiutando poi di lasciare la camera, dovettero essere rimandate a casa.
C’era la delegazione romena, capeggiata dal primo ministro Ion Brătianu, uomo ricco, potente, ricercato fino al ridicolo, convinto della propria importanza. Dalla Romania arrivò anche la regina Maria, con il treno regale. Sposa del re Ferdinando, era l’unica nipote della regina Vittoria che non avesse difficoltà a sbarazzarsi dell’educazione ricevuta in Inghilterra. Tra i suoi amanti si annoveravano Joe Boyle, brillante milionario canadese proprietario di miniere nel Klondike, e il cognato di Brătianu, il quale, a quanto si diceva, era il padre di tutti i figli di Maria a eccezione di uno, un vero e proprio caso pietoso, che poi divenne re Carlo II.
 [il resto nel prossimo post]

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