lunedì 21 novembre 2022

Calcio e doping

 

I controlli antidoping effettuati durante tutti i Mondiali di calcio dal 1966 al 2010 sono stati in totale 2.854. Quanti calciatori sorpresi in flagranza di doping? Solo tre casi positivi, non uno di più! Lo 0,11% degli atleti testati. Secondo queste statistiche, i calciatori non si doperebbero.

Questa è anche la conclusione della Federcalcio internazionale. Nel suo ultimo rapporto antidoping 2020/2021, presenta i risultati dei test effettuati durante l’anno. Su 602 test (75% di tutti i campioni da calciatori maschi), tenetevi forte: un solo caso positivo! Tra l’altro, non è nemmeno dovuto a un prodotto dopante secondo la Fifa, che ritiene che “il consumo di carne sia la fonte più probabile di questo risultato atipico”. Dunque, anche quell’unico caso è stato archiviato. Ancora una volta, va tutto bene, i calciatori non si dopano.

Certo, il calcio è un po’ più tecnico del ciclismo, dove devi solo pedalare come uno schiavo. Il know-how dipende però anche dalla condizione fisica: più il calciatore è in forma e meno ha il fiatone.

Posso in tal senso dare degli utili consigli, ma certamente non ne hanno bisogno: steroidi anabolizzanti, per una migliore capacità di recupero e un aumento della resistenza, EPO per ottenere una migliore ossigenazione del tessuto muscolare, cocaina, consente migliore reattività, decisioni più rapide, o diuretici, utilissimi per aumentare la quantità di urina escreta e mascherare altri prodotti vietati. Eccetera.

La realtà è ben diversa, come dimostrano anche altri sport, in primis il ciclismo (la vicenda Armstrong è eloquente), fin dagli atleti più giovani (lo sanno tutti, ma nessuno alza il velo di omertà): i laboratori cercano sostanze che gli atleti non assumono, mentre fanno uso di dopanti che le analisi non rilevano.

L’Agenzia mondiale antidoping stabilisce due liste: quella delle sostanze proibite “in competizione” e quella delle sostanze proibite “permanentemente”. Questi elenchi non coincidono. Ci sono quindi molecole vietate durante le partite, ma non durante gli allenamenti. È il caso, ad esempio, della cannabis, della cocaina o del captagon (è uno stimolante, meglio conosciuto come la “droga dei jihadisti”).

Se aumenti la capacità fisica in allenamento, ne trai beneficio il giorno della partita. Anche il portiere, che si potrebbe pensare sia al sicuro dal doping visto che corre pochissimo, può prendere la cannabis per aumentare la visione periferica.

A proposito di captagon, cioè di fenetillina: è un composto derivato dal raddoppiamento molecolare tra metamfetamina e caffeina, per entrambe le quali funge da profarmaco. La caffeina, che cosa c’è di più banale? Non si tratta di bere una o due tazze prima della partita. Per un effetto concreto, i calciatori assumono questa sostanza in compresse o iniezioni. Di conseguenza, aumentano l’eccitabilità, il rilassamento delle gambe e la potenza e precisione del tiro. È contenuta anche in una famosa bevanda, uno dei principali sponsor del Comitato Olimpico Internazionale, e forse questo è uno dei motivi per cui non è ricercata.

Gli amminoacidi ramificati, proposti per contrastare l’affaticamento, migliorare la concentrazione e le performance atletiche e ridurre la perdita di massa muscolare durante l’esercizio, secondo uno studio dell’Istituto farmacologico Mario Negri, potrebbero avere una correlazione con la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), ed essere una concausa con altri fattori scatenanti, per esempio l’abuso di antidolorifici e forti sospetti di correlazione anche per quanto riguarda i prodotti fitosanitari (pesticidi e biocidi usati sui terreni di gioco), quindi i microtraumi di gioco (anche nel rugby e football americano l’alta frequenza è sospetta). Solo prendendo in considerazione la serie A, il rapporto tra SLA ed ex calciatori risulta superiore di sei volte la media, e l’insorgenza della patologia è molto più precoce, anche se finora non sono del tutto chiare le cause che la favoriscono.

Quindi la creatina, in uso da molti decenni, come ben sanno i campioni di varie nazionali, per esempio. Solo Zinedine Zidane ha ammesso di aver assunto creatina quando era alla Juventus. Secondo un articolo del Corriere dello sport, il calciatore Garra Dembélé ha raccontato alcuni episodi della propria carriera: “In Bulgaria, al termine delle partite di Europa League, facevamo delle flebo. C’era un’infermiera in camice bianco. Ci toglievamo le scarpe e ci attaccavano subito le flebo, perché 2-3 giorni dopo ci aspettava un’altra partita. Quando sono andato al Friburgo, assumevo sostanze che non erano ammesse in Germania. Ero drogato, probabilmente erano ormoni, non lo so ... Ogni volta andavo io al test antidoping: urinavo ma non c’era traccia di quello che prendevo”. Eccetera. Anche Marcel Desailly, nella sua autobiografia Captain, racconta i suoi ricordi nel Marsiglia: in pullman passava uno dei medici “con la sua scatola dei miracoli e distribuiva pillole”, sotto lo sguardo dell’allenatore.

Come tutti gli sport professionistici, anche il calcio annovera, non meno di altri, tra tanta gente perbene, anche squali, mafiosi e spacciatori.

2 commenti:

  1. Non ho niente da dire sul doping nel calcio. Vorrei invece chiederti conforto su una parola in dialetto. Un tempo si diceva "malva" a uno dalla personalità debole, dal comportamento incerto e incapace di prendere posizione: "ciò, malva!".
    Ti risulta? E ti risulta che si dica ancora?

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    1. mai sentito. penso sia un modo di dire di uso locale, molto circoscritto, gergo di una sola area, anche di una sola località o gruppo sociale. diversamente dalla "menda", che qualifica con un soprannome non solo un individuo ma una famiglia (allargata), la "menda" è in uso diffuso solo in certe aree.

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