Nella
maggior gravità del morbo non si vide che un caso in cui i sentimenti umani
furono più forti della paura d’una morte straziante. E non furono due amanti,
come ci si poteva aspettare, gettati dall’amore l’uno verso l’altro, al di
sopra nella sofferenza: si trattava soltanto del vecchio dott. Castel e di sua
moglie, sposati da molti anni. La signora Castel, pochi giorni prima
dell’epidemia, si era recata in
una città vicina. Nemmeno era una di quelle famiglie che offrono alla gente un
modello di felicità esemplare, e il narratore è in grado di dire che, secondo
ogni probabilità, quei coniugi, sino ad allora, non erano ben sicuri di essere
soddisfatti della loro unione. Ma la separazione brutale e prolungata li aveva
condotti ad accertarsi che non potevano vivere lontani l’uno dall’altro, e che,
in confronto di questa verità venuta in luce all’improvviso, la peste era poca
cosa.
*
Cottard
raccontava che un grosso bottegaio del suo quartiere aveva fatto una scorta di
prodotti alimentari per venderli ad alto prezzo, e che si trovarono scatole di
conserva sotto il suo letto quando erano andati a prenderlo per portarlo
all’ospedale. “E vi è morto. La peste, quella non paga”. Cottard era pieno di
tali storie, vere o false, sull’epidemia. Si diceva, a esempio, che al centro,
una mattina, un uomo, coi segni della peste, nel delirio della malattia si è
precipitato fuori per gettarsi sulla prima donna incontrata e abbracciarla
gridando di avere la peste.
“Bene”,
notava Cottard con tono leggero, in contrasto con la sua
affermazione, “diventeremo tutti pazzi, è certo”.
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