domenica 23 febbraio 2020

Nous allons tout devenir fous, c’est sûr


Nella maggior gravità del morbo non si vide che un caso in cui i sentimenti umani furono più forti della paura d’una morte straziante. E non furono due amanti, come ci si poteva aspettare, gettati dall’amore l’uno verso l’altro, al di sopra nella sofferenza: si trattava soltanto del vecchio dott. Castel e di sua moglie, sposati da molti anni. La signora Castel, pochi giorni prima dell’epidemia, si era recata in una città vicina. Nemmeno era una di quelle famiglie che offrono alla gente un modello di felicità esemplare, e il narratore è in grado di dire che, secondo ogni probabilità, quei coniugi, sino ad allora, non erano ben sicuri di essere soddisfatti della loro unione. Ma la separazione brutale e prolungata li aveva condotti ad accertarsi che non potevano vivere lontani l’uno dall’altro, e che, in confronto di questa verità venuta in luce all’improvviso, la peste era poca cosa.

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Cottard raccontava che un grosso bottegaio del suo quartiere aveva fatto una scorta di prodotti alimentari per venderli ad alto prezzo, e che si trovarono scatole di conserva sotto il suo letto quando erano andati a prenderlo per portarlo all’ospedale. “E vi è morto. La peste, quella non paga”. Cottard era pieno di tali storie, vere o false, sull’epidemia. Si diceva, a esempio, che al centro, una mattina, un uomo, coi segni della peste, nel delirio della malattia si è precipitato fuori per gettarsi sulla prima donna incontrata e abbracciarla gridando di avere la peste.

“Bene”, notava Cottard con tono leggero, in contrasto con la sua affermazione, “diventeremo tutti pazzi, è certo”.

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