In attesa che le dinamiche del debito/spread facciano
il loro corso, e che i riformisti di ogni tinta ripensino il capitalismo a loro
gusto, distraiamoci con ciò che potrà interessare al massimo due o forse tre
lettori di questo blog e forse qualcuno degli altri più numerosi ospiti provenienti da FB,
che però non lasciano qui un commento neanche se gli prometti il reddito di
cittadinanza con accesa l’opzione “acquisti immorali”.
Su Sky arte si sta trasmettendo Hitler contro Picasso e gli altri (titolazione ad capocchiam), ossia un documentario che racconta la bulimia dei più alti gerarchi nazisti in materia di furto di opere d’arte. Nel filmato trova conferma, tra l’altro, la tesi che individua lo scopo fondamentale, dal lato pratico, della persecuzione contro gli ebrei nel rapinare i più ricchi dei cospicui patrimoni e di utilizzare la forza-lavoro valida di tutti gli altri.
Dal filmato si apprende inoltre che a New York, nel
corso del secondo conflitto mondiale, si riunirono degli esperti nella stupenda sede della Frick
Art Reference Library per pianificare le azioni di salvaguardia del patrimonio
culturale dei paesi coinvolti nella guerra. Si studiano le mappe e i manuali
della storia dell’arte, si confrontano fotografie e cartine e si tracciano le
coordinate dei monumenti da salvare: chiese, musei, edifici storici, siti archeologici. Si raccolgono le informazioni necessarie da inviare ai comandi militari “in modo che i piloti evitassero di
bombardare monumenti importanti nei moltissimi raid aerei del 1943-’44”.
Tutto ciò è encomiabile. Resta da stabilire quanto ne
tennero conto gli stati maggiori interessati. A mio avviso poco o nulla visto quanto accadde. Il primo pensiero va a Montecassino, non certo un caposaldo inaggirabile, tanto più che in Francia, sulla costa atlantica, alcune basi germaniche si arresero solo al termine del conflitto.
Né a tale riguardo citerò quale esempio esiziale di
tali bombardamenti a tappeto il caso fin troppo noto della distruzione di
Dresda. Rammento invece un paio dei più massicci e devastanti, quanto immotivati,
bombardamenti in territorio italiano: quelli di Treviso e di Padova. A Treviso
vi furono circa 1.600 vittime civili e la distruzione o danneggiamento di oltre
l'80% del patrimonio edilizio, compresi i principali monumenti storici e
artistici. Treviso non era in alcun modo un obiettivo strategico.
Il bombardamento di Padova dell’8 febbraio 1944
seguiva diverse precedenti incursioni aeree: la prima, del 16 dicembre 1943,
coinvolse la ferrovia e i principali snodi ferroviari verso Bologna, Milano e
Castelfranco, quando tre diverse ondate di B17 americani sganciarono tonnellate di bombe da cinquecento libbre ciascuna. Due settimane dopo,
il 30 dicembre, una nuova ondata di bombardieri statunitensi colpì la città,
avendo come obiettivi principali la zona industriale, nuovamente la ferrovia,
nonché Palazzo Camerini.
L’8 febbraio toccò ai bombardieri inglesi Wellington di farsi onore, i quali sganciarono oltre settanta tonnellate di
bombe, tra cui un nuovo tipo di bomba perforante ad alto potenziale, devastando
e sventrando tutto ciò che incontrarono sul loro cammino. Oltre alle vittime furono
raccolte diciotto casse di resti umani.
A proposito di “salvaguardia del patrimonio culturale
dei paesi coinvolti nel conflitto”, le bombe colpirono e distrussero irrimediabilmente
anche il grande affresco del Mantegna in Cappella Ovetari, che si trova nel
braccio destro del transetto della chiesa degli Eremitani. Questa chiesa dista
alcune decine di metri dalla Cappella degli Scrovegni, dove si trovano i più
begli affreschi di Giotto. Non c’è immagine, per quanto ben realizzata, che
possa dar conto della straordinaria bellezza di questo capolavoro giottiano che guardato de visu mette le vertigini. Stendhal
avrebbe confermato. Ringraziamo il caso se gli affreschi si salvarono dalla
distruzione, quindi non solo la buona volontà degli esperti della Frick Library.
Venezia non la bombardarono.
RispondiEliminaQuindi Treviso e Padova.
E Vicenza. E Verona. Ecc.
Sai bene che la cappella degli Scrovegni è vicinissima alla stazione dei treni; mentre di fianco alla Ovetari c'erano caserme (mi pare che tuttora ce ne sia una subito dietro).
L'Italia dichiarò guerra al Regno Unito.
a Padova ho vissuto per 28 anni e qualche mese, dunque un po' la conosco. la cappella degli Scrovegni è vicina alla stazione ma non direi vicinissima (un km circa). fianco della Ovetari c'era il distretto militare, poca cosa, soprattutto scartoffie. La caserma Piave era molto lontana, vicino alla specola, l'altra, la più grande, attaccata alla basilica di santa Giustina poiché è un pezzo dell'antico monastero divenuto, appunto, caserma all'epoca di Napoleone.
Eliminapiazzale Boschetti: gasometro e Breda lungo il piovego
Eliminapiazzale Boschetti è dall'altra parte del piovego
Eliminanon si bombarda a tappeto per colpire un gasometro sapendo che c'è Scrovegni e Ovetari che dal punto di vista artistico valgono 100 basiliche di san Pietro