lunedì 27 febbraio 2017

Ma 'ndo vai, bischero?



Marx, nel 15° capitolo del III Libro de Il capitale, critica dell’economia politica, sottolineava che “il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso”.

Questa frase, nel cotesto in cui è stata scritta, ha un significato ben preciso. Vedo di volgarizzare sperando di non far venire le convulsioni al Vecchio nell’aldilà.

Prendo spunto da un altro bucolico esempio dopo quello di ieri. Per arare un jugero di terra con un rudimentale aratro trainato da buoi, lo schiavo del leggendario Cincinnato doveva rompersi letteralmente la schiena per una giornata intera. Oggi, lo stesso schiavo, a bordo di un moderno trattore, arerebbe il suo quarto di ettaro in men che non si dica, senza rompersi la schiena ma anzi standosene comodamente seduto. Non solo, la produttività del suolo arato con mezzi meccanici è senza confronto rispetto a quella di un tempo.

Ecco dunque messo in chiaro ciò che del resto tutti sanno: il livello di produttività del lavoro è connesso strettamente al grado di sviluppo della tecnologia impiegata. Se la produttività del lavoro di un operaio risulta mediamente meno elevata di quella di un suo collega (sia che parli etrusco, turco o tedesco), pur lavorando più ore, ciò significa che meno evolute sono sia la componente tecnologica e sia le tecniche di lavorazione presso le quali esso è impiegato. Tradotto in italiano: lo sviluppo delle forze produttive da noi è mediamente di grado e livello inferiore. Ma non chiediamoci realmente il perché e diamo la colpa agli operai nostrani, 'sti fannulloni che puntano solo alla pensione anticipata rispetto agli standard di durata della vita fissati per loro da chiarissimi professori.

Il motivo fondamentale per il quale ogni capitalista è indotto a introdurre sempre nuove tecnologie e tecniche di lavoro è molto semplice (se siete di bocca buona e vi accontentate della melassa borghese) e potete leggerlo nelle geremiadi quotidiane del Sole 24 ore e di altri. Lo scopo, da un lato, è quello di abbassare ciò che i padroni e i loro leccaculo chiamano il “costo del lavoro” (impiegandone meno, ovviamente); dall’altro lato, ma questo resta più implicito, serve per far aumentare lo sfruttamento del lavoro e cioè per estorcere una quota maggiore di lavoro non pagato. Poi, il padrone buono, alla Marchionne, darà la mancetta ai suoi operai più bravi: sono questi i mezzi dei quali si servono i padroni, in democrazia, per condurre la loro indefessa lotta di classe.

Messa in altri termini la faccenda sta così: la produzione capitalistica ha come scopo la conservazione del valore-capitale esistente e la sua massima valorizzazione, vale a dire l’accrescimento accelerato di questo valore.

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La tendenza verso lo sviluppo assoluto delle forze produttive nelle motivazioni addotte dai padroni e dai loro leccaculo contiene solo una parte della verità (se al fenomeno corrispondesse esaustivamente la realtà, la scienza non servirebbe a nulla e gli ideologi borghesi non saprebbero più chi intortare).

Per appropriarsi di quote maggiori di plusvalore e far fronte alla concorrenza, i capitalisti devono costantemente aumentare la produttività del lavoro. Ciò impone l’aumento e il miglioramento incessante del livello tecnico degli impianti e del macchinario. Maggiore è il perfezionamento tecnologico, più il numero di operai e addetti richiesti per la stessa quantità di produzione è minore. In altri termini, si eleva la composizione tecnica del capitale.

L’aumento progressivo della composizione tecnica del capitale provoca, necessariamente, un mutamento parallelo della sua composizione di valore, e, quindi, nella composizione organica, vale a dire un aumento progressivo del capitale costante (impianti, macchinario, materie prime e ausiliarie, ecc.) in rapporto a quello variabile (capitale impiegato nell’acquisto di forza-lavoro, alias salari). Per chi volesse maggiori ragguagli su tale aspetto e le sue conseguenze in termini capitalistici, può leggere questo post.

Qui m’interessa mettere in luce – per usare le stesse parole di Marx – che “la massa di lavoro che il capitale può comandare non dipende dal suo valore ma dalla quantità di materie prime ed ausiliarie, del macchinario ed altri elementi del capitale fisso, dei mezzi di sussistenza di cui esso è composto, qualunque possa esserne il valore”.

E ciò spiega, di là di molte altre cosucce (la diminuzione del saggio del profitto, il deprezzamento del capitale esistente), perché nonostante l’enorme impiego di capitale in termini di valore, la massa di lavoro, per effetto dello sviluppo tecnologico, tende progressivamente e in modo sempre più accelerato a diminuire. Pertanto, risultano inesorabilmente risibili e basate sull’equivoco e le illusioni a basso prezzo quelle asserite politiche governative che vorrebbero aumentare l’occupazione attraverso l’innovazione. La diminuzione relativa del capitale variabile in rapporto al costante, che si verifica parallelamente allo sviluppo della forza produttiva, crea di continuo una sovrappopolazione artificiale (altro che Malthus, sciocchini).

1 commento:

  1. PARADOSSI:
    L’abolizione della schiavitù, spacciata per Imperativo Morale, che portò alla sostituzione degli “schiavi catturati” con gli “schiavi volontari”, è stata una grande vittoria dei Padroni: le spese per il vitto e l’alloggio degli schiavi e le spese per il funzionamento e la manutenzione delle strutture necessarie alla comunità, vennero fatte pagare ai nuovi schiavi, costretti a vendersi per sopravvivere. Tutto lo Stato è organizzato e finalizzato al soddisfacimento di pochi, ma è pagato dai lavoratori.
    Il ricatto finora ha funzionato, perché c’era la possibilità di vendersi, ma anche perché tanti lavoratori si sono lasciati convincere che la vita è solo un riflesso condizionato: PRODUCI, CONSUMA, CREPA!
    Adesso, con la robotizzazione, mancherà il lavoro. Anche diminuendo l’orario lavorativo ci saranno pochi lavori da svolgere. L’ingordigia del profitto a tutti i costi impedisce di capire il futuro.
    Che Fare? Non la guerra, le armi sono troppo potenti. Non la rivoluzione, manca il materiale umano. Forse la soluzione potrebbe essere uno sciopero dei consumi alla Lisistrata.

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