mercoledì 31 luglio 2013

Comunque


Se non ricordo male, fu Victor Hugo a scrivere che i criminali non hanno solo le mani sporche di sangue ma anche macchiate d’inchiostro, e aggiungeva che è molto più curioso andare a frugare nelle casseforti che nei bassifondi. E non è un caso – soggiungo a mia volta – che quando si va a mettere il naso nelle casseforti e negli affari dei potenti, immancabilmente ci s’imbatte in ogni genere di lordura posta in atto da questi maestri di realismo e di cinismo. Del resto, è nella destrezza della democrazia di una società di classe far credere che la legge sia uguale per tutti. Sarebbe illusorio pensare il contrario, e tuttavia vi sono dei limiti di decenza che non dovrebbero essere valicati in uno Stato di diritto un po' meno che meramente formale.

I fatti di questi anni, per quanto ci riguarda direttamente da vicino, dimostrano il drammatico smarrimento nel quale siamo piombati, il trasformarsi del costume e della cultura come in un tempo non troppo remoto non s’immaginava possibile. E ciò non è dipeso solo da un uomo, per quanto egli sia riuscito a incarnare una filosofia – chiamiamola così – che è riuscita a penetrare nelle coscienze e a eroderle, ma da un’intera classe dirigente nazionale che – senza grandi ostacoli e catturando il consenso della maggioranza – si mostra fattivamente corrotta, distaccata dalla vita concreta e intimamente marcia perché non crede più in niente se non al potere fine a se stesso.

E però tutto questo non sarebbe potuto accadere, non almeno nelle forme macroscopiche esibite con disinvoltura, se anche e specialmente da parte delle generazioni più adulte non si fosse spesso smarrito il senso di responsabilità, di quella verso se stessi e di quella verso gli altri. È bastato poco, in definitiva, per corromperci, e a poco è servito un coro di ammonitori impotenti. Ed è perciò che due anni e mezzo fa scrivevo in questo blog:

martedì 30 luglio 2013

Gli stravaganti lapsus del dottor Freud


Mettendo a posto delle vecchie carte m’è capitata in mano una lettera che troppo vecchia non è, anche se appartiene al secolo passato. La scrissi all’autore di un libro, La rivoluzione dimenticata, nel quale è trattato il rapporto tra il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, segnatamente il libro dà conto delle grandi scoperte e intuizioni dell’antichità che poi l’umanità ha sepolto sotto le rovine delle antiche civiltà e solo dopo molti secoli riscoperto.

Scrive l’autore del libro che «La moderna teoria psicoanalitica dei sogni è nata quindi, secondo l’autorevole testimonianza di Freud, partendo dagli elementi “vicini alla realtà” riferiti da Artemidoro».

Che cosa abbia che vedere la teoria psicoanalitica dei sogni (edita nel 1900) con Artemidoro è cosa tutta da dimostrare, ma soprattutto è cosa tutta da dimostrare che cosa abbia a che vedere la teoria psicoanalitica con la scienza. Ma di questo dirò poi.

lunedì 29 luglio 2013

[...]


All’aperto, ieri sera, ho visto il film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza. C’era folla, afa soffocante e le solite zanzare. Di seguito provo a raccontare non la trama del film, bensì le mie impressioni.

Il regista vuole raccontare Roma nella sua bellezza e nel suo orrido attraverso la vicenda di uno scrittore viveur e della mondanità che frequenta. Si tratta di un tema sociale ed estetico che promette bene e che invece poi il film delude, salvo nello spettatore che si accontenta del mero “divertente”.

Il lato buono del film offre squarci della Roma monumentale e artistica sotto la luce distratta dell’alba o di tramonti dai colori eccessivi. Per il lato meno nobile, non ho elementi di riscontro diretto per dire se il soggetto attorno al quale si sviluppa il racconto – le ammucchiate festaiole dei quiriti d’alto bordo ­– configuri uno spaccato realistico oppure se prevalga la finzione.

Il punto però è un altro, ossia l’assenza – tra la mondanità godereccia descritta – di figure tipiche dell’intreccio tra politica e affari, favori e intrighi, spartizioni e tangentine, dissimulazioni disoneste e orgogliosi asservimenti, bassezze trasversali e ipocrisie di regime fatte passare per sussulti di dignità morale. Insomma non credo proprio che la mondanità capitolina autentica possa ridursi al caravanserraglio mostrato dal regista, costituito di nostalgie postmoderne di vecchie mummie con sintomi d’incontinenza, di funerali solenni e consumati cliché.

Nulla è stato fatto e nulla faranno


Sul Sole 24ore di ieri, si poteva leggere, in prima pagina e poi a seguire a pagina 14, un articolo di Simon Johnson, docente alla Sloan School of Management del Mit. L’articolo ha per titolo eloquente il tema trattato, ovvero La finanza senza regole è la zavorra sulla ripresa. Con il suo blasone, può pensare il lettore, chissà quali verità avrà da svelarci il professore americano e soprattutto quali rimedi da proporci. Sorvolando sul fatto che la finanza non è l'unica causa della crisi, di verità il docente ne ha una sola da comunicarci, fattuale e incontrovertibile:

La Volcker Rule (la limitazione dell'attività di compravendita titoli in proprio da parte delle banche) ancora non c'è, le regole per i derivati restano in via di elaborazione e non è stato fatto nessun intervento sui fondi monetari.
Ma c'è di peggio: le nostre banche più grandi sono diventate ancora più grandi e nulla sembra indicare che abbiano abbandonato quel tipo di struttura di incentivi che incoraggia eccessive assunzioni di rischio. E le grandi distorsioni provocate dalle banche "troppo grandi per fallire" incombono minacciose su molte economie.

domenica 28 luglio 2013

Il nullatenente, il Papa, il mondo che vacilla


Riporto un fulmineo scambio di battute tra due anziane e ancora arzille signore ospiti di una casa di riposo e in libera uscita sedute ai tavolini del solito bar, sottoportico di via Porto di Brenta, già sede del Partito socialista italiano nenniano in anni ahimè ormai lontani, quando eravamo poveri ma felici, come dicono i ricchi.

Signora con camicia a fioroni blu e grigi: “El ghe voleva proprio un Papa cussì …”.

La collega, con camicetta bianca plissettata, dopo un sorsetto di prosecco che le illumina gli occhi e le schiarisce l’ugola, risponde forte e secca: “El xe furbo!”.

Come direbbero a Venezia: “Sgagia ‘sta zovenota”.

* * *

L’editoriale di Eugenio Scalfari di oggi s’intitola sommariamente e modestamente: “Per salvare l’Italia il catalogo è questo”. Di quale Italia si tratti non vale la pena nemmeno ripeterlo: la sua, comunque, e quella del presidente del consiglio che dichiara solo i redditi di parlamentare (123mila euro), ma si guarda bene – nel momento in cui lancia l’ennesima “lotta all’evasione” – di indicare l’ammontare del suo patrimonio familiare, abitazioni, azioni, obbligazioni, auto, ecc. Un nullatenente. Pertanto, se e quando il governo deciderà d’intervenire sui depositi bancari e i titoli di Stato in possesso degli italiani, non potremmo giudicare se Enrico Letta con tale provvedimento colpirà anche il proprio patrimonio, oppure l’avrà sottratto alla mannaia del “rigore” e dei “sacrifici” avendo trovato rifugio in un portafoglio d’investimento diverso.

Sbaglierebbe chi dovesse giudicare queste questioni di mero dettaglio. Esse sono la sostanza, la vera e stramaledetta sostanza.

* * *

A proposito di letture estive, nella prefazione della Fenomenologia dello spirito, Hegel scrive: “La frivolezza e la noia che invadono ciò che ancora sussiste, l’indeterminato presentimento di un ignoto, sono segni forieri di un qualche cosa di diverso che è in marcia”.

Insomma, tutto rivela il vacillare di questo mondo.


sabato 27 luglio 2013

Il deperimento di un mito: la democrazia americana


Vorrei dire oggi due parole sul caso di Edward Snowden, un ex dipendente della CIA americana, che ora è nella zona di transito dell'aeroporto Mosca Sheremetyevo. C’è a chi il caso poco interessa proprio perché si tratta – dicono – di una persona che ha accettato di lavorare per la Cia, perciò ben gli sta, cazzi suoi.

Un tempo a chiedere asilo politico erano i cittadini del blocco dell’est, oggi a chiedere asilo politico sono i cittadini americani e del blocco occidentale (esiste ancora!). Un segno dei tempi anche questo. Non perché la Russia sia diventata un soggetto statale particolarmente democratico, ma perché gli Usa sono la più fasulla delle democrazie, un’oligarchia del denaro che finanzia i candidati alle elezioni i quali arrivati nei posti chiave del potere politico e istituzionale legiferano e governano in nome del popolo ma facendo essenzialmente gli interessi dell’oligarchia capitalistica, o comunque non agiscono contro quegli stessi interessi nemmeno quando sarebbe necessario.

venerdì 26 luglio 2013

La questione che sovrasta tutte le altre


Goethe riteneva che Beethoven fosse guidato “dalla luce della genialità, che illumina la sua mente come un colpo di fulmine”, sebbene, a suo parere, le opere del compositore fossero per lui semplicemente troppo “nuove” per i suoi gusti classicheggianti. Beethoven era un grande ammiratore delle opere teatrali e poetiche di Goethe, e accettò con entusiasmo di incontrarsi con lui nella cittadina termale di Teplitz, nell’estate del 1812.

Per una settimana si frequentarono molto assiduamente e Beethoven aveva eseguito per Goethe una sonata per pianoforte. Tuttavia il compositore si sentì offeso quando il suo nuovo amico, dopo averlo ascoltato, si limitò ad asciugarsi le lacrime invece di applaudire. Beethoven andò su tutte le furie ed esclamò: “Da voi, Goethe, non me lo sarei mai aspettato e non lo tollererò”. Fece dunque notare al poeta come nel 1796, a Berlino, in un’occasione analoga il pubblico si fosse “comportato con tanta sensibilità e cortesia al punto che era avanzato con titubanza verso la mia persona agitando i fazzoletti bagnati di lacrime, testimoniando un’emozione assolutamente insignificante agli occhi di un rude entusiasta come me …Voi, proprio voi, dovreste sapere quanto sia gradito essere applauditi da mani che si tengono in grande considerazione. Se voi non apprezzate e non mi considerate un vostro pari, chi mai lo farà? A che banda di straccioni devo rivolgermi per essere compreso?”.

Chissà cosa direbbe oggi Beethoven.

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giovedì 25 luglio 2013

"Invertire le forze che hanno remato contro la classe media"


È singolare che i tre principali inventori degli Stati Uniti d’America si trovassero in Europa all’epoca in cui veniva scritta la costituzione, forgiata in larga misura da James Madison e Alexander Hamilton sotto la regia di Washington [*].

Gli Stati Uniti allora erano ben poca cosa se raffrontati a quello che sono oggi. I tre ambasciatori in Europa erano Thomas Jefferson, John Quincy Adams (quello che elaborò l’omonima dottrina per il presidente James Monroe), e Benjamin Franklin.

Quest’ultimo godeva una vasta popolarità, non solo come puttaniere, ma anche come inventore di un’innovativa cucina economica e come sperimentatore nel campo dell’elettricità. Era anche scrittore ed editore di successo, sostenitore della moneta cartacea (le malelingue dicevano per tenere in attività i suoi torchi da stampa).

Jefferson, invece, aveva una passione per tale Maria Cosway, una donna sposata, e più tardi ebbe in casa Sally Hemings, una giovane schiava mulatta. Anche Jefferson ritrovò la gioia di vivere a Parigi, dove, scrisse, “si canta, si danza, si ride e si fa festa […]. Quando il nostro re esce, i francesi si gettano carponi a baciare la terra […]. Poi passano a baciarsi tra loro. È questa la saggezza più vera: i francesi conoscono in un solo anno tanta felicità quanta ne conosce un inglese in dieci”.

I parigini erano così saggi e felici che nemmeno un lustro passò da quando furono vergate queste parole che diedero l’assalto alla Bastiglia. Com’è imprevedibile la vita e beffarda la storia.

I tre non erano in Europa solo per questioni relative al commercio e per tenere relazioni pubbliche, ma anche per trovare fondi per finanziare la neonata repubblica, e a ciò ben si prestavano i banchieri olandesi. Altri tempi.

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mercoledì 24 luglio 2013

Grillo, do you remember miniassegni?


Molti degli avvenimenti storici – anche tra i più rilevanti – sono dati dal caso più che dagli esiti del calcolo politico e miliare, diplomatico e strategico. Il buon esito – per esempio – della prima campagna napoleonica in Italia fu causa più della sprovvedutezza dei comandanti austriaci che dall’abilità tattica del generale corso. Allo stesso modo la più grave sconfitta coloniale italiana (e europea) in Africa (Adua), fu causata dalla dispersione delle forze e dal fatto che le carte topografiche non erano per nulla esatte. Questo sul piano tattico, ma su quello diplomatico e strategico gli errori furono davvero madornali e Crispi ci mise molto di suo.

Del resto, la storia recente del nostro paese, vale a dire dall’Unità, è zeppa di episodi simili e anche di più grotteschi che evincono anzitutto una cosa: l’incompetenza, la sciatteria, il particolarismo fazioso e in sostanza il provincialismo della classe dirigente nazionale. Due soli personaggi – tra quelli molto noti – non possono essere tacciati di queste mende, ossia Benso e Garibaldi.

martedì 23 luglio 2013

Il punto critico


In questi giorni ho scritto di cose che riguardano il passato. Del presente, almeno per come viene descritto sulle prime pagine dei giornali, vien voglia di tacere. In uno stato di crisi che s’inchioda sempre di più, s’insiste sul congresso del Pd e le primarie, si polemizza sulle dichiarazioni fluviali del sindaco di Firenze o si dà rilievo agli aforismi dell’ex segretario alla festa dell’anguria.

Ogni mese è necessario trovare i denari per pagare 19 milioni di posizioni pensionistiche, almeno 4 o 5 milioni di stipendi statali e parastatali, centinaia di migliaia di cassaintegrati, innumerevoli consulenze d’oro, alcuni miliardi di interessi sul debito, decine di miliardi per la spesa sanitaria, farmaceutica e assistenziale, alcuni miliardi per le spese militari, e senza dire della corruzione [*]. Coloro che producono ricchezza – nelle fabbriche, nei campi, in mare – sono sempre di meno, e si tratta di quelli che ci mantengono tutti.

lunedì 22 luglio 2013

L'urina del padre dei popoli


Scrisse Engels: “Il terrore per lo più è fatto di inutili atrocità, compiute per la propria tranquillità da uomini che hanno paura essi stessi. Sono convinto che la colpa del dominio del terrore nel 1793 ricada, quasi esclusivamente, sugli spaventati borghesi che volevano farsi passare per patrioti, sui piccoli filistei che si scioglievano nei pantaloni dalla paura, e su una banda di lestofanti, i quali col terrore facevano i loro affari”.


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domenica 21 luglio 2013

Camminando


Diceva un cineasta argentino che l’utopia sta all’orizzonte. Quando tu fai tre passi, l’utopia è tre passi più in là. Tu fai venti passi, e lei è venti passi più in là. A cosa serve allora l’utopia se non la raggiungiamo mai? A far camminare il mondo!

Il capitalismo è fallito, ma non è morto. Paradossalmente – più esatto: necessariamente – ciò avviene nel momento in cui esso domina sprezzantemente su tutto il pianeta. Non possiamo calcolare i tempi del suo tramonto con la stessa frenetica impazienza con la quale consumiamo la nostra esistenza. Sappiamo però che finché la nostra società sarà dominata dal profitto non ci sarà pace, la miseria e la vita a perdere saranno abbondanti in ogni luogo del mondo. Solo quando l’umanità saprà organizzarsi diversamente, secondo scopi sociali predeterminati e non secondo il capriccio del caso, essa avrà finalmente compiuto il passo decisivo più importante della sua storia.

* * *

Le ultime lettere spedite a casa da Jimmie mostrano quanto fosse consapevole che le loro vite venissero gettate via senza altro scopo che non fosse arricchire gli imprenditori della guerra. Aveva anche aggiunto, con amarezza: “Nessuno ricorderà mai quello che abbiamo fatto, solo quanto ne hanno ricavato loro”. Poiché sua madre era la segretaria di un potente membro del Congresso, questo solare atleta apolitico aveva sempre avuto un’idea abbastanza precisa di come andavano le cose in una nazione come la nostra, e non era il solo: durante i tre anni da me trascorsi nell’esercito non ho mai sentito una sola frase patriottica da uno dei miei compagni, solo frasi di dolore per gli amici persi e, quasi con la stessa frequenza, un feroce risentimento nei riguardi di quelli che, in patria, stavano decimando la nostra generazione di adolescenti (*).

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venerdì 19 luglio 2013

Una cartolina


A volte capitano delle cose davvero strane. Lunedì scorso ho richiesto a un libraio antiquario tre libri. In origine le opere che m’interessavano erano due libretti di poco prezzo, ma giusto per dare un peso economico più adeguato all’ordinazione, decido di scegliere anche un terzo libro dal catalogo: un’opera di Marx, e perciò, dati i miei interessi, già presente nella biblioteca domestica. Ho ordinato la copia de Le lotte di classe in Francia perché si tratta di un’edizione che non possiedo, ossia l’edizione Einaudi, stampata nel 1948, un volumetto in sedicesimo con coperta cartonata e dorso in mezzatela. Scrivo al librario che tale libro dev’essermi spedito solo se “in ottimo stato”.

Oggi il corriere mi ha recapitato il pacco con i libri. Apro il plico e all’interno trovo quanto richiesto, compreso il volumetto con l’opera di Marx. Non sfoglio il libro, ma lo apro all’ultima pagina, e, con mia sorpresa, tra questa e la copertina c’è una cartolina. Sul fronte della quale è riprodotto il disegno al tratto di una veduta, la piccola didascalia dice trattarsi di Assisi, precisamente dell’Eremo delle Carceri. L’autore della veduta è “S. Spagnoli”.

Mussolini: suo figlio e la sua ex amante morti in manicomio



Poco nota al grande pubblico – fino all’uscita del film Vincere di Bellocchio – fu la vicenda del legame sentimentale tra Mussolini e una delle tante donne della sua vita, ossia Ida Dàlser.

Giordano Guerri rimproverò aspramente, in un articolo del 2009, al regista quanto segue:

È un falso grave […] una delle scene centrali di Vincere, quando Mussolini e la Dalser vengono fatti sposare (addirittura in chiesa), durante la Prima guerra mondiale. 

Nei film di costume, di falsi molto più gravi di quello lamentato da Guerri se ne possono contare a migliaia, e tuttavia gli storici non pare se ne preoccupino. E anche per quanto riguarda i documentari televisivi l’elenco potrebbe essere molto lungo (le stronzate imprecisioni che racconta Bisiach, per esempio, potrei citarle a memoria). Tuttavia la cosa ha poca importanza e non cambia in nulla il giudizio storico sul dittatore, e assai poco anche il giudizio su Mussolini in rapporto alla vicenda Dàlser.

Scrive ancora Guerri:

Come si vede, ce n’è abbastanza perché Mussolini non ne esca affatto bene, e non occorreva che Bellocchio calcasse la mano.

giovedì 18 luglio 2013

... ed eventuali


Nei prossimi giorni, il 29 luglio, ricorre il 130° anniversario della nascita di Benito Mussolini. Se Silvio Berlusconi è senz’altro il personaggio politico italiano più conosciuto e controverso in Italia e nel mondo degli ultimi due decenni (e lo sarà, malgrado pronostici contrari, ancora a lungo), sicuramente Mussolini è il personaggio politico italiano più conosciuto e controverso in Italia e nel mondo del XX secolo, forse di sempre. Anche il nome di Garibaldi è universalmente conosciuto, ed egli è uno dei personaggi più popolari (basti ricordare il trionfo di folla senza confronti che lo accolse nella sua visita londinese), e tuttavia non è un personaggio storico tanto controverso quanto Mussolini. Ciò dipende in gran parte dal fatto che il romagnolo ha legato il proprio destino a quello di Hitler e alla più grande carneficina della storia.

Del personaggio parlo qui sulla scorta delle mie non sistematiche letture e conoscenze, anzitutto per ciò che ricordo della lettura, quasi integrale, dei diversi volumi dell’opera del maggior biografo di Mussolini, ossia Renzo De Felice. Poi di altre letture di libri e libretti, restando sempre dell’idea che – se non si hanno intenti specialistici – non è importante leggere molti libri su un determinato argomento – in tal caso la quantità non si trasforma necessariamente in qualità –, ma leggere quelli “giusti”. Perciò le bibliografie ad uso del grande pubblico sono utili quando offrono indirizzi di lettura attenti e contenuti entro limiti ragionevoli, ed evitano di costruire monumenti di erudizione (presunta).

mercoledì 17 luglio 2013

La geografia invisibile del potere. Despoti e usurai


La necessità e la causa di forza maggiore sono sempre buoni alibi per i figli di puttana. E non mi riferisco solo ai banchieri.

L’8 dicembre 2011, la BCE ha dichiarato che avrebbe erogato alle banche dell’area dell’euro finanziamenti a tre anni, mediante due operazioni straordinarie di rifinanziamento, con piena aggiudicazione degli importi richiesti il 21 dicembre 2011 ed il 29 febbraio 2012. 

L’importo complessivamente erogato al sistema bancario europeo attraverso queste due operazioni è stato pari a circa 1.019 miliardi di euro. I finanziamenti erogati dalla BCE agli istituti di credito italiani nelle due operazioni sono stati rispettivamente pari a 116 e a 139 miliardi.

Per ragioni tecniche, alla fine l’immissione netta di liquidità è stata pari a circa 60 e 80 miliardi nelle due operazioni. Dunque 140 miliardi complessivi, i quali non sono bruscolini.

martedì 16 luglio 2013

Corporatocrazia


I numeri dicono che muoiono per denutrizione più di ventimila persone al giorno. Non è vero che non ci sono responsabili per questo stato di cose.

* * *

Il caso Snowden e quello di Trayvon Martin, sono eloquenti. Non nuovi, peraltro. Che gli Stati Uniti siano un regime poliziesco e spionistico, un regime dell’apartheid, lo dicono molti fatti di oggi e del passato. Malgrado sieda un mulatto alla Casa Bianca e alla borghesia nera sia consentito qualche trastullo e di occupare qualche posto di prestigio, la condizione dei proletari neri non è molto cambiata rispetto alla rivolta di Watts (*).

Chi sostiene che gli Usa – il primo vero impero globale della storia – siano una nazione democratica, non ha la più pallida idea della democrazia e soprattutto su cosa in realtà regga il sistema americano. Gli Usa battono una moneta che è alla base delle transazioni mondiali e che ha come garanzia non già l’oro – vale a dire l’equivalente universale del valore – ma dalla forza militare e dal controllo strategico sulle materie prime, sulle rotte e i flussi. Questa posizione consente agli Usa ogni licenza, compresa quella di uccidere e rapire chiunque nei paesi che glielo consentono o che non possono reagire.

La possibilità di battere moneta che non ha nessun valore intrinseco e che non è convertibile in oro, ma accettata da tutti, dà la possibilità agli Usa di indebitarsi oltre ogni limite e di concedere prestiti sui quali esercitare ricatti di ogni genere. In tal modo essi non solo dominano il commercio del pianeta, ma sottomettono interi popoli senza bisogno d’inviare un solo soldato armato. Ecco uno dei motivi per i quali gli Usa e i loro alleati inglesi – di là delle dichiarazioni ufficiali – stanno sabotando in tutti i modi l’euro. Non deve dunque sorprendere che il debito pubblico italiano venga classificato dalle agenzie di rating a livello del Marocco o del Messico e inferiore al Cile.

lunedì 15 luglio 2013

Almeno per oggi


In quest’afa di luglio non c'è rischio d'essere presi da qualche fremito di godimento intellettuale a seguire le cronache politiche di un paese in bancarotta (in tutti i sensi) e che tuttavia trova sempre modo di dividersi fintamente ed equamente tra laici e cattolici, reazionari e liberal, puttanieri e semplici guardoni, trombettieri e trombati, arnesi seminuovi e vecchie suole, pezzi della propaganda femminista e froci usurati dall’orgoglio.

Le potenzialità esilaranti e fermentanti tra ambienti e individui del mondo politico, giornalistico e variamente mondano sono praticamene inesauribili nel rituale figé di controversie inventate di sana pianta. Mancano solo i marziani, i quali se dovessero scegliere un sito acconcio per infiltrarsi non farebbero mancare la loro preferenza per una terrazza romana, pregustando le dolci abitudini della città.

Ci siamo assuefatti a una sorta di glorificazione della putrefazione e dell’orrido, tanto che se c’è qualcosa di serio sui media, ciò è frutto del casuale, una stortura dell’ordinario che non trova seguito. Dovrebbe prevalere un senso di nausea universale, ma non mi pare. Spero, almeno per quanto mi riguarda, nelle cose che passano, che svaniscono se non altro per sfinimento. E invece tutto l’orrido sembra proprio non dover tramontare mai.


Sorseggiando il necessario m’immergo in una lettura antica che mi tiene alla larga da ogni tentazione di dover commentare qualche dettaglio di questa vacuità. Almeno per oggi.

venerdì 12 luglio 2013

L'eccedenza


Ad ogni contatto che ho con il mondo delle attività produttive o dei servizi, rilevo soprattutto una preoccupazione: ridurre il costo del lavoro. Vale a dire il prezzo della forza-lavoro, poiché essa costituisce quel fattore – comprimibile quanto si vuole ma ineliminabile – che nella produzione genera valore, ossia profitti.

Effettivamente il “costo del lavoro” è alto in Italia, ma i salari sono tra i più bassi d’Europa (ovvio che non mi riferisco all'Europa geografica che comprende Romania o Slovacchia e nemmeno alla Polonia), e sicuramente i più bassi tra le potenze economiche dell’Occidente. Ne deriva, come sanno anche i passeri, che il “costo del lavoro” è alto in Italia perché sono elevati gli oneri sociali (anche in Germania il “costo del lavoro” e gli oneri sociali sono elevati, ma loro sono – per dirla molto in breve – crucchi …).

Pagare, ogni mese, 19 milioni di pensioni – anche se la maggior parte sono pensioni di fame – non è impresa da pigliare a gabbo. Poi ci sono gli sprechi, la corruzione, l’evasione e tutte le altre piaghe comuni ad ogni paese del mondo. Solo che in Italia su tali piaghe prospera o sopravvive molta più gente di quanta riceva – o s’illuda di non ricevere – un danno diretto. E conseguentemente - per una legge di natura – chi ci governa da secoli non può essere – in generale – gente migliore del resto della compagnia, bensì piccoli personaggi senza scrupoli e senza prospettiva pronti ad assecondare ogni tipo di camorra.

giovedì 11 luglio 2013

La sommità della società borghese


Per chi segue questo blog da più tempo, sa che alla fine del 2011 dissi, sulla base dei primi provvedimenti economici addottati dal signor Monti Mario, che questi sarà pure un mago per quanto riguarda gl’intrecci finanziari della banda bassotti, ma che di economia reale non capisce un cazzo. Proprio così: un cazzo. Erano i tempi nei quali il signor Monti Mario, divenuto senatore a vita, stava sugli scudi e appariva ora come il salvatore della patria e ora come l’angelo vendicatore. Perciò affermare che egli non capisse un cazzo di economia significava esporsi al reato di lesa maestà.

Venivamo da due manovre, nel 2011, quella di giugno e quella di agosto, “per una cifra complessiva astronomica di 195 miliardi di euro in tre anni”, come scrisse allora il Corriere della sera. E Monti che fa? Inasprisce la fiscalità generale, dunque soprattutto quella a carico di salariati e pensionati. Era, nel novembre-dicembre 2011, nelle condizioni di dettar legge ai partiti, di varare misure di autentica e incisiva riforma. O almeno di provarci. Colpì solo i poveracci. Disse che i grandi patrimoni da tassare erano di difficile individuazione. Simpatico Monti.

mercoledì 10 luglio 2013

Lo spettro


Sul Sole 24ore di domenica scorsa, come di consueto, è apparso l’editoriale di Guido Rossi, uno dei più acuti osservatori politico-sociali della borghesia italiana. Il titolo dell’articolo (pp. 1 e 8) è Nuovi diritti, la rivolta della borghesia, laddove per borghesia Rossi non si riferisce alla sua classe sociale, bensì alla “classe media”, così come essa è emersa in varie parti del globo negli ultimi anni avendo raggiunto “uno stato di maggior benessere economico”.

L’editoriale si apre alludendo e parafrasando l’incipit famosissimo del Manifesto del partito comunista: “Uno spettro minaccioso si aggira per il mondo globalizzato e rischia di trasformarsi, attraverso la sbalorditiva velocità della rete, in una epidemia di indignazioni, proteste, rivolte e rivoluzioni”.

Cadere in piedi


Per Giulio Andreotti fu richiesta alla Camera l’autorizzazione a procedere per ben 27 volte. Per decenni i giornali scrissero di lui qualsiasi cosa. Andreotti non promosse mai querela. In un solo caso ebbe a preoccuparsi e ad arrabbiarsi, e fu per un articolo comparso a pagina 10 del New York Times, a firma di tale John Tagliabue. Era il 31 dicembre 1992, e l’articolo del corrispondente era stato scritto dalla … Romania! Il primo gennaio, mentre è in vacanza a Merano, Andreotti rilascia, alle nove e mezza della sera, delle dichiarazioni: “Voglio capire come è nata questa storia, come è nato questo articolo. Se è un fatto tutto e solo del New York Times, se è un infortunio giornalistico, voglio dire, allora che devo fare: amen! Ma se invece questa storia fa parte di un disegno più ampio, di una campagna politica, allora la cosa è diversa. Per altro, si tratterebbe di una campagna politica condotta con metodi mafiosi". Nei giorni successivi prenderà l’aereo per andare addirittura in America!

Di solito gli articoli di giornale sono innocui, anzi spesso sono scritti per compiacere o per promuovere; altre volte ne basta uno per uccidere delle carriere politiche.

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martedì 9 luglio 2013

Una denuncia contro ignoti


Quello che il Papa ha compiuto a Lampedusa è stato un viaggio d’ipocrisia. Del resto un Papa è pur sempre un prete, e da quei pulpiti non si possono attendere parole di reale franchezza.

Dice Bergolio: Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze.

Risvegliare le coscienze sul tema dell’emigrazione e delle sue cause, ma in quale modo? Chiedendo perdono “per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi”.

Prima di ricevere il perdono papale, i colpevoli dovrebbero ammettere le loro colpe, quantomeno pentirsi, non restare ignoti. E, soprattutto, non si possono perdonare dei colpevoli nel momento stesso in essi reiterano i loro crimini in faccia al mondo intero.

lunedì 8 luglio 2013

Grillo e la definizione marxiana di classe sociale


Come premessa.

Wikipedia è uno strumento molto utile e di agile consultazione ma va usato cum grano salis. Tale enciclopedia, al pari delle altre e così di ogni fonte, può contenere approssimazioni e a volte anche errori marchiani. Di utile in Wikipedia c’è l’opzione “modifica”, con la quale l’utente, con cautela e cognizione, può contribuire a migliorare ed eventualmente modificare. È capitato anche a me di farlo in talune occasioni, quando singoli errori o imprecisioni, fattuali e perciò indiscutibili, invitavano a farlo.

Tuttavia non mi sognerei mai d’intromettermi per modificare intere parti di una voce dell’enciclopedia. È il caso, tanto per citare un esempio, della storia delle origini della mia città natale. Quella raccontata da Wikipedia, mutuata da quella ufficiale esposta nel sito della città stessa, è destituita di ogni fondamento. Codici medievali alla mano è possibile dimostrare che le cose, in origine, andarono in modo totalmente diverso da come suggerite invece dalla leggenda corrente, e, anzi, si tratterebbe di riesumare una storia che dal punto di vista epico è ancora più avvincente della leggenda stessa. Ma, come dicevo, andare a mettere mano in simili faccende, significa immettersi in un ginepraio.

Per venire al tema del post odierno, osservo che se avessi la responsabilità di mettere nero su bianco in un libro o in un sito di un’organizzazione politica delle affermazioni che richiedessero puntuale rinvio alla fonte, mi guarderei bene, per i motivi esposti, di citare Wikipedia non meno della Treccani o della Rizzoli-Larousse. Insomma, le enciclopedie sono ottimi strumenti, le singole voci sono scritte da specialisti, tuttavia ciò non basta come ricognizione delle fonti.

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domenica 7 luglio 2013

Divagazioni domenicali


Nonostante gli enormi progressi tecnologici e scientifici, la scolarizzazione di massa e l’ampia possibilità d’accesso ai fatti che riguardano le variegate manifestazioni della cultura, tutti noi – chi saltuariamente e chi più frequentemente – ci comportiamo nella pratica quotidiana, nei nostri discorsi e atteggiamenti, come se non ci fossimo mai del tutto affrancati dai “miti” del passato. È questo un atteggiamento culturale, ossia quello di trascinarci dietro il “pregresso”, ben comprensibile entro certi termini.

Ogni individuo e ogni generazione trovano un mondo già dato, costituito anzitutto da una somma di rapporti storicamente prodotti con la natura e dagli individui fra loro, vale a dire delle circostanze materiali e spirituali che da una parte possono senza dubbio essere modificate da ogni nuova generazione, ma che d’altra parte impongono ad essa le loro proprie coordinate di vita e di uno sviluppo determinato, ossia uno speciale carattere che poi gli storici, i filosofi e gli ideologi chiamano di volta in volta in vario modo.