martedì 17 aprile 2012

Tu vuò fa' l'emiro del Qatar ?



Mario Monti, nel corso di un suo incontro con la stampa dopo il faccia a faccia con l'Emiro del Qatar, Sheikh Hamad Bin Khalifa Al Thani a villa Pamphilj, ha dichiarato: «Ho chiesto all'emiro del Qatar quale fattore in passato avesse scoraggiato più di tutti gli investimenti in Italia e la risposta è stata: “in primo luogo la corruzione”». Cazzo, la voce è trapelata anche all’estero, deve aver pensato l’ex capo della Trilaterale europea.

Mario Monti vive come un asceta, appartato, non legge i giornali e non ascolta la radio e figurarsi se usa internet. Alla televisione guarda il pastone culturale ammannito da fiction e film di conserva, la retorica ufficiale metabolizzata dall’immaginario collettivo in cui ci si guarda bene dal fornire le chiavi per dare risposta ad alcune domande elementari.

Mario Monti ha dovuto farsi spiegare in arabo dall’emiro del Qatar che l’Italia è in primo luogo affetta dalla corruzione. L’emiro deve peraltro aver evitato, essendo ospite, di appioppare a Monti un altro ceffone, ossia rivelargli che se la corruzione è il primo problema, non è tuttavia secondario un altro problema (che non riguarda il traffico urbano), speculare alla corruzione, ossia la criminalità organizzata.

Mario Monti sostiene che “il governo sta lavorando in questo momento alle misure contro la corruzione”. Eppure basterebbe tradurre dal francese all’italiano e formalizzare in un documento legislativo il Rapporto, diviso in due parti, del 23 marzo 2012 del Consiglio di Europa adottato dal Groupe d'Etats contre la corruption (GRECO).

Mario Monti, infatti, pur non conoscendo la lingua francese, potrebbe prendere visione del rapporto (si può scaricare QUI) e accorgersi che esso contiene già formulate tutte le norme, per ogni articolo, di modificazione del codice penale italiano per rendere operativa la legislazione anticorruzione raccomandata dal GRECO e rendere con ciò molto più efficace perseguire alcuni tipi di delinquenti in Italia, soprattutto quelli che siedono in parlamento e nelle amministrazioni pubbliche.

Ad ogni buon conto, siccome in Europa conoscono bene la nostra situazione, non fidandosi per nulla di una classe dirigente nazionale tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, i relatori del richiamato rapporto sulla corruzione in Italia, le Groupe d'Etats contre la corruption, ha pensato bene d’invitare esplicitamente e per iscritto le autorità italiane a tradurre in italiano e a pubblicare, nel più breve tempo possibile, il Rapporto e a rendere pubblica la sua traduzione. Riporto testualmente:

Enfin, le GRECO invite les autorités italiennes à autoriser, dans les meilleurs délais, la publication de ce rapport, à traduire le rapport dans la langue nationale et à rendre cette traduction publique.

Nous verrons. Ah, quasi dimenticavo due cosette. Nel Rapporto si evince l’accusa all’Italia di non aver ancora ratificato né la Convenzione sulla corruzione del 27 gennaio 1999, né il Protocollo aggiuntivo del 15 maggio 2003. Chissà cosa ne pensa, sul punto, l’ex ministro padano alla giustizia, Roberto Castelli (ex compagno di scuola dell’incensurato Roberto Formigoni), oppure il suo predecessore Piero Fassino.

L’altra cosetta riguarda le tabelle pubblicate nella prima parte del Rapporto: confrontare il numero dei reati indagati, le sentenze e il numero di condanne. Mi pare evidente che non si tratti solo di un problema di legislazione, come del resto deve aver dedotto anche l’emiro del Qatar (che intanto si compra Smeralda Holding) trattenendosi dal ridere in faccia a Mario Monti.

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