Certe idee andrebbero indagate e spiegate meglio di come posso fare io. Per esempio quel refrain filosofico caro all’intellighenzia borghese, già convinta di suo per molte ragioni, che spiega affettuosamente il perché e il percome “i fatti” e non solo le “interpretazioni” ci vengano ogni giorno in culo nella vita in generale e nei luoghi di lavoro in particolare (per i pruriginosi: diatriba Vattimo-Ferraris-Eco).
Per fortuna a riportarci coi piedi a terra provvede di suo, ogni domenica, Eugenio Scalfari, intellettuale marmoreo intriso di pragmatismo e buon senso, di lucida consapevolezza dei rapporti di classe, di chiara visione dello stato di cose presente e in divenire, di vis erotica al bisogno.
“La globalizzazione non è un incidente di percorso”, scrive. Per quanto scontata possa apparire questa presa d’atto, essa ha tuttavia un suo valore euristico. Scalfari non dimostra, tuttavia, di avere però scrupolo di precisare un diabolico dettaglio che è la sostanza stessa del problema, ossia chi ha voluto la globalizzazione nei modi e nei tempi con i quali è imposta.
Poi: “I suoi aspetti negativi (e ce ne sono) possono essere evitati o almeno contenuti solo avendone capito bene la natura”. Quanto alla reale natura della globalizzazione, basti dire che essa non avrebbe mai potuto prendere questa forma se non avesse avuto dalla sua parte una legislazione approvata dai parlamenti sotto dettato delle lobby capitalistiche, quindi il sostegno dei media e dei servi più pericolosi operanti nei covi accademici.
Per quanto riguarda gli aspetti negativi Scalfari non omette di specificare che essi hanno effetto sui “redditi dei Paesi di antica opulenza”. Parlando di “antica opulenza” sembra si riferisca ai redditi della sua classe sociale, la borghesia. E invece no, si riferisce all’opulenza, così la chiama, tutt’altro che antica che riguarda i salariati, coloro che “dovranno cedere una parte del loro benessere ai paesi di antica povertà”, secondo il principio “dei vasi comunicanti”.
La cessione di reddito, diritti e tutele, diviene quindi il portato necessario e ineludibile di una legge fisica, non di decisioni economiche e cioè politiche. Questo sistema “dei vasi comunicanti” permetterà di raggiungere le “pari opportunità per i ricchi e per i poveri”, laddove i ricchi sono i salariati “opulenti” e, invece, i poveri sono i salariati cinesi, indiani, serbi e rumeni, tanto è vero che non tutti coloro che vivono negli slums o nelle periferie metropolitane occidentali sono poveri come il contadino indiano o cinese (il fatto che sia il cassaintegrato occidentale che l'operaio asiatico non abbiano il potere d'intervenire sul proprio reddito, è evidentemente solo una sfumatura). Un processo di livellamento questo che “deve essere realizzato con la massima energia e tempestività”. Anche se, avverte Scalfari, “ci vorranno due o tre generazioni per risolvere questi problemi”.
Scalfari ha il pregio di parlare chiaro, per quanto possa farlo un esponente della classe dominante, e dice che la globalizzazione non è un incidente di percorso, ma qualcosa di voluto e perseguito con la massima energia, e che a pagarla dovranno essere i salariati "opulenti" per permettere a quelli poveri di sembrare meno poveri (dei ricchi che diventano più ricchi ovviamente non parla, per decenza). Da questo punto di vista, essenziale, l’errore più marchiano che possiamo commettere a nostra volta è di dar fede a partiti e partitini i quali ci raccontano che con il nostro voto possiamo fermare il travaso di "opulenza", di diritti e tutele (con 400 miliardi di debito da rinnovare nei prossimi mesi e relativo ricatto).
LA GLOBALIZZAZIONE NON è UN INCIDENTE DI PERCORSO!
RispondiEliminaLa vita dei bambini greci ai tempi della crisi
“Gli alunni svengono a scuola per la fame”
Rapporto dell'Unicef: i minori poveri nel Paese ellenico sono mezzo milione. Sono debilitati e abbandonano la scuola: le famiglie li mandano a lavorare. Mentre gli adulti restano disperati: in due anni oltre 1700 suicidi. L'ultimo era un farmacista in pensione: "I tagli hanno azzerato la mia capacità di sopravvivere. Non trovo alternative a una conclusione dignitosa prima di finire a rovistare tra la spazzatura"
Non può stupire che l’insofferenza verso le misure di austerità imposte per tentare di risanare i conti sia in crescita esponenziale. Un’insofferenza che o esplode in proteste e scontri di piazze o trascina le persone nella più cupa disperazione. Secondo un’indagine del Parlamento greco da inizio 2010 si sono registrarti 1725 suicidi, con un aumento del 40% all’anno. L’ultimo a togliersi la vita è stato un farmacista in pensione che si chiamava Dimitris Christoulas. Si è ucciso mercoledì scorso davanti al Parlamento lasciando un biglietto indirizzato al governo in cui si legge “i tagli hanno azzerato la mia capacità di sopravvivere, basata su una pensione rispettabile che avevo versato in 35 anni. Non trovo alternative a una conclusione dignitosa prima di finire a rovistare tra la spazzatura per vivere”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/08/alunni-svengono-scuola-perche-hanno-fame-dramma-bambini-poveri-dopo-crisi-greca/203149/
E' questa, la globalizzazione sostenuta ideologicamente da Scalfari.
Buona pasqua Olympe
Luigi
ciao Luigi
RispondiEliminaDa parte di Scalfari, è lo svolgimento del consueto "compito in classe" (o "di classe"): far credere che i cambiamenti che vengono imposti a danno dei lavoratori rientrino in una corrente "ineluttabile" di eventi, legati alla condizione "oggettiva" dell'economia e del mercato di oggi, della quale bisogna soltanto "prendere atto" con "senso di responsabilità"...
RispondiEliminaTutta questa prosa, della quale i giornali di questi tempi abbondano, tende spesso a far sentire addirittura in colpa i salariati perché - si dice loro - sono vissuti negli ultimi anni "al di sopra delle loro possibilità", senza pensare - brutti egoisti! - a chi stava "peggio di loro" in Asia, Africa, ecc.
Insomma, tutte le conquiste minime ottenute in forza di lotte sindacali, sarebbero - secondo questa vulgata giornalistica, molto gradita in certi ambienti - una specie di "usurpazione" dei lavoratori occidentali a spese del mercato mondiale, che avrebbe perso il suo "sacro equilibrio" per saziare le loro "brame". E solo ridando "slancio" a questo mercato "libero" - ovvero solo tornando a trattare il salariato come merce, privo della minima protezione offertagli dai sindacati - si farebbe anche il bene dei "più sfortunati" salariati del "Terzo mondo".
Nessuno però avanza, sulla stampa mainstream, questa elementare obiezione: non i salariati hanno vissuto "al di sopra delle loro possibilità", ma la macchina produttiva dominata come sempre dagli interessi "aggressivi" e onnivori del capitale, sempre più concentrato in sterminati monopoli ("multinazionali") che grazie alle loro dimensioni economiche sono stati, e sono, più potenti di molti Stati.
Ovviamente è un discorso da articolare e da approfondire, ma come "flash", basta per replicare a certe "battute" giornalistiche.
perfetto
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