lunedì 23 gennaio 2023

Nemmeno alla vigilia della fine del mondo

 

Scrive Sergio Fabbrini in chiusa il suo articolo di ieri sul Sole 24ore: «Contrariamente a ciò che si pensa a Palazzo Chigi, la primazia dell’interesse nazionale fa il gioco di Berlino e Parigi, non già di Roma».

Spiega il perché: «certamente, di fronte alla crisi energetica, l’UE ha fatto bene a sospendere le regole che proibiscono gli aiuti di Stato. [...] gli Stati membri hanno potuto mobilitare 672 miliardi di euro di fondi pubblici per sostenere le loro imprese nazionali. Tuttavia, il 53% di questi aiuti è stato notificato dalla Germania, il 24% dalla Francia, il 7% dall’Italia, il rimanente 16% dagli altri 24 Stati membri».

Come se ciò non bastasse, con il General Block Exception Regulation, che consente agli Stati membri di fornire aiuti pubblici alle loro imprese senza il bisogno di notificare la decisione alla commissione europea (come previsto dai trattati), lasimmetria tra Stati membri è destinata ad accentuarsi ulteriormente. Ciò vale anche per altri provvedimenti di aiuti di Stato per installare tecnologia solare o eolica, per produrre idrogeno rinnovato, batterie ed elettronica. Si tratta complessivamente di altri 100 miliardi che gli Stati potranno mobilitare.

Di qui il paradosso, dice Fabbrini, di cui l’Unione Europea è prigioniera. «Se mantiene le regolamentazioni interne non può affrontare le sfide esterne, se le de-regolamenta per affrontare queste ultime finisce per aumentare le asimmetrie tra i propri Stati membri». Tali asimmetrie favoriscono gli Stati membri come la Germania, che dispongono di spazi fiscali per promuovere aiuti pubblici, ma indeboliscono gli Stati membri come l’Italia, che invece non possono farlo.

Ciò a fronte dell’Inflation Reduction Act (IRA), varata da Washington nell’agosto scorso, che secondo Fabbrini costituisce l’esempio più eclatante del cambiamento di cui ha parlato anche Ursula von der Layen a Davos: “Nei prossimi decenni assisteremo alla più grande trasformazione industriale del nostro tempo, probabilmente di tutti i tempi”.

Fin qui Fabbrini.

L’IRA statunitense in buona sostanza è un emendamento legislativo che va a modificare il Build Back Better Act, approvato dalla Camera il 27 settembre 2021), che di là della riduzione dei costi energetici per le famiglie e le piccole imprese (*), destina centinaia di miliardi di dollari alla riduzione del deficit e agli investimenti “verdi” (l’elenco in dettaglio è davvero impressionante e si può scaricare in Excel da questo sito), trai quali 13 miliardi di dollari in incentivi per i veicoli elettrici, 37 miliardi di dollari in produzioni avanzate, 20 miliardi agli investimenti nell’agricoltura, eccetera, purché ciò che viene prodotto e venduto sia Made in Usa.

L’UE dovrebbe rispondere con provvedimenti quali il Clean Tech Europe (o Net-Zero Industry Act), per un “continente decarbonizzato e ampiamente elettrificato entro il 2050”.

Siamo in presenza del solito ottimismo euforico sullo sviluppo lineare delle forze produttive in forza dell’innovazione tecnologica. In realtà è solo una lotta tra grandi interessi, che trova nel green un nuovo campo di battaglia per la spartizione di grandi profitti. La gestione detta democratica del capitalismo, la sua sedicente lotta contro l’inquinamento, non può diventare volontà reale se non trasformando il sistema produttivo dalle sue fondamenta.

Tutto ciò che consumiamo e respiriamo è alterato, inquinato e avvelenato. Persino l’erba dei parti e la possibilità di bere acqua effettivamente potabile, di dormire senza sonniferi o di lavarsi senza soffrire di troppe allergie o con il pensiero alla bolletta, sono diventati dei “problemi”, e ciò nel momento in cui la vecchia politica specializzata deve confessare di essere completamente finita e fallita, lasciando il posto a dei tecnocrati.

Siamo noi che non vogliamo cambiare, nemmeno quando il mondo cambia sempre più precipitosamente intorno a noi. Siamo dei conservatori, mentre le condizioni di esistenza della società capitalista non hanno mai potuto essere conservate. Come diceva 170 fa il vecchio Marx: si modificano senza interruzione e sempre più rapidamente. Alla fine si lascia fare al processo stesso della produzione di merci e ai suoi specialisti. Questo stato di cose non saremmo disposti a cambiarlo nemmeno alla vigilia della fine del mondo.

(*) Il Congressional Budget Office ha stimato che il disegno di legge non avrebbe alcun effetto statisticamente significativo sull’inflazione.


5 commenti:

  1. Bisogna evitare di confondere inquinamento con produzione di CO2. Intendo che "loro" lo fanno, ma noi dobbiamo evitare di andargli dietro.

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    1. Inquinamento è quello che produci girando con la tua Ferrari o riscaldando la tua reggia. L'effetto delle polveri sottili è stato abbastanza studiato.
      Riguardo al contributo antropico al riscaldamento globale, non ho ancora visto una percentuale.
      Piacerebbe vedere un computo di costo/beneficio, prima
      di impoverirci con carbon tax varie, che, beninteso, non graveranno su quelli di Davos.

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    2. anche con una vecchia Golf? chiedo per un'amica :-)

      a parte la battuta, se il cancro al polmone è la forma di neoplasia prevalente un motivo ci sarà

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  2. Sant' Erasmo, si comincia da lì e si finisce per essere radiato dalla società civile (!) in quanto "negazionista climatico". Da ex credente, diventato scettico a fine anni '90 e quindi ben prima del climategate, le suggerisco di lasciar perdere: quasi a nessuno interessa farsi un'opinione documentata e indipendente. E' una religione, molto ben utilizzata da chierici e azzeccagarbugli, come tale non scalfibile con il ragionamento e con dati di fatto. Poi il CO2 non è un inquinante, ma il pane dei vegetali. Noi umani facciamo parecchi danni, penso, ma salviamoci dal delirio di onnipotenza che impera dalla Genesi biblica.
    Con ammirazione e simpatia,
    Morvan.

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