giovedì 29 aprile 2021

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Lungi da me il prendere posizione su fatti che risalgono fino a mezzo secolo fa, e che oggi sono riportati dai media totalmente fuori contesto e quindi stravolti. In qui pochi lustri, 15.000 persone, prevalentemente giovani, sono finite in galera. Ripeto: non entro nel merito, e le vittime, tutte, di quegli anni sollevano in me una grande pena ancor oggi; tuttavia rilevo che evidentemente quelle migliaia di giovani non potevano essere tutti impazziti al contempo.

Per quanto riguarda l’atteggiamento della stampa, di allora e di oggi, di sempre, rammento il trattamento riservato dai giornali e dalla tv di Stato al “mostro” Pietro Valpreda, la “belva umana”, e la sorte in cui incorse, sicuramente proprio malgrado, Giuseppe Pinelli. Nomi che oggi ai più non dicono assolutamente nulla.

Mi soffermo sul titolo qui sopra: siamo ancora a quegli anni, quelli delle bombe di Stato, prima ancora diventassero anni di piombo. Siamo ancora a quando non si “arrestava”, bensì si veniva “catturati”. Come bestie, anzi, come “belve”. Quando, a terra, feriti, si finiva “giustiziati”. Come la giovane donna di trent’anni che scriveva questa lettera ai genitori:

“Cari genitori, vi scrivo per dirvi che non vi dovete preoccupare troppo per me. Ed ora vi spiego perché. [...] Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. E’ giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l’ha data alla Resistenza nel ’45.

Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano. In questi giorni hanno ucciso con un colpo di pistola un ragazzo, come se niente fosse, aveva il torto di aver voluto una casa dove abitare con la sua famiglia. Questo è successo a Roma, dove i quartieri dei baraccati costruiti coi cartoni e vecchie latte arrugginite stridono in contrasto alle sfarzose residenze dell’Eur. Non parliamo poi della disoccupazione e delle condizioni di vita delle masse operaie nelle grandi fabbriche delle città. E’ questo il risultato della “ricostruzione” di tanti anni di lavoro dal ’45 ad oggi? Sì è questo: sperpero, parassitismo, lusso sprecato da una parte e incertezze, sfruttamento e miseria dall’altra. Cari genitori, voi avete lavorato una vita, avete conosciuto il fascismo e il postfascismo e queste cose le sapete meglio di me. Oggi, in questa fase di crisi acuta occorre più che mai resistere affinché il fascismo sotto nuove forme “democratiche” non abbia nuovamente il sopravvento.

Le mie scelte rivoluzionarie dunque, nonostante l’arresto di Renato, rimangono immutate. Vogliatemi bene lo stesso, anche se so che per voi è difficile capirmi. Abbiate fiducia nelle mie capacità e nella mia ormai grossa esperienza. So cavarmela in qualunque situazione e nessuna prospettiva mi impressiona o impaurisce. Vi voglio più bene che mai.

Margherita.

8 commenti:

  1. In queste parole si legge, al netto del profondo rispetto che si deve ad ogni vittima, un coraggio che oggi non esiste più.

    Roberto

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  2. Voglio porre una domanda non provocatoria a te, che sai di materialismo storico molto più di me. La domanda è semplice: se nel 1917 in Russia non c’erano le condizioni, perché avrebbero potuto esserci negli anni ’70 in Italia? Ho scritto “potuto” e non “dovuto” per sgombrare il campo da obiezioni operative, del tipo: le guerre si possono vincere o perdere.

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    1. infatti, non c'erano e non potevano esserci.
      tuttavia bisogna aver respirato quel clima sociale e politico, interno e internazionale, per rendersi conto di ciò che realmente successe, ed è perciò che critico la "decontestualizzazione".

      se nel 1789 la presa della Bastiglia fosse fallita e abortito il suo seguito, che cosa penseremmo oggi di tutto ciò? nel 1917 pareva normale abbattere lo zarismo, porre termine alla guerra. ma per quest'ultima condizione bisognava rimuovere Kerenskij, e per quanto riguarda il seguito non puoi determinare gli eventi come se giocassi con un joystick.

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    2. Sono certo di non decontestualizzare. Però, se la butti sulla possibilità pratica di fare la rivoluzione (lo fai citando il 1789 e il 1917) allora non è questione di joystick. Chiunque avesse la testa sul collo capiva che le BR non avevano la forza (intendo la forza di mobilitazione, e lo so, lo so quello che succedeva a Rivalta e all’Italsider di Genova). Fai conto che è bastato Dalla Chiesa, che poi è morto in una A112 di cui era al volante. Per dire chi aveva geometrica potenza di fuoco.

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  3. la lotta rmata in Italia ha prodotto esiti riformisti

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  4. La mia vuole essere una domanda senza retorica: quando una lotta armata diventa necessaria?
    Perchè dietro l'angolo c'è sempre: "meriteresti davvero di vivere in uno stato non democratico..."
    Una rivolta quando parte non sa se risulterà vittoriosa o meno...

    Roberto

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