Com’è stato possibile il ritorno al liberismo dopo ciò
che era avvenuto a partire dal 1929? Eric Hobsbawn ponendosi tale domanda
risponde sottolineando “l’incredibile brevità della memoria sia dei teorici e
sia degli operatori dell’economia” (Il
secolo breve, p.128).
Chiaro che ciò è comprensibile solo se si considera
che tale dottrina è la punta di lancia di chi ha interesse e potere d’imporsi. Dunque,
anzitutto, il potere economico (le multinazionali e le grandi banche) che per
la sua presa di dominio si avvale di specialisti di varie discipline che lavorano
su più piani a cominciare da quello della comunicazione. Il liberismo deve apparire come l’unico sistema capace di portare
sviluppo e progresso e l’unico desiderabile in termini di libertà.
In campo finanziario sono stati arruolati matematici
ed economisti totalmente ignari della storia, disposti a mettere le loro
conoscenze al servizio di determinati interessi. Dagli anni ‘70 e ’80 il
liberismo tornò a proporsi, e lo fece preparando con cura il suo ritorno, forte
di un alto numero di economisti, molti dei quali appartenenti all’associazione
fondata da Frederich Hayck nel 1974, la The
Mont Pélerin Society (MPS). A tale riguardo, Luciano Gallino scriveva che
con la fondazione della MPS ha avuto
inizio “la lunga marcia che ha portato il neoliberismo a conquistare
un’egemonia totalitaria sull’economia e la politica dell’intera Europa”.
Non è del resto casuale, come riferisce Hobsbawn, che
la giuria del premio Nobel per l’economia “appoggiò dal 1974 in poi la tendenza
neoliberista”, conferendo in quell’anno “il riconoscimento a Frederich Hayck” e
due anni dopo, “ad un altro esponente del liberismo puro, Milton Friedman”
(cit. p. 477). Egli scrive inoltre che, “dagli anni ’70, la Banca mondiale e il
Fondo monetario internazionale, politicamente appoggiati dagli Usa, hanno
perseguito una politica che ha sistematicamente promosso l’ortodossia
liberista”.
Non dovettero attendere molto per trovare due teste
di legno per vedere applicata la loro dottrina: Ronald Reagan e Margaret Hilda
Thatcher. Reagan era stato un attore di seconda fila, un reazionario amico di
John Wayne, più maccartista di Joseph McCarthy, un analfabeta a tutto tondo. La
Thatcher era figlia di un droghiere bigotto, dopo gli studi in chimica l’unico
libro che lesse fu The Constitution of
Liberty, di Hayck. Anche Churchill fu un reazionario, se possibile ancor
più di Thatcher, ma aveva un profondo senso
della storia. Aveva letto i classici in originale, sapeva quasi a memoria Edward
Gibbon, e con una scrittura brillante e di suo pugno scrisse opere che gli
valsero il Nobel per la letteratura.
La Thatcher soleva dire che la società non esiste, e
che esiste solo l’individuo. Sì, e si chiamava Tarzan.
-->
Il resto ad un prossimo post.
Sovente torno con la mente all'ultima trentina di righe del libro di Hobsbawm (m finale, Olympe).
RispondiEliminaIn particolare alle seguenti:
《Sappiamo che dietro la nube opaca della nostra ignoranza e l'incertezza sugli esiti dettagliati degli eventi, le forze storiche che hanno plasmato il secolo continuano ad agire. Viviamo in un mondo catturato, sradicato, trasformato dal titanico processo tecnico-scientifico dello sviluppo del capitalismo, che ha dominato i due o tre secoli passati.》
E ancora: 《Le stesse strutture delle società umane, comprese alcune basi sociali dell'economia capitalista, sono sul punto di essere distrutte dall'erosione di ciò che abbiamo ereditato dal passato della storia umana》.
Sembreranno banalità.
Ma magari le facessero proprie tutti coloro che cianciano del secolo breve, storici in primis...
le chiamino, se vogliono, banalità ...
EliminaPer parafrasare un amico de Roma, si potrebbe dire che almeno Tarzan c'aveva la liana cui aggrapparsi, mentre l'individuo s'aggrappa «ar cazzo».
RispondiElimina